Rebeldìa:16 decreti di condanna penale per l’occupazione dell’Ex-Asnu del 2003

Riportamo il comunicato stampa  relativo alle occupazioni che hanno dato il via al Progetto Rebeldìa. Anche in questo caso la reazione delle istituzioni e delle forze dell’ordine non hanno tenuto conto della valenza sociale del progetto.
In questi giorni 16 persone hanno ricevuto dei decreti di condanna penale
relativi all’occupazione dell’area ex-ASNU che, nel maggio 2003, ha fatto
nascere il Laboratorio delle disobbedienze Rebeldìa. Il reato e’
l’articolo 633 del c.p. (Invasione di terreni o edifici). Il capannone e il
cortile dell’ex-ASNU costituiscono un’area enorme e dalle grandi
potenzialità. Tuttavia, prima che l’area fosse occupata e aperta, era
utilizzata come discarica dall’Università, che vi aveva accumulato
scrivanie rotte e mobili inutilizzati ma anche rifiuti speciali come una
grande quantità di batterie scariche e olio esausto. In seguito
all’occupazione, lo spazio e’ tornato a vivere, e’ stato completamente
bonificato e ha ospitato numerosi dibattiti, cene, feste e altri momenti di
socialità, politica e cultura. Lo sgombero e’ stato richiesto
dall’Università di Pisa, ordinato il 20 luglio da una questura
eccessivamente zelante (quella capeggiata dal questore Eugenio Introcaso,
poi candidato sindaco di centro-destra al Comune di Taranto) ed eseguito
dalla Digos di Gianluca Greco, tramite un’incursione pistole alla mano.
Ricordiamo che, fino alle dimissioni del questore avvenute alla fine del
2003, la questura di Introcaso ha artificiosamente creato una vera e
propria emergenza democratica nella nostra città, impedendo manu militari
l’espressione del dissenso e reprimendo qualunque istanza sociale e
politica. L’occupazione e’ stata una condizione necessaria che ha permesso
l’esistenza del Progetto Rebeldìa per come si e’ evoluto fino allo stato
attuale. In nome dell’importanza sociale che oggi riveste questo progetto,
e di tutto ciò che ha prodotto da quando esiste, rivendichiamo le azioni
che 5 anni prima hanno gettato le basi del percorso che ci ha portato fin
qui. La stessa Università, dopo aver chiesto lo sgombero, non ha potuto
far altro, nel corso degli anni, che riconoscere l’esperienza di Rebeldìa
come elemento di arricchimento culturale e sociale nella città, giungendo
ad assegnare temporaneamente agli stessi occupanti lo spazio
dell’ex-Etruria, vicino alla Facoltà di Ingegneria, che, anch’esso, è
stato recuperato e riaperto alla cittadinanza ed alla partecipazione.
L’università, inoltre, ha più volte partecipato ai tavoli di trattativa
con gli enti locali, Comune e Provincia, per valutare la possibilità di
una prosecuzione dell’esperienza di Rebeldìa in altre sedi, così come
avviene oggi in Via Battisti e avverrà in futuro. La stessa ex-Asnu, che
oggi ospita delle aule studio che sono state costruite solo a seguito
dell’atto di denuncia compiuto allora dagli occupanti e comunque è
fortemente sottoutilizzato, è stata in seguito concessa al Laboratorio
Rebeldìa per la proiezione di un filmato sui fatti del g8 di Genova 2001,
a dimostrazione che, ben lungi dall’aver sottratto qualcosa a qualcuno,
Rebeldìa con quella occupazione ha mostrato come degli spazi pubblici si
possa e si debba fare un uso pubblico. Ai decreti di condanna abbiamo
deciso di opporci, perché riteniamo che l’occupazione dell’ex-Asnu abbia
aperto a chi vive la nostra città uno spazio abbandonato al degrado,
trasformandolo in uno spazio pubblico. Quella che oggi il tribunale
definisce occupazione, quasi come se Rebeldìa avesse preso qualcosa per
sé, è stata in realtà una liberazione ed una restituzione di uno spazio
ai legittimi proprietari, ovvero la società civile. Adesso, con
l’occupazione dell’ex-Asnu sotto processo, chiediamo all’Universita’ e a
tutto il mondo accademico di riconoscere ancora una volta l’importanza di
queste esperienze, e nel processo comportarsi di conseguenza.
Laboratorio delle Disobbedienze Rebeldia – www.rebeldia.net
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