Gli irregolari rischieranno la segnalazione andandosi a curare, ma anche registrare il figlio all’anagrafe sarà impossibile. Da qualsiasi parte lo si guardi, il pacchetto sicurezza approdato alle commissioni riunite della Camera, non può non provocare indignazione.
L’ultima tra le tante norme approfondite ed analizzate è quella che riguarda l’impossibilità di compiere qualsiasi atto di stato civile senza la preventiva esibizione del permesso di soggiorno.
(Questo il nuovo testo dell’art 6 del T.U. se le modifiche venissero approvate:
Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35, i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.)
Si toglie quindi l’eccezione per gli atti di stato civile non compresi nelle categorie menzionate.
Contrarre matrimonio, riconscere un figlio, certificare la morte, curare la malattia: il governo delle migrazioni comincia ad agire, o meglio, intensifica la sua azione sui corpi, sul bios, sulla salute e la malattia, sulla vita e sulla morte, sulle nascite e sulle unioni.
Invisibili non è mai stato inesistenti. Il massimo dell’invisibilità sociale ha potuto in questi anni convivere con la necessità di tenere buone gambe, braccia e menti per il lavoro nei cantieri o nell’assistenza familiare, ma non solo. Essere invisibili in termini di diritti si è combinato con il massimo di visibilità quando il "clandestino", l’"irregolare" è stato buono per costruire intorno alla sua figura le politiche della sicurezza, della paura, dell’allarme e dell’emergenza.
Ma sarebbe sbagliato pensare al pacchetto sicurezza come uno stigma che riguardi solo ed esclusivamente loro, gli altri, i migranti, i "clandestini".
I suoi contenuti ci parlano della crisi, della politica, della vita, del nostro futuro. Lo fanno senza eslcudere nessuno.
E se dentro allo scenario della crisi il razzismo trova facile strada per diffondersi tra le maglie della società travolta e modificata da questo nuovo paradigma globale, una speranza diversa ci viene regalata dall’indignazione a cui, in queste settimane, i medici e tutte le associazioni che operano nel campo della sanità hanno saputo dar voce.
E’ possibile oggi guardare alla società che viviamo con gli occhi di chi pensa che il destino, di noi tutti, non possa essere unilateralmente ed incontrovertibilmente scritto da chi legifera. Si può, si deve immaginare la possibilità di praticare una strada diversa.
In primo luogo la presa di parola dei medici ci ha parlato dell’indisponibilità di molti ad essere coinvolti nella macchina di controllo sulla vita – siamo medici non spie ci dicono – così come gli operatori sociali riuniti in assemblea a Venezia si sono interrogati su cosa significhi oggi lavorare nel welfare, in questo tempo in cui la macchina del controllo travolge tutto e sembra chiedere a chiunque di partecipare alla costruzione di una grande gabbia.
Ma ancora, quello che sta accadendo intorno all’emendamento che sopprime il divieto di segnalazione rileva come ad essere in gioco non sia semplicemente la salute degli invisibili ma più in generale la salute pubblica, la sicurezza di tutti.
Una cosa su tutte crediamo vada affermata: non sarà possibile immaginare ed accettare che questo nuovo assetto normativo possa essere affrontato semplicemente nella speranza che le strutture ed i progetti, già da molti anni preoccupati di fornire cure ai migranti irregolari, possano far fronte alla situazione.
Lo scenario che si profila è quello di una regressione, un imbarbarimento, un passo indietro dell’intera società, un tentativo di riportare al medioevo e quindi di governare da medioevo, il nostro mondo, i rapporti sociali, le tensioni e le contraddizioni.
Non ci stiamo.
Per questo, fin da subito, appoggiando ogni iniziativa perchè l’emendamento non venga approvato, ed anche ogni attività, progetto, che tenti di andare oltre, di praticare obiezione, disobbedienza, di garantire vera sicurezza, pensiamo sia doveroso insieme costruire un terreno reale di mobilitazione.
Il Ministro Maroni ha annunciato che probabilmente, in sede di discussione alla Camera, alla cancellazione dell’art 35 del T.U. potrebbe essere aggiunto un richiamo alle regioni a regolare in specifico la materia. Questa è una grande possibilità di mobilitazione,
Una campagna in ogni regione perchè il comando esercitato attraverso il timore, la minaccia, non riescano a produrre ancor più insicurezza.
Insieme è possibile rifiutare il ritorno al medioevo e parlare del nostro futuro.
Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa