Oggi è andata in scena una delle più tristi giornate che l’Università di Pisa abbia mai visto. Il presidio era convocato per le 15.00, nessuno pensava che non solo non si potesse entrare a quello che doveva essere un dibattito pubblico, ma che addirittura la Sapienza fosse blindata e completamente inaccessibile.
Polizia e carabinieri ad ogni entrata, portoni chiusi, tranne uno, quello su via Curtatone e Montanara.
Il presidio degli studenti era convocato dalle 15.00 in piazza Dante e dopo poco si è spostato sulla strada.
Tutti increduli nel vedere un dispiegamento di forze dell’ordine tale da ricordare vagamente il giorno della blindatura del cda per l’approvazione del bilancio d’Ateneo.
Nonostante la visibile presenza delle forze dell’ordine la tensione era bassa, aria di scherzosità, perchè in fondo faceva ridere che uno come Pera, ormai lontano dagli schermi e da ruoli di potere, richiedesse una blindatura di quel genere.
Probabilmente dal rettorato qualcuno si è mosso in maniera determinata per paura che molti manifestassero ancora una volta un dissenso "troppo radicale", oppure la questura è stata più apprensiva del solito, volendo dimostrare (come vedremo in seguito) che è iniziata l’era della "mano pesante".
C’è anche l’ipotesi che si si siano scomodati dal ministero per difendere l’onorabilità di un senatore della maggioranza.
Quello che è successo ha comunque dell’incredibile, anzi dell’inaccettabile.
Poco prima delle 16.00, la questura, nella persona di Pizzimenti, e la Digos, nella persona di Calabrese, ordinano agli studenti di fare tre metri indietro.
Lo stupore degli studenti balza alle stelle, non solo non possono entrare nella loro Università, per cui pagano fior fior di tasse, ma addirittura nemmeno possono sostare di fronte ad una delle entrate, l’unica aperta, anche se con tutta la Digos al completo e qualche poliziotto a fare da portinai.
Sostare, si badi bene, non davanti, ma a circa 6-7 metri, lontano addirittura dal marciapiede, sulla strada insomma.
Di fronte ad un ordine senza motivazione, non essendo gli studenti un plotone d’esecuzione, l’ovvia risposta è stata il rifiuto. Tanto più che era ovvio che sia Pera che gli invitati (già perchè di invitati dobbiamo parlare) sarebbero passati da una delle altre quattro porte controllate completamente dalla polizia.
Insomma inizia la carica, i poliziotti si schierano in due file di fronte agli studenti e iniziano a spingere, dopo pochi secondi partono le prime manganellate.
L’aria si fa tesissima, ma ancora la questura non è contenta.
Così il capo della Digos sghignazzando, pensando forse si trattasse di un gioco, impartiva l’ordine di andare avanti al plotone, dicendo che i tre metri ancora non erano raggiunti. La seconda carica è stata terribile, le manganellate sono partite subito e le teste degli studenti in prima fila non hanno ovviamente retto.
Nessuno aveva il casco, nessuno aveva niente, proprio perchè la circostanza sembrava non portasse a situazioni di probabile scontro.
Così non è stato. Le manganellate hanno colpito duro, 7 i refertati, alcuni non si sono fatti refertare anche se, ne avrebbero avuto un gran biosogno.
9 o 10 le teste uscite insanguinate, molte le lesioni e gli ematomi sui corpi degli studenti nelle prime due file.
Ad uno studente, attualmente ancora in ospedale, stanno ricucendo la testa, con uno squarcio degno di nota.
Tutto questo per far capire che l’università ora viene gestita con la forza, che il dissenso non è più tollerato in tempo di crisi.
Anche la Questura (Digos ovviamente compresa) ha voluto dare un segnale di svolta comportandosi in una maniera tale da riportarci con la memoria ad altri tempi, quando a Pisa per un semplice presidio si prendevano gli schiaffi (sicuramente preferibili alle manganellate).
La rabbia è tanta, la stupore ha lasciato spazio ad un sentimento d’odio intrattenibile, che ci porta a riflettere sul dramma che si è consumato oggi.
Il 16 marzo scade la seconda rata per il pagamento delle tasse universitarie, in quel giorno tutti si dovranno ricordare che stiamo pagando per un’università che non è più nostra, dove non possiamo liberamente e pacificamente manifestare le nostre idee. Aspettiamo che qualcuno ci spieghi perchè non possiamo entrare a prendere parte ad un dibattito dichiarato pubblico.
L’università non è pubblica, ma di proprietà, di proprietà di Pera, o delle gerarchie dell’Ateneo, degno di osservazione, tra l’altro, il comportamento della professoressa Tongiorgi, prorettrice vicario che, mentre i poliziotti caricavano stava giungendo dal fondo della strada e appena ha sentito il suo nome menzionato al megafono ha girato l’angolo, proprio mentre si alzava il primo manganello.
Molte presenze importanti successivamente, sia Zappacosta, che la Tangheroni, il primo è stato sollecitato pubblicamente a svegliare il suo partito (PD) che a questo punto si spera prenda posizione su quanto è accaduto, la seconda invece con fare provocatorio si è avvicinata per poi subito scappare visto che la situazione era già abbastanza tesa.
Molti anche i giornalisti, speriamo sia scorso abbastanza sangue da farci guadagnare la prima pagina.
Dove sta l’università che si costruisce sul dialogo e sul confronto, se nessuno di quelli che vogliono portare domande "scomode" viene più fatto entrare e si ritrova con la testa spaccata di fronte alla sua facoltà?
Questa università non c’è adesso, ma sarebbe il momento di riprendersela, bisogna che gli studenti incomincino a viverla e se le risposte stanno nei manganelli, bè… le teste sono tante, circa 50.000, chissà se prima dell’ultima rotta qualcuno in città griderà che Pisa non è la città democratica e aperta che vogliono farci credere, ma è solo un’altro posto dove la democrazia e la legalità si muovono sotto forma di manganelli e ordinanze repressive, dove il controllo sociale è una realtà quotidiana che si affianca alla straordinarietà delle teste rotte degli studenti che facinorosamente volevano avere diritto di parola nel loro Ateneo.
La risposta sia del capo della Digos sia del vice questore, alla semplice domanda: perchè avete caricato?
"Vi siete impuntati, ma soprattutto non abbiamo trovato nessun interlocutore con cui arrivare ad una mediazione".
L’onda non ha interlocutori con cui tenere a bada le mobilitazioni, l’onda non ha referenti e rappresentanti, quindi l’Onda devono reprimerla… è chiaro no?
Vedremo se ci riusciranno…
Il prossimo apputamento è a breve, alla faccia di chi diceva che l’Onda era finita.
Martedì sera al Polo Carmignani parleremo anche di questo, all’interno di un’ assemblea pubblica.
una delle teste spaccate
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