Da pochi
mesi la questione Kurda è tornata a far parlare di sé sui media in seguito alla
recrudescenza del conflitto tra indipendentisti Kurdi e l’esercito turco.
Dal mese
di agosto i media hanno dato risalto a quella che era una semplice risposta
agli attacchi dei guerriglieri da parte dell’esercito turco, sottacendo in toto
le ragioni che stanno alla base del conflitto. Parlandone con Fabiana Cioni,
attivista di Cecina (zona con una forte
presenza di migranti Kurdi) dell’associazione Europa-Levante, e promotrice di progetti di
solidarietà con il popolo Kurdo, emerge con chiarezza il quadro nel quale il
conflitto si inserisce.
Alle ragioni di tipo storico, si uniscono aspetti
legati allo sfruttamento delle risorse naturali. Come ci dice Fabiana, la Turchia è il polmone
d’Europa sia per quanto riguarda il patrimonio forestale, sia per quanto
concerne le risorse idriche. Non per niente la Turchia cerca tramite
finanziamenti internazionali, tra cui una banca italiana (Unicredit tramite una
banca austriaca) di costruire il più grande sistema di dighe al mondo ostruendo
il Tigri. Ma, non solo creerebbe danni
ingenti all’economia irachena, ma inonderebbe vallate immense, in territorio
Kurdo, difatti dividendo per sempre una comunità. Come ci dice Fabiana “Le
dighe servono per dividere geograficamente il Kurdistan. Mentre finora si
poteva risalire il paese guadando il fiume (tigri), con il progetto delle dighe
nascerà un lago artificiale tra i più grandi del mondo. Serve a controllare il
territorio. Alle dighe già realizzate bisogna prendere il traghetto e
all’arrivo vi è una specie di dogana. La capitale rimarrà completamente
isolata, circondata da laghi e dighe. Hanno inabissato millenni di storia e la
memoria di un popolo. Per costruire queste dighe il governo turco si avvale di
finanziamenti internazionali, tra cui banche italiane come la Unicredit che
tramite una banca austriaca che finanza il progetto (280 milioni di Euro).
Anche se non hanno il permesso di comprare la terra (in quanto titolari di assicurazione
al credito) si muovono truffando la gente che spesso analfabeta non viene
informata adeguatamente e specialmente viene informata in turco. Sconosciuta ai
Kurdi delle campagne.”
Il
secondo aspetto riguarda il petrolio; KurKuk è il più grande giacimento di
petrolio del mondo e tutti gli stati della zona se lo contendono. Anche la
Turchia per via di una minoranza turcomanna rivendica diritti sull’area. In un
momento in cui l’area è destabilizzata dalla crisi, il controllo dei pozzi
petroliferi rimane un obiettivo centrale per tutti i governi.
Il terzo aspetto riguarda il potere politico turco. A parte
il fatto che i partiti Kurdi vengono sistematicamente messi al bando, ed a
parte le spaccature in seno al popolo turco legate alla falsa contrapposizione
tra esercito e Erdogan, il potere politico è in mano ai militari che continuano
ad essere gli unici garanti della costituzione turca. Come ci conferma Fabiana
‘la pace passa da Ankara”. Quando il
governo turco vorrà trattare allora si potrà tentare una soluzione negoziale.
Fino ad allora il conflitto sarà aspro. I movimenti d’indipendenza Kurdi non
hanno mai rivendicato gli attentati suicidi ad Istambul ed Ankara mentre
rivendicano gli attacchi ad obiettivi militari turchi in Kurdistan. La guerriglia, attestata sulle montagne, ha
una posizione difensiva. Secondo Fabiana “il popolo vorrebbe un’insurrezione”
ma al momento il PKK privilegia la strada del riconoscimento internazionale.
Spesso si spacciano per civili i guardiani di villaggio, che non sono altro che
civili armati e pagati dallo stato per reprimere ogni opposizione sociale. A
morire sono ancora i Kurdi. Nei villaggi, nelle carceri, nelle azioni militari
turche. Secondo la HPG (fonte di stampa Kurda) le operazioni militari nel mese
di ottobre sono state 58, e vi hanno perso la vita 147 militari turchi e
6 guerriglieri. In un caso l’esercito turco ha agito con l’esercito
iraniano. Vi sono stati 43 scontri e 40
azioni di ritorsione della guerriglia; 3 elicotteri danneggiati, 8 prigionieri
e 86 feriti. Inoltre, la HPG ha dichiarato che durante le operazioni militari
l’esercito turco ha bruciato centinaia di ettari di foreste nelle regioni di
Botan, Amed, Dersim Erzurum.
In questo
clima si inserisce il fermo dell’avvocato di Ocalan, leader arrestato in Kenia
dai servizi segreti turchi e del Mossad israeliano in seguito della cacciata
voluta dall’allora ministro degli Interni Massimo D’Alema dall’Italia. Scelta
sciagurata che consegnò il presidente Kurdo al governo turco. “Ancora oggi La
commissione di medici che lo ha visitato non ha ancora pubblicato i resoconti
ufficiali delle sue condizioni e non ci sono notizie in merito.” L’Europa, nonostante le denunce portate avanti
dalla commissione d’inchiesta presieduta da Vittorio Agnoletto insieme alla Deputata Luisa Morgantini, in
seno alla commissione europea, ha deciso che la Turchia deve rivedere le
posizioni relative alla questione cipriota e non a quella Kurda. Di fatto sta
abbandonando il popolo Kurdo al suo destino.