Pisa, 27 marzo. Nell’aula
magna della facoltà di Scienze Politiche ha luogo la seconda
tappa del ciclo, dedicato alla figura di Frantz Fanon, Dalla
damnatio memoriae alla memoria dei dannati: Francesca Zampagni,
Sonia Paone e Agostino Petrillo sono i protagonisti di un incontro
dedicato al tema delle banlieues.
Prendendo come punto di
riferimento la figura dell’intellettuale militante Fanon, il ciclo
di iniziative costituisce un variegato tentativo di riflessione
sull’amara eredità della condizione coloniale all’interno
della nostra società: il mondo del lavoro, i rapporti
interpersonali, lo stesso immaginario dell’occidente presentano
dinamiche tipiche del colonialismo, tanto da permettere di parlare
oggi di società postcoloniale. Il colonialismo infatti,
quello fatto di segregazione, sfruttamento selvaggio di risorse e
individui, feroce repressione di qualsiasi tentativo di emancipazione
da parte degli sfruttati, lungi dall’essere una condizione
superata, sembra essere una condizione che si è trasformata,
sapendo legare a questa trasformazione una sapiente opera di
nascondimento. Proprio questo aspetto rende attuale e interessante un
ciclo di iniziative volte a portare allo scoperto le dinamiche
coloniali che si nascondono pochi centimetri sotto la facciata
corretta e presentabile della nostra società.
Dopo la presentazione
dell’ultimo libro di Renato Curcio, I dannati del lavoro, in
cui l’autore affronta il tema del mercato del lavoro italiano visto
attraverso gli occhi dei migranti, si parla di banlieues, gli enormi
conglomerati urbani che circondano il centro di alcune grandi città
francesi. Dopo un intervento introduttivo in cui l’iniziativa viene
collocata all’interno del ciclo di cui fa parte, si entra nel vivo
della questione con l’intervento di Paone, che traccia un profilo
storico-urbanistico delle banlieues, mostrando come le rivolte e le
contraddizioni che oggi attraversano questi luoghi siano il frutto
del loro sviluppo: nate in seguito all’industrializzazione del
dopoguerra per offrire una residenza ai milioni di persone che si
sono riversate nelle città, le banlieues, in seguito ai
cambiamenti del mercato del lavoro che hanno portato ad un
vertiginoso aumento della precarietà e della disoccupazione,
si sono trasformate in luoghi di segregazione, di disagio, ma anche
di autorganizzazione, di lotta politica. L’intervento di Petrillo
prende le mosse proprio dai cambiamenti avvenuti all’interno del
mercato del lavoro per evidenziare come il fenomeno banlieues non
possa essere letto esclusivamente alla luce del colonialismo e della
sua eredità: le banlieues sono indubbiamente luoghi in cui
l’emarginazione è fortemente legata a dinamiche etniche, ma
queste dinamiche devono essere legate a dinamiche economiche tipiche
non solo delle grandi città francesi, ma dell’intero
Occidente. Le rivolte che hanno infiammato la Francia pochi anni fa
non sono legate ad una situazione che fa della Francia un caso unico
in Europa, ma sono al contrario il frutto delle radici malate che
nutrono la maggior parte dei paesi europei. La precarietà
lavorativa ed esistenziale, la disoccupazione, la povertà,
sono elementi che accomunano le periferie di Parigi a quelle di
Berlino, di Londra, di Napoli, di tante altre città europee.
Proprio questa riflessione mette in evidenza l’interesse e
l’attualità di un ciclo di iniziative che affrontando
aspetti apparentemente lontani del colonialismo ci parlano della
realtà in cui viviamo.