C’è chi dice che l’autorganizzazione è impossibile …

Ieri presso la casa
dello studente Fascetti si è svolto un incontro bello e commovente tra memoria
storica e passione militante grazie alla collaborazione tra la biblioteca
Serantini e il collettivo Comunisti Anarchici Pisa.

Entrando nella sala
dove si svolgeva l’iniziativa, una cosa stupiva chi è abituato a frequentare
iniziative di questo tipo: il numero di persone -giovani studenti e anziani
militanti- che, assorte, ascoltavano le parole degli uomini e delle donne che,
da una pellicola un po’ rovinata, ci raccontavano, con semplicità e
spontaneità, della loro esperienza di collettività, autorganizzazione,
solidarietà; parole che suonano desuete all’orecchio di chi, è abituato a
vivere nell’individualismo dell’opulenta Europa del ventunesimo secolo,

La successiva analisi
storica di Michele Olivari (docente di storia moderna all’Università di Pisa),
puntuale e corretta, seppur appassionata, ha messo in luce le ragioni storiche
dell’apertura e della chiusura di quell’esperienza di autorganizzazione
spontanea nelle campagne spagnole sconvolte dalla guerra civile.

Olivari pur avendo
correttamente evidenziato luci e ombre di quell’esperienza, ci ha trasmesso
tutta l’emozione e ci ha fatto capire il valore quanto sia stato importante
quel percorso consapevole di organizzazione dal basso e partecipazione diretta
che si è sperimentato nella comunità spagnola tra il ’36 e il ’39.

Numerosi interventi
successivi hanno allargato il dibattito ad altre situazioni come la Francia del
’68 e le esperienze di autogestione in Argentina  e in Messico, si è parlato di lotte e della
voglia di recuperare spazi e libertà che ha accumunato genti diverse e
generazioni diverse. Filo conduttore unico è stato la testimonianza che fenomeni
di autorganizzazione sono possibili e spesso funzionano.

In conclusione ieri si
è aperta una finestra, per quanto possibile obiettiva, su un’esperienza di
autorganizzazione spontanea importante storicamente e ricca di sfumature,
purtroppo relegata  dalla storiografia
ufficiale ad una marginalità che non ne ha fatto cogliere a pieno il valore.

Al contempo si è avuta
l’opportunità di riflettere sul ruolo positivo e dirompente e che potrebbero
avere oggi l’autogestione e la partecipazione diretta e spontanea
all’organizzazione  della vita della
società.

Da un’esperienza del
genere non si può che uscire rincuorati, rincuorati dalla consapevolezza di
un’utopia possibile.

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