Il 5 marzo, si è tenuta un’assemblea del personale precario dell’Università di Pisa che ha discusso sul regolamento e sui relativi bandi per l’attuazione delle procedure di stabilizzazione.
Le OO.SS., la RSU e l’Assemblea dei precari, giudicano gravissima la decisione del Senato Accademico di emanare un regolamento che inserisce degli elementi discordanti rispetto a quanto previsto nelle leggi finanziarie 2007 e 2008, disattendendone l’impianto.Costringe, infatti, le circa 120 persone in possesso dei requisiti di legge per l’assunzione a tempo indeterminato, tutti vincitori di almeno un concorso o di una procedura prevista per legge, per cui hanno superato prove scritte ed orali, ad affrontare un ulteriore ed inutile colloquio orale che diventa, in questo contesto, uno spreco di risorse e un elemento non oggettivo, in grado di incidere sulla posizione finale nella graduatoria da cui saranno assunti a tempo indeterminato.
Inoltre, l’Ateneo ha deciso di non stanziare le risorse necessarie a prorogare i contratti di lavoro in essere, andando contro alla norma della legge finanziaria che indica chiaramente che il personale stabilizzando deve essere utilizzato, con continuità, in attesa della definitiva assunzione.
Questa disposizione è nata allo scopo di interrompere il circolo vizioso, prodottosi in gran parte delle pubbliche amministrazioni, che hanno utilizzato, per anni, personale, vincitore di concorsi e selezioni pubblici per svolgere, con contratti a tempo, mansioni in realtà essenziali, necessarie ed istituzionali, in contrasto con le disposizioni di legge che limitano l’uso del lavoro a tempo determinato ad esigenze temporanee ed eccezionali.
L’effetto pesantissimo di queste decisioni che il Senato Accademico ha preso, emanando il regolamento che, per queste ragioni, non è stato votato dai rappresentanti del personale, è che molti dipendenti dell’Ateneo saranno costretti a lavorare per i prossimi anni con orario ridotto e quindi con stipendio ridotto, oppure a rimanere a casa per molti mesi dell’anno, pur essendo inseriti nelle procedure di stabilizzazione che li immetteranno, non subito, a tempo indeterminato nello stesso Ateneo. Per non parlare del disagio che queste carenze di personale creeranno nel lavoro quotidiano delle strutture, sottodimensionate come numero di personale.
Le scelte negative dell’Amministrazione non si fermano qui. La finanziaria 2008 prevede che le pubbliche amministrazioni attivino procedure di stabilizzazione o concorsuali per coloro che sono stati utilizzati per molto tempo con contratti di collaborazione: il funzionamento ordinario dell’Ateneo di Pisa è stato in questi anni ed è tutt’oggi garantito da molti lavoratori che sono dipendenti nella sostanza, ma privi di diritti e garanzie.
L’amministrazione e gli organi di governo ne negano l’esistenza, al punto da ignorare la legge finanziaria, che prevede la stabilizzazione anche dei co.co.co.
Per questa scelta molte delle persone che hanno lavorato per l’Università in questi anni si troveranno prive di un lavoro e di un salario. Riteniamo l’inclusione dei lavoratori co.co.co. nelle procedure di stabilizzazione un primo passo necessario per un progressivo ampliamento dei loro diritti.
Il quadro delineato diviene ancor più sconfortante se pensiamo che l’istituzione universitaria pisana è una delle ultime che non si è allineata a quanto previsto dal legislatore e dalla CRUI stessa in materia di precariato. Infatti l’emanazione del regolamento, con queste carenze, è stata decisa dopo una lunga lotta da parte del personale, accompagnato dalle OO.SS., dalla RSU e dai rappresentanti del personale tecnico amministrativo negli organi, durata più di un anno.
Risulta pertanto chiara la mancanza di una programmazione globale coerente che disegni una prospettiva sicura di eliminazione del precariato, in applicazione delle disposizioni di legge finora ricordate.
Forti anche della solidarietà studentesca l’assemblea ha deciso di continuare la pressione, anche attraverso gli organi di stampa, per far sì che venga messo rimedio alle regole non legittime, prendendo in seria considerazione anche mobilitazioni, presidi e indicendo lo stato di agitazione del personale.
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