Esperienze
di occupazioni di case e lotta alla povertà in tre città del centro-nord
Italia.
L’
iniziativa è organizzata dal collettivo di Università Antagonista che dopo aver
occupato due appartamenti a Pisa con il progetto “prendo casa”, vuole
concludere il mese di dicembre con una riflessione e un dibattito aperto che a
partire dal tema della casa si spanda ai diritti di cittadinanza e ai beni
comuni. Sono invitati all’ iniziativa esponenti dell’ Askatasuna di Torino del
Crash di Bologna e del movimento di lotta per la casa di Firenze. Dopo l’
introduzione di un militante pisano prende la parola il movimento di lotta per
la casa di Firenze che oltre a descrivere in breve la vita quotidiana di un
movimento come quello di Firenze che conta oltre 1800 occupanti di case, entra
subito in quello che poi si rivelerà uno degli
argomenti centrali della serata, cioè il rapporto dei movimenti con l’
istituzione e con le cooperative di servizi di assistenza. Il problema spiega
Lorenzo di Firenze, è che le cooperative e le associazioni hanno preso il posto
dei servizi che dovrebbero essere pubblici, e oltre tutto sono utilizzate dal
potere, non solo come ammortizzatore sociale ma come organo proto-repressivo.
Ad esempio organizzano sgomberi di campi nomadi, affiancandoli a progetti
temporanei di inserimento dei soggetti sgomberati con aiuti economici, che poi
inevitabilmente cessano, e come dice il noto proverbio “siamo punto e a capo”.
Gli interventi proseguono, tutti mettendo al centro della discussione il
rischio che corrono le strutture di movimento, quando si propongono di agire
direttamente sui bisogni dei cittadini, di trasformare se stesse in informali
cooperative di servizi. In proposito il giovane di Torino dopo aver descritto
la neonata esperienza di occupazioni case torinese (80 rifugiati del Darfur),
promuove la giusta scelta delle aree antagoniste di concentrare la propria
azione sui problemi di vita precaria di Italiani e migranti e di vivere
quotidianamente le lotte territoriali come in valle di Susa, ma sottolinea l’
impellente necessità di tenere vivo un dibattito che sviluppi capacità di organizzare sistemi di
contropotere. Tutti d’accordo su questo punto, è necessario creare azione
politica di contropotere per rendere realmente significative tutte le
progettualità concrete e future messe in campo dalle realtà territoriali di
movimento, altrimenti non è possibile che possa avvenire un riconoscimento come
realtà che propongono una soluzione alternativa alla barbarie del mondo. L’
intervento bolognese tocca in
particolare la difficile situazione che è vissuta da movimenti e aree
emarginate nella città delle due torri (vedi il recente sgombero di tutti gli
appartamenti sfitti occupati a Bologna, in un sol giorno nel novembre
scorso).E’ evidente che questo tipo di intervento fa scaturire una riflessione
collettiva a proposito delle recenti trasformazioni a livello degli assetti
politici Italiani e di come il neonato (ma solo secondo alcuni) partito
democratico, segni in ogni caso una netta cesura (qualora ce ne fosse stato
bisogno!) con quel pochissimo rimasto di
tradizione quantomeno teorica, di vicinanza con le classi subalterne e
attenzione ai temi sociali. Riflessione che si allarga alla costituzione della
“cosa rossa” che ci appare sempre più un mal costruito lavoro di restailing,
con immotivato e indiscusso spostamento dell’ asse immancabilmente al centro
stile P.C.I-P.D.S. quasi ad inseguire quell’ ormai irresistibile tentazione di
poter finalmente dire “il futuro è nella competizione! e il comunismo? E’
fantasia”.