Viaggiare su internet lascia delle tracce, molte più tracce di quanto si possa immaginare, tanti piccoli frammenti per un puzzle digitale da cui si può risalire ad un nostro identikit personale e comportamentale. L’allarme viene dal settimanale "Focus" che ci ricorda che: siamo schedati e non lo sappiamo.
Perché cio’ che e’ scritto in Internet resta. E sono milioni nel mondo le persone irrimediabilmente schedate. Sono il 66% gli utenti italiani con un profilo online aggiornato almeno una volta alla settimana, 272 milioni gli iscritti a social network come MySpace, Facebook o Linkedin, nel mondo, 4 milioni gli iscritti a social network in Italia, pari al 38,6% degli utenti di Internet, 2.942.000 i blog italiani censiti in rete, 41% gli utenti di Facebook che rivelano i propri dati personali, 3 milioni gli italiani che cercano regolarmente video su Internet, 45 gigabytes il ‘peso’ dei dati personali digitali di ogni persona. E nulla si cancella piu’.
E’ uno degli effetti collaterali dei moderni motori di ricerca, capaci di scandagliare, in pochi secondi, oltre 8 miliardi di pagine web, 880 milioni di immagini e 845 milioni di messaggi postati nei newsgroup fin dal 1981, portando alla luce la tua immagine digitale, ovvero cio’ che Internet sa di te.
Una vera rivoluzione: basta un click per scovare nella Rete frammenti dimenticati o rubati della tua vita e farsi un’idea di te che magari non corrisponde piu’ alla realta’. L’allerta arriva dal prestigioso mensile scientifico "Focus" che, nel numero domani in edicola, rivela come ciascuno di noi abbia un’ombra digitale di 45 gigabytes. Di cui non ci si libera piu’.
Le ricerche della GdF "E’ uno dei grandi problemi irrisolti del Web. Cancellare definitivamente qualcosa da Internet e’ praticamente impossibile" afferma al periodico il colonnello Umberto Rapetto, comandante del Nucleo Speciale Frodi Telematiche della Guardia di Finanza.
In Rete c’e’ anche la nostra ricchezza, vera o presunta: lo sanno bene i funzionari dell’Agenzia delle entrate di Pisa, che quest’anno, esaminando le immagini satellitari di Google Earth, hanno individuato 6 possibili evasori. Si tratta di proprietari di alcune rimesse per barche alla foce dell’Arno che negli anni passati avevano dichiarato redditi da fame. Ma dalle foto risultava pero’ che i posti barca erano in buona parte occupati e che il loro business era piuttosto fiorente.
fonte:RAINEWS24