Editoria. I giornali editi da cooperative restano discriminati

Il senato vota la fiducia sul decreto milleproroghe. Contiene anche norme sull’editoria. Negata ancora ai giornali editi da cooperative la certezza del diritto all’accesso ai fondi pubblici. Salvi i giornali di partito, quelli indipendenti e non profit rimandati alla prossima occasione

Tra il piano per la costruzione delle nuove prigioni volute dal ministro della giustizia Angelino Alfano, gli interventi in favore della Fiat e il rinvio a settembre della presentazione del modello Unico per la dichiarazione dei redditi, il decreto «milleproroghe» contiene anche, all’articolo 41-bis, norme sui contributi pubblici all’editoria. Il testo licenziato con voto di fiducia dal senato, prevede, fra le altre cose, che nella ripartizione dei contributi previsti dalla legge di sostegno all’editoria «sia data la priorità ai contributi diretti», fermo restando, però, il tetto di spesa fissato dal decreto 113, il decretone estivo di Tremonti che tagliando i fondi ha fatto scattare la mobilitazione di decine di testate cooperative, indipendenti, di partito e delle minoranze.
Tradotto in pratica, significa che il governo non ha voluto neanche in questa occasione chiarire per i giornali editi da cooperative di giornalisti la certezza del cosiddetto «diritto soggettivo», almeno per il 2009. Le voci governative continuano a esporre queste testate alla discrezionalità di future interpretazioni, che preannunciano generose, ma nessun fatto è lì a confermarlo. Il governo ha intanto confermato i tagli alla dotazione complessiva del fondo, da cui mancano cifre assai rilevanti rispetto al fabbisogno misurato sui contributi erogati lo scorso anno. Sembrerebbe invece parzialmente sanata una delle più evidenti storture della legge vigente. Quella che prevede che la maggior parte dei contributi [la quota conosciuta come «indiretti»] vada sempre ai grandi gruppi editoriali, Sole24Ore, Rcs, Mondadori e Repubblica-L’espresso in testa. Il testo approvato dal senato, che dovrà ora essere esaminato dalla camera, prevede dunque che nella distribuzione dei contributi sia data priorità a quelli «diretti», quelli cioè che riguardano i giornali di partito, quelli non profit e quelli cooperativi, come Carta, il manifesto, Rassegna sindacale o Primorski Dnevnik, il giornale della minoranza slovena del Friuli, oltre ad altre decine di testate considerate frettolosamente come «minori».
«E’ un buon passo avanti che però sconteremo con l’inimicizia dei grandi gruppi editoriali», dice a caldo Vincenzo Vita, senatore del Pd che più di ogni altro si è battuto negli ultimi mesi per evitare che la ventilata «riforma» della legge sui contributi all’editoria diventasse solo una trappola per i giornali cooperativi. «Se ci fosse stato dibattito, avremmo potuto chiarire che rimane ancora in sospeso la definizione della questione del diritto soggettivo», aggiunge Vita, che ha spiegato in un intervento in aula ieri le ragioni di questa perplessità. Il punto, in termini di legge, è che il «milleproroghe» non elimina la principale minaccia dalla vita delle testate indipendenti, che, cioè, i contributi non siano «garantiti» dalla legge in quanto diritto, ma siano sottoposti all’arbitrio dell’esecutivo, sia per quanto riguarda la loro quantità che per i tempi e i modi di attribuzione ed erogazione. Era, e continua ad essere, il cuore della critica all’intero e disordinato sistema delle norme e anche alla bozza di regolamento presentata dal sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega all’editoria Paolo Bonaiuti. Era, ed è, il punto essenziale di un ordine del giorno trasversale a maggioranza e opposizioni che avrebbe dovuto essere discusso e approvato in senato proprio oggi, in sede di esame del milleproroghe, ed è invece stato rimandato a migliore occasione. L’odg chiede che sia chiarito, una volta per tutte, che i cambiamenti previsti dal regolamento Bonaiuti – attualmente all’esame delle commissioni competenti – debbano entrare in vigore nel 2010 e non nel 2009 come il governo avrebbe originariamente voluto. Questo punto non è ancora chiarito, malgrado la tenacia del senatore Vita nel porlo all’ordine del giorno: anche se di fatto il 2009 potrebbe concludersi con la legge in vigore, potrebbe invece succedere, così com’è accaduto a fine 2008, che solo in fase di approvazione della legge finanziaria, cioè a fine anno, ci si accorga che i fondi stanziati sono largamente insufficienti. Se infine l’annunciato regolamento entrerà in vigore oltre la metà del 2009, sconvolgerebbe nuovamente le attività di cooperative e testate impegnate al rispetto di determinati requisiti di un sistema di norme che è ormai incerto per definizione.
La battaglia, insomma, non è certo finita, né tanto meno vinta. Resta lontanissima poi, la sua sede naturale, quella di una vera riforma organica della legge sull’editoria.

(Carta.org)

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