Il progetto, finanziato dal Comune di Venezia su iniziativa del sindaco Massimo Cacciari con 2,8 milioni di euro, prevede la realizzazione di piccole casette con annessa, a ciascuna, lo spazio per parcheggiare una roulotte. Una soluzione del tutto ragionevole, forse scontata in un Paese civile, nel quale le amministrazioni locali devono assolvere al loro dovere di garantire condizioni di vita decenti per tutti i membri della comunità, senza distinzioni razziali o religiose.
Ma nel ricco e becero Nord-Est, che ormai non è che un’avanguardia del degrado civile del Paese, tutto questo non poteva che scatenare le ire dei residenti, alcuni dei quali, c’è da scommetterci, sono arrivati lì molto più di recente, rispetto alla comunità sinti. Ma ormai essere sul territorio da decenni, mandare i propri figli nelle scuole italiane, lavorare onestamente come tutti gli altri non basta più per essere accettati in una comunità. Sono sufficienti un diverso stile di vita, o un diverso colore della pelle, per non poter essere visti che come l’Altro, l’Alieno, qualcosa di irriducibile ad una convivenza civile e rispettosa.
Ed è sulla spinta di questa immotivata paura del diverso che, contro questo progetto di integrazione, si sono costituiti i comitati dei residenti, i cui membri, insieme con simpatizzanti ed esponenti della Lega Nord, e capeggiati da questi ultimi, hanno inscenato la protesta di questa mattina, che fa seguito ad una analoga dello scorso 3 giugno, dopo la quale si era costituito un presidio permanente contro l’apertura del cantiere.
E le richieste dei manifestanti sono arrivate, questa mattina, anche in consiglio comunale, grazie al capogruppo leghista Alberto Mazzonetto: “Il sindaco di Venezia Massimo Cacciari rinunci alla assurda costruzione di questo campo e si rivolga alla città. Chiediamo un referendum perché siano i veneziani ad esprimersi su un’opera che costa denaro pubblico e che non va ad aiutare quei veneziani, almeno 2000, sotto sfratto o privi di casa che sono la vera emergenza abitativa della città”.
Non c’è alcun dubbio che 2000 persone sotto sfratto costituiscano un’emergenza abitativa che Cacciari ha il dovere di affrontare. La domanda a cui i leghisti dovrebbero rispondere, piuttosto, è: perché i sinti, che vivono e lavorano sul territorio veneziano da decenni, non dovrebbero essere considerati, a tutti gli effetti, veneziani?