Nel suo intervento Maurizio Donato ha discusso il rapportoguerra-economia. Pur partendo dalla tesi che le guerre avvengono nei momenti dicrisi economica, durante i quali gli investimenti diventano poco remunerativirispetto alla quantità dei capitali in gioco, Donato vuole andare oltre ilsemplice assunto che la guerra sia l’occasione nella quale può aver luogo ladistruzione di parte del capitale, necessaria all’apertura di un nuovo cicloeconomico. Infatti, nelle economie contemporanee, il capitale si distruggesoprattutto attraverso i fallimenti aziendali, nonché attraverso opportunescelte di politica finanziaria e valutaria. Egli inoltre ridimensiona, pursenza smentirlo, il ruolo di traino economico giocato dagli investimentipubblici nel complesso militare-industriale e nella ricostruzione post-bellica,arrivando addirittura a sostenere che la guerra, pur favorendo evidentementealcuni settori economici, non sia, complessivamente, un buon affare per leeconomie capitaliste.
Tuttavia, Donato si spinge persino ad affermare che il ruolodella seconda guerra mondiale è stato ben più decisivo del New Deal rooseveltianonel portare il mondo fuori dalle secche della crisi economica degli anni ’30.Ciò che si era reso necessario, e che solo una guerra di quelle proporzionipoteva garantire, era infatti non tanto la distruzione e ricostruzione dicapitale, ma quella di rapporti economici e politici tra stati.
Oggi, come allora, l’amministrazione americana si trova a doveraffrontare una crisi economica esplosa assieme alla bolla della New Economy(primavera immediatamente precedente all’attentato dell’11/9), ma le cuiragioni vanno ricercate nella sovrapposizione di numerosi fattori, qualil’emergere sulla scena mondiale di nuovi e agguerriti competitors (Cina eIndia), le cui economie risultano sempre più affamate di materie prime eidrocarburi, il conseguente aumento del loro prezzo, la perdita del monopoliovalutario sulle transazioni dovuto alla inarrestabile ascesa dell’euro, che sicandida a diventare moneta di riferimento, anche in ragione del fatto che gliU.S.A. restano il paese più indebitato del pianeta.
Infatti, la base dello scambio diseguale, che permetteva allenazioni ricche di spogliare quelle povere delle proprie risorse, consisteva inun sistema economico che le costringeva a cedere materie prime (a basso costo)e ad acquistare manufatti costosi. Invece, adesso che la fame di materie primene ha fatto lievitare il prezzo e che i manufatti vengono prodotti laddove lamanodopera costa meno, ci troviamo nella situazione in cui le nazioni in gradodi crescere su ritmi sostenuti sono proprio le nazioni esportatrici (una su tutte,la Russia dello zar Putin) e quelle in cui è disponibile forza lavoro abassissimo costo.
È divenuto, pertanto, cruciale per gli Stati Uniti controllarele regioni geografiche in cui si trovano le risorse energetiche o dalle qualipassano le direttive di trasporto (oleodotti, gasdotti etc.), ma soprattutto èdivenuto indispensabile assicurarsi il mantenimento del controllo finanziario evalutario sui mercati.
Proprio a questo serve la guerra permanente, in cui consiste larisposta americana a questo scenario di crisi: eliminare quanti minacciano ilcontrollo americano sul mercato delle risorse energetiche, e scoraggiare iPaesi creditori dall’ancorare le proprie economie e le proprie valute all’euro,anziché al dollaro, mediante la conversione in euro dei propri depositivalutari. Fatto, questo, che metterebbe di fronte gli U.S.A. al problema di uncolossale debito che solamente la potenza politico-militare ha finora permessoloro di ignorare.
Da non dimenticare, infine, l’importanza della guerra sul cosiddetto“fronte interno”. Essa infatti permette di reprimere il dissenso, attraversouna sempre più accentuata militarizzazione della società, e di scaricare fuorile tensioni causate dai problemi interni, tramite l’istigazione delle peggioripulsioni nazionaliste e xenofobe.
Si sono quindi susseguiti gli interventi di Enrico ed Elisa,militanti del Presidio Permanente No Dal Molin, nei quali si è sottolineatocome, con i crollo del muro di Berlino prima e l’affermarsi della dottrinadella guerra permanente poi, gli Stati Uniti abbiano iniziato un processo diriorganizzazione della propria presenza militare in Europa, che allo statoattuale dei fatti prevede, oltre all’istallazione nei paesi dell’Est europeodelle infrastrutture di difesa missilistica note con il nome di Scudo Spaziale,anche l’allargamento della base militare Dal Molin, volto a trasformarla nellapiù grande base militare americana in Europa.
Questa presenza militare, così come il progetto dello ScudoSpaziale, ha l’evidente funzione di costituire una testa di ponte versol’oriente, dove si trovano l’Iran del malvagio Ahmadinejad, ma soprattutto laRussia di Putin. Essa risale al 1954, ed è stata resa possibile da accordisegreti tra l’amministrazione americana (allora guidata da Eisenhower) e ilgoverno italiano presieduto da De Gasperi.
E sempre per accordi segreti si è proceduto, in tempi piùrecenti (governi Berlusconi e Prodi), a concordare questo allargamento,segretezza che ha lungamente ostacolato qualsiasi possibilità di opporsi aquesto scempio da parte della popolazione, la cui volontà è stata calpestatanon soltanto dal governo nazionale, ma anche dalle istituzioni locali, complicidi una scelta calata dall’alto e presa in modo assolutamente antidemocratico.
Per fortuna, una volta che questa decisione è stataformalizzata, la protesta è esplosa, spaccando l’abitualmente moderata etranquilla città di Vicenza in due fazioni contrapposte.
La forte mobilitazione contro l’allargamento non vede coinvoltisoltanto militanti della sinistra radicale, ma una galassia di persone i cuipercorsi personali e politici sono i più variegati che si possano immaginare.E, tuttavia, questo non ha portato il movimento vicentino ad essere soltantoun, pur legittimo, movimento di protesta territoriale che si limita a rifiutarel’allargamento della presenza militare in nome del principio del “not in mygarden”.
Esso, infatti, possiede alcune caratteristiche che lo rendonoun’esperienza estremamente interessante e, forse, unica nel suo genere. Inprimo luogo, al rifiuto del tentativo di distruzione del territorio (i lavoriminaccerebbero, tra le altre cose, la più grande falda acquifera del NordItalia) si affianca la consapevolezza dell’importanza della difesa dei benicomuni, sempre più minacciati da un potere politico cieco e autoritario.Inoltre, esso si schiera apertamente contro la guerra, il cui prezzoevidentemente ricade anche sulle nostre popolazioni, e non solo su quelle a noilontane. E, fatto inedito per un movimento che coinvolge cittadini di ogniprovenienza politica, si schiera contro la rappresentanza politica nel suocomplesso (governi Berlusconi e Prodi, giunta comunale di centro-destra etc.)
Nella realtà del Presidio Permanente si uniscono e sicontaminano molte realtà prima chiuse in sé stesse, e in questo modo viene acostituirsi un nuovo bene da difendere: la comunità. E proprio in questacontaminazione è da ricercarsi la forza di questo movimento, che pone ilprimato della lotta contro la guerra e della difesa dei beni comuni come labase per tutte le lotte di tutti i movimenti, e che per questo chiede a tutti,con la 3 giorni di mobilitazione (14, 15, 16 dicembre) ma soprattutto con lamanifestazione europea del 15, di scendere in piazza e di condividere questabattaglia.