Carceri: istituzione totale a servizio della società del controllo


L’Associazione di volontariato in carcere
“Controluce” ha promosso una iniziativa pubblica volta ad affrontare, tramite
la questione dell’abolizione dell’ergastolo fine pena mai, una più ampia
riflessione sul carcere e sulla sua funzione.

Ad introdurre il dibattito è intervenuto il
Prof. Vincenzo Ruggiero, docente di Sociologia alla Middlesex University di
Londra.

Innanzitutto è
necessario pensare a quale funzione può rivestire la pena detentiva, di
reclusione, per passare poi alla constatazione di ciò che costituiscono le
carceri oggi. Se questo sistema non “reinserisce”, cosa fa? – In risposta alla
sua stessa domanda il Prof. Ruggiero delinea due possibili alternative quali
funzioni della pena. Una sorta di retribuzione-vendetta,
ritrovabile nella “Genealogia morale” di Nietzsche, che vede il carcere come
“chirurgia morale”, che ammansisce le persone e attraverso la quale ogni danno
provocato nella società viene tradotto in un quantum di sofferenza per chi lo
ha provocato.

Esemplificativo
può essere un rimando alla forma elementare di scambio, che ha come oggetto il
corpo del detenuto, al quale la macchina-carcere produce handicap fisici e
psichici.

Un secondo
possibile fine è la deterrenza, sia
per chi commette il “danno”, sia per chi non lo ha commesso. Ma funziona la
deterrenza individuale? Dato il carente trattamento su più livelli, si può
addirittura affermare con certezza che le singole carriere criminale vengono
accelerate dal periodo detentivo. Per quanto riguarda la deterrenza generale,
possiamo dire con Durkheim che la pena serve a “rigenerare il senso di comunità
tra chi non viola le leggi”; persone vengono strumentalizzate per fini che le
trascendono, andando contro l’idea che il crimine non sia una manifestazione
patologica, ma fenomeno normale di una determinata società.

La reclusione è
dunque forse la soluzione più sbrigativa ed economica? – s’interroga il Prof. Ruggiero,
giungendo a definire il carcere come “welfare state militarizzato”, che suscita
riconoscenza e terrore, senza essere quel trattamento di riabilitazione che
spetterebbe di diritto, come base per una condizione sociale che non conduca al
crimine.

I detenuti
imparano a divenire marginali, le loro aspettative vengono progressivamente
ridotte e attraverso un processo di selezione – persuasione – orientamento, il
carcere diviene, per i soggetti più deboli e indifesi, un “apprendistato” del
crimine. Il reo diviene vittima, aggiunge Ruggiero, riportando che il suicidio
in carcere è dalle dieci alle venti volte più frequente che fuori.

Che cosa viene ad
essere dunque il carcere? Un non-luogo segregante per idealtipi da punire, una
“discarica sociale” – lo definisce il Sen. Russo Spena – di bisognosi di “cure”
(sociali, psicologiche..), ai quali si affianca uno “zoccolo duro” di reati di natura
diversa.

E con il Senatore torniamo
al tema dell’incontro che l’Associazione Controluce ha voluto sottoporre
all’attenzione della cittadinanza: la pena dell’ergastolo. Tra pochi giorni, il
primo Dicembre, i detenuti faranno uno sciopero della fame per l’abolizione
dell’ergastolo, uno dei tanti scioperi che da anni vengono fatti nelle carceri
italiane per dire “no” a tutte le cose che non vanno.

Tale iniziativa è
stata promossa tramite un giro di corrispondenza tra i detenuti, ma anche
grazie alle associazioni e ai volontari che in carcere ci entrano, combattendo
così quella segregazione in atto e riportando all’interno delle istituzioni
totali una briciola di rapporto umano – come da circa trent’anni sta facendo
Giuliano Capecchi(Ass. Pantagruel – www.informacarcere.it),
che ha partecipato all’iniziativa riportando la propria esperienza personale e
associativa.

Ma questa volta i
detenuti hanno un piccolo appiglio in più: il progetto di legge presentato
dalla Senatrice di Rifondazione Comunista Maria Luisa Boccia che prevede
l’abolizione dell’ergastolo fine pena mai per convertirlo in pena a trent’anni,
flessibile. Il Sen. Russo Spena, invitato partecipare per spiegare meglio
l’iter che sta affrontando questa proposta di legge, conferma che non è affatto
facile e ci sono ancora molte resistenze trasversali ai partiti.

Il dibattito si
conclude con spinosi interrogativi. Quali risposte dare a chi chiede più
sicurezza?Cosa vuol dire sicurezza? Si può dire che alla ricerca di sicurezza sociale si sostituisce progressivamente
una penalizzazione dell’insicurezza sociale, a favore del perseguimento della
garanzia totale della sicurezza civile (ossia
dei beni e delle persone).

Ad un’atrofia
dello Stato sociale corrisponde un’ipertrofia dello Stato penale, che si
inscrive nella rilettura dei rapporti sociali come questione di incolumità
fisica.

E ricordiamo che
il carcere è fatto dalle leggi (sull’immigrazione, sulle droghe e così via..),
quindi va letto entro tale riorganizzazione complessiva della società.

 

 

 

Riflessione di chi
l’ergastolo lo deve “pensare” ogni giorno e ogni giorno rispondersi “fine pena:
mai”

 “Una persona che sta in
un’istituzione totale non viene semplicemente privata degli stimoli tattili, ma
viene continuamente manipolata, perquisita. Mani di sorveglianti, di reclusori,
di agenti di custodia quotidianamente, anche più volte durante il giorno,
manipolano, perquisiscono il corpo della persona reclusa. Non c’è quindi solo
una deprivazione tattile, ma un’invasione del tatto sulla sensibilità cutanea.
La persona per rispondere a questa invasione tattile si desensibilizza, cerca
di anestetizzare la propria pelle. Le persone recluse che subiscono una
perquisizione rispondono dissociativamente: mentre il corpo della persona è
sottoposto alla perquisizione del sorvegliante, un’altra parte della persona si
disloca in un altrove, pensa ad altre cose. Questo dislocamento consente alla
persona di non avvertire più le mani del reclusore che la toccano. Questo anestetizzarsi
consente di affrontare le tante perquisizioni. Questo fenomeno di risposta
dissociativa alla torsione del corpo ha però un suo ritorno di malessere. Dopo
anni di risposta anestetizzante alle torsioni la persona ha serie difficoltà a
ri-attivare la propria sensibilità cutanea”

(intervista a Nicola Valentino,
Radiondarossa, 12/06/2001)

 

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