Lo scorso 25 giugno è stato pubblicato il decreto legge
che anticipa la finanziaria 2009/2011 e che prevede per il Ministero
dell’Istruzione tagli che incideranno sulla situazione degli atenei italiani:
riduzione del fondo di finanziamento ordinario, limitazione delle assunzioni di
personale a tempo indeterminato e la possibilità di trasformare gli Atenei in
Fondazioni private. Il decreto dovrà essere convertito in legge dal Parlamento
entro il 25 agosto, ma le vacanze estive imporranno quasi sicuramente un iter
parlamentare accelerato, che dovrebbe concludersi tra meno di un mese. I tempi
per intavolare una trattativa appaiono dunque piuttosto stretti, tanto che già
si pensa a modifiche successive.
Tali decisioni preoccupano in quanto le norme contenute nel decreto potrebbero compromettere
la sopravvivenza stessa del sistema universitario nazionale. La possibile
trasformazione degli atenei in fondazioni rappresenta un attacco alla
possibilità di mantenere nel nostro Paese un luogo di ricerca e didattica
libero come prevede la Costituzione. Inoltre è esplicito l’attacco ai diritti
contrattuali del personale tecnico ed amministrativo e grave la riduzione dei
finanziamenti ordinari agli Atenei, nonché il taglio degli scatti ai docenti.
Per la Ricerca si cancellano gli enti predisposti alla tutela dell’ambiente e
si subordina la nuova struttura al Ministero riducendo autonomia e ruolo dei
ricercatori. Si decide inoltre una riduzione delle piante organiche mentre il
numero di addetti alla ricerca dovrebbe aumentare come ci chiede l’Europa.
La mobilitazione contro i tagli
decisi dal governo è già iniziata. Una protesta che sta dilagando e che, con
toni e modalità diverse, coinvolge rettori, docenti, ricercatori e personale
amministrativo. Le spiegazioni e le
rassicurazioni del ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, che di fronte
alle prime polemiche ha parlato di "scelte dolorose ma
indispensabili" e di "tagli sulla base di indicatori di merito",
non sono ovviamente riuscite a fermare le critiche. Mentre si moltiplicano le
assemblee e gli allarmi per il futuro dell’università, la richiesta dei
contestatori è sostanzialmente unanime: stralciare dal decreto alcune delle
principali novità oppure modificarle durante l’iter parlamentare per la
conversione in legge. Una posizione che sarà probabilmente ribadita il 22
luglio a Roma, quando alla Sapienza si svolgerà un’assemblea nazionale dei
rappresentanti di tutte le componenti universitarie.
Dopo la bocciatura unanime da parte della Conferenza dei rettori, secondo la
quale i tagli porteranno inevitabilmente il sistema al dissesto, dai vertici
delle università continuano a piovere critiche nei confronti del decreto legge.
Una mozione approvata ieri dai Senati accademici degli atenei toscani definisce
interventi gravi e "inaccettabili" la riduzione dei trasferimenti
statali e la limitazione "improvvisa, indiscriminata e pesante" del
turnover dei dipendenti e chiede lo stralcio dal decreto delle norme che si
riferiscono all’università. Venerdì scorso, invece, i quattro rettori delle
università dell’Emilia-Romagna hanno denunciato che la "riduzione drastica
delle risorse finanziarie e umane, oltre a mortificare l’intero insieme di
professionalità e competenze all’università, mette a serio rischio la funzione
didattica e nel contempo la sostenibilità delle attività di ricerca" e hanno
convocato per il 21 luglio una riunione straordinaria congiunta dei quattro
Senati accademici e dei consigli di amministrazione.
In molte università si stanno già
mettendo a punto forme concrete di lotta. Ieri un’assemblea generale dei
lavoratori e degli studenti degli atenei napoletani, indetta da Flc Cgil, Cisl
Università e Uil Pa-Ur, ha deciso, tra l’altro, l’astensione "a tempo
indeterminato dei docenti e ricercatori dalla partecipazione a organi
collegiali" ed il ritiro della "disponibilità a ricoprire incarichi
didattici per il prossimo anno accademico". Il 9 luglio, invece,
l’assemblea del personale delle università "Cà Foscari" e Iuav di
Venezia ha ipotizzato "il rifiuto di svolgere carichi didattici superiori
alle richieste di legge, il blocco degli esami, delle sessioni di laurea e
delle lezioni". Lo stesso giorno, all’università di Sassari, l’assemblea
dei docenti ha invece dichiarato lo stato di agitazione dell’ateneo e non ha
escluso "per quanto con doverose riserve ed a fronte di un ulteriore
irrigidimento della controparte, il ricorso ad azioni più eclatanti quali la
possibilità del blocco degli esami di profitto e di laurea".
Una delle prese di posizione più nette nei confronti delle decisioni del
governo è quella del Senato accademico dell’università "La Sapienza"
di Roma. Martedì 8 luglio, prospettando un "danno grave per l’avvenire dei
giovani e per lo sviluppo del Paese", ha chiesto lo stralcio della parte
del decreto relativa all’università e ha indetto una giornata nazionale di
protesta dicendosi consapevole "che in queste condizioni non sarà
possibile dare inizio al prossimo anno accademico".
Un autunno caldo ci attende…
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