Arrestato Radovan Karadzic, il responsabile dei crimini di guerra in Bosnia

BELGRADO – Colpo
a sorpresa nella Serbia del nuovo governo europeista fedele al
presidente Boris Tadic: dopo 13 anni di imperscrutabile latitanza, e’
finito questa notte in manette Radovan Karadzic, leader politico dei
serbi di Bosnia che svolse un ruolo cruciale nel carnaio bosniaco degli
anni ’90. Accusato dei più cruenti capitoli della guerra che negli anni Novanta ha insanguinato
i Balcani, dall’eccidio di 7.500 musulmani perpetrato nel 1995 nell’enclave ‘protetta’
di Srebrenica, ai ripetuti bombardamenti contro la città di Sarajevo, Karadzic è accusato
anche di avere utilizzato 284 caschi blu dell’Onu come scudi umani nel maggio-giugno
1995.

L’arresto
e’ stato annunciato nella tarda serata di ieri da uno scarno comunicato
della stessa presidenza serba, secondo cui Karadzic – uno degli ultimi
tre ricercati di primo piano rimasti nella lista nera del Tribunale
internazionale dell’Aja (Tpi), che lo accusa di genocidio, crimini di
guerra e contro l’umanita’ – e’ stato dapprima ”localizzato” e poi
”arrestato” dalle forze di sicurezza di Belgrado. Piu’ tardi e’
giunta la conferma del procuratore del Tpi, Serge Brammertz (atteso
proprio domani a Belgrado da una visita che avrebbe dovuto essere di
routine), il quale ha definito il fermo ”una buona notizia per le
vittime e per la giustizia”. Come confermato in qualche modo dai
festeggiamenti accesisi subito spontaneamente a Sarajevo.

Stando alle prime voci, sembra che l’ex capo
della repubblica di Pale (capitale dell’autoproclamato staterello dei
serbi di Bosnia negli anni del grande bagno di sangue) sia stato
catturato in territorio serbo. Anche se c’e’ chi dice che negli ultimi
tempi fosse nascosto in Montenegro. Di certo si sa che a tarda sera era
gia’ a Belgrado, nelle mani degli organi della procura nazionale serba
per la lotta ai crimini di guerra, da dove e’ probabile che possa
essere trasferito all’Aja fin dalle prossime ore. Indiscrezioni sono
emerse per ora solo sulle condizioni del detenuto, che ha ormai 63 anni
compiuti e sembra sia apparso ai carcerieri in precarie condizioni di
salute.

Il 12 maggio 1992 e’
eletto presidente dell’autoproclamata repubblica serba di Bosnia e nei
due anni successivi diventa uno dei volti simbolo del demone dell’odio
e della violenza nell’ex Jugoslavia, dando
avvio a operazioni di pulizia etnica verso i non serbi. A lui si devono misfatti come lo
spietato assedio di Sarajevo, affidato alle milizie di Mladic, o la
copertura politica (resa possibile anche dalla complicita’ del governo
federale di Slobodan Milosevic) di eccidi come quello di Srebrenica. La
sua parabola si chiude soltanto nel giugno del 1996, quando il rapporto
sempre altalenante e ambiguo con il regime di Milosevic – riciclato
temporaneamente come interlocutore dalla comunita’ internazionale per
gli accordi di pace di Dayton – si consuma in modo definitivo.

Sotto
la pressione congiunta di Belgrado e del Gruppo di Contatto, allo
‘psichiatra folle’ non resta che farsi da parte e darsi alla macchia.
Forse in cambio di una mezza promessa di immunita’, sospettera’
qualcuno. Poi l’inizio della latitanza, sullo sfondo di un puzzle che
si scompone un pezzo dopo l’altro. Con la caduta dello stesso regime di
Milosevic (ottobre 2000), l’arresto di numerosi ricercati, quello dello
stesso ex conducator di Belgrado (morto infine in una cella del Tpi),
la formazione e il consolidamento di nuovi Stati. Una realta’ in cui
tutto cambia, salvo la clandestinita’, apparentemente imperforabile, di
Karadzic e Mladic. Fino a ieri e alla svolta repentina, seguita appena
di qualche settimana alla formazione del neonato governo serbo guidato
dal blocco liberal-democratico di Tadic e del premier Mirko Cvetkovic.
E addirittura di pochi giorni dall’ascesa alla guida dei servizi
segreti (Bia) di un giovane funzionario di polizia, Sasa Vukadinovic,
36 anni, estraneo ai ranghi interni e in sintonia con il nuovo corso.
Un nuovo corso non privo di contraddizioni, se e’ vero che il governo
di Cvetokovic ha dovuto imbarcare anche i residui del partito
socialista (solo in parte rinnovato) che fu di Milosevic, affidandogli
tra l’altro quel ministero dell’Interno che stanotte si e’ affrettato a
escludere un suo ruolo nella operazione Karadzic. E tuttavia un nuovo
corso cui l’arresto del boia di Pale da’ in queste ore sostanza e
credibilita’.

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