Spagna: vince Zapatero, ma non avrà la maggioranza assoluta.

Le elezioni spagnole si sono
chiuse con un grande risultato per il Partito Socialista (Psoe) di Zapatero,
che dopo lo scrutinio del 95,35% delle schede ha conquistato il 44,73% dei
consensi, aggiudicandosi 169 seggi. Il Psoe si conferma così partito di
maggioranza relativa nel Paese, aumentando i consensi rispetto a 5 anni fa
(aveva ottenuto il 42,6%, con 164 seggi), ma non ottiene quella maggioranza
parlamentare assoluta di 176 seggi, auspicata da Zapatero per poter governare
autonomamente. Nella scorsa legislatura, infatti, il Psoe aveva governato
affidandosi ad uno schema di alleanze variabili, costruite di volta in volta
sui singoli provvedimenti con il Pnv (Partito nazionale basco, che ha ottenuto 6
seggi), la sinistra di Izquierda Unida (3 seggi) e gli indipendentisti catalani
di Erc, tutte forze che registrano, in questa tornata elettorale, un forte calo
di consensi.

Nonostante la sconfitta nella
corsa al governo del paese, anche il Partito Popolare (Pp) di Rajoy ha visto
aumentare la propria percentuale di voti (40,13% contro il 37,6 del 2004) e
porta i propri parlamentari a 153 (148 nel 2004), mentre i nazionalisti
moderati catalani di Convergenza e Unione, all’opposizione,  si attestano sui risultati del 2004 (11
seggi).

Una facile lettura di questi risultati
porta a constatare come in Spagna il voto si sia ulteriormente polarizzato sui
due partiti più grandi, gli unici in grado di contendersi il governo del paese,
che hanno entrambi visto aumentare la consistenza delle proprie delegazioni
parlamentari, a discapito dei partiti minori, che in Spagna sono spesso legati
alle istanze di autonomia regionali. Se sul risultato complessivo del voto non
sembra aver pesato l’attentato dell’Eta di venerdì scorso, in cui ha perso la
vita il socialista Isaias Carrasco, dal momento che il distacco di circa 4
punti percentuali tra Psoe e Pp previsto dai sondaggi pre-elettorali è stato
sostanzialmente confermato, esso può aver forse determinato la polarizzazione
del voto di cui abbiamo parlato, innescando la dinamica del “voto utile”, volto
a garantire la stabilità. Non a caso, i partiti più in crisi di consensi sono
la sinistra di Iu e il partito basco. In ogni caso, la personalizzazione delle
campagne elettorali sui candidati maggiormente accreditati a presiedere il
governo e l’accentuarsi delle caratteristiche bipartitiche non sono certamente
trends dominanti solo in terra iberica, e noi Italiani lo sappiamo bene.

Un giudizio sul primo mandato
di Zapatero è sicuramente controverso e difficile da fare in poche righe:
sostanzialmente positivo sul tema del riconoscimento dei diritti personali, del
contrasto ai fenomeni di discriminazione sessuale o di genere, e sulla politica
estera, con il ritiro immediato delle truppe dal pantano iracheno. Non
altrettanto sulla politica economica, su cui ha mantenuto la linea di stampo
liberista del predecessore Aznar, sulla politica del lavoro e dell’accoglienza,
e sulla politica interna, su cui pesa il non aver portato fino in fondo il
dialogo volto al disarmo dell’Eta e al riconoscimento delle istanze del popolo
basco.

Zapatero ha festeggiato la vittoria con queste parole:
“Governerò per tutti, ma soprattutto per coloro che non hanno tutto (..) e per
far diventare realtà le aspirazioni delle donne. Governerò con mano ferma ma
tesa per mantenere il nostro impegno con l’Europa, la pace e lo sviluppo”. Ricorda
qualcuno, com’è che si chiama…Barack Veltroni? No, non era così. Ah ecco, forse
Walter Obama?! No, via, ora non mi viene

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