Firenze depositata la sentenza del processo 13 maggio 1999. Condanne dai 3 ai 7 anni.

Lo scorso 28 gennaio il Tribunale di Firenze ha condannato a
7 anni 13 imputati colpevoli di aver manifestato contro la guerra NATO
nei Balcani (1999).Una guerra sostenuta dall’allora governo D’Alema in
spregio alla Costituzione repubblicana: l’Italia ripudia la guerra..
Una condanna che arriva nove anni dopo i fatti. Il reato è resistenza
pluriaggravata (dal fatto di essere più di dieci in una
manifestazione). 7 anni per resistenza non hanno eguali, per questo
reato, nella storia della Repubblica. Come abbiamo detto e scritto
all’indomani delle condanne una sentenza degna della Grecia del regime
dei colonnelli. Sette anni per aver preso un sacco di legnate a mani
nude. Sette anni a conferma che nella società contemporanea non c’è più
misura. Nello sfruttamento come nelle sentenze dei tribunali. Si
potrebbe fare l’elenco degli omicidi che si sono conclusi con pene
inferiori. Per partecipazione a banda armata le pene vanno dai 3 ai 5
anni, per rapina, senza feriti, sono sotto i 5. Che cos’è una trappola?
Un messaggio che dice non state nelle piazze alla luce del sole,
perdetevi in trame impossibili così ci aiutate ad alimentare la psicosi
del terrorismo (interno ed internazionale). Stupri e violenze sulle
donne, così come gli incidenti sul lavoro, sono considerati reati di
poco conto: sono attentati alla persona e non alla proprietà che è
quella da difendere. Una condanna che, travolgendo ogni misura, fa
vedere l’odio della casta per gli attivisti che sfidano l’ordine
imperiale della guerra globale. La Magistratura interpreta la crisi
verticale della rappresentanza politica e della sua incapacità di
controllare spinte e conflitti sociali. Non si deve manifestare, tanto
meno contro la guerra. E poi, se al governo c’era il centrosinistra è
ancora più grave, viene meno ogni “giustificazione politica”. E’
l’altra faccia del delirio securitario che vuole incarcerare tutti i
romeni che scappano dalla Romania a causa dei “nostri” imprenditori
arrivati a sfruttare la forza lavoro locale per 80 euro al mese. A
Firenze dopo aver riesumato le ordinanze (1933) del Podestà per
deportare i lavavetri, hanno dichiarato la guerra ai poveri colpevoli
di avere cattiva incidenza sul turismo – come se Firenze non fosse una
città internazionale e cosmopolita. Vengono organizzate reti di
spionaggio dal Comune! Ed ora sotto con gli sgomberi delle case
occupate… La città va affidata a guardie pretoriane che devono
esercitare il controllo assoluto non solo sui movimenti, ma sui corpi e
sulle menti, perché cresce la marea dei senza reddito, senza casa,
senza cittadinanza e che devono rimanere anche senza voce. Sentenze
come questa, e quella di Genova del novembre scorso, vogliono sancire
lo slittamento del conflitto sociale all’interno della normativa
penale. Imputate/i capri espiatori, diversificati per provenienza ed
estrazione, per poter esercitare su di loro una giustizia altrettanto
diversificata. Per sperimentare la tenuta di “nuovi” reati, quali
devastazione e saccheggio, mantenendo i “vecchi” resistenza e
danneggiamento. Tutto questo non è né dato né scontato: è uno spazio di
conflitto in cui affermare la libertà di movimento, il diritto alla
resistenza, alla soddisfazione dei bisogni primari. L’assoluzione per
tutti gli imputati nel processo di Cosenza al “Sud Ribelle” lo
dimostra.

RICORDIAMO I FATTI DI QUEL LONTANO 13 MAGGIO

Il 13 maggio 1999 lo
sciopero delle organizzazioni di base fu un grande successo (a Firenze
3.000 in piazza). Lo sciopero dimostrò la possibilità di lottare contro
la guerra NATO nei Balcani, guerra sostenuta dal governo di allora,
guidato da D’Alema, e definita da CGIL-CISL-UIL “una contingente
necessità”. A corteo concluso davanti al Consolato Americano partirono,
senza preavviso, durissime cariche poliziesche: candelotti sparati ad
altezza d’uomo, 5 manifestanti costretti alle cure ospedaliere, mentre
tanti altri contusi evitarono gli ospedali. L’atteggiamento delle forze
dell’ordine fu conseguente alla circolare D’Alema-Iervolino (”perché
non vengano tollerate manifestazioni contro basi militari e sedi
governative”). Un paese in guerra adegua il comportamento della propria
polizia alla situazione bellica. Un video mostrò l’esatta dinamica
delle cariche – video ripetutamente fatto vedere dalla trasmissione
“Striscia la notizia”, anche, strumentalmente, nei confronti del
centrosinistra al governo. Già le richieste del pubblico ministero
apparivano surreali: dai 4 ai 5 anni per “resistenza a pubblico
ufficiale.

COSA DICE LA SENTENZA?

La sentenza si basa su due menzogne molto semplici::
-   c’era un piano preordinato per assaltare il consolato degli Stati Uniti;
-  
il piano veniva attuato con un colpo di mano da feroci autonomi che
sottraevano il controllo della manifestazione al sindacalismo di base.
Menzogne, contraddette dai fatti e dallo svolgimento del processo.

NOI SAPPIAMO CHE RIUSCIREMO A ROVESCIARE QUESTA SENTENZA CON IL PROCESSO AL PROCESSO

Accompagna da mesi le
nostre iniziative, nelle piazze, negli stabili occupati, con banchini
nei luoghi di lavoro attraversando la città (la città bene comune e
spazio pubblico). Una campagna lunga e multiforme che ha l’obiettivo di
arrivare all’appello con la ridicolizzazione della sentenza,
l’affermazione positiva del diritto alla resistenza ed un vastissimo
schieramento sociale, politico, giuridico e culturale. Siamo sicuri di
vincere sul campo, di ribaltare questa sentenza. Per tutti coloro che
credono che cambiare il mondo non solo sia giusto, ma sia doveroso e
possibile. Per tutti quelli che lottano per i loro bisogni, nei posti
di lavoro, nei quartieri, nelle università, nelle scuole. Per tutti
quelli che si battono contro la devastazione dei territori e dei beni
comuni. Per tutti quelli che intendono impedire che vengano chiusi gli
spazi di movimento di oggi e di domani.

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