SAHARA OCCUPATO: Un massacro senza voce

Il Sahara Occidentale è un territorio di circa 266.000 Kmq che si affaccia sull’Atlantico per un migliaio di chilometri, confina con il Marocco, l’Algeria e la Mauritania. E’ in gran parte desertico, ma ricchissimo di risorse minerarie (soprattutto fosfati). Le coste sono pescosissime. La popolazione che abita lì, sotto occupazione marocchina, appartiene al complesso delle tribù Saharawi. Organizzate da secoli in modo autonomo, con forme proprie di lingua, cultura e organizzazione sociale, nomadi fino a tempi recenti. 
Verso la fine del periodo coloniale, il popolo Saharawi appariva già largamente sedentarizzato e urbanizzato, ma sempre attaccato alle proprie tradizioni.
L’origine delle tribù Saharawi si può ricondurre all’immigrazione degli arabi Maquil, provenienti dallo Yemen.
Un lento processo di fusioni ha dato origine alle tribù di cui ancora oggi i Saharawi conservano la memoria e a cui fanno risalire la propria origine. L’arabizzazione, molto intensa in alcune tribù, ha lasciato una traccia profonda nella lingua hassaniya, comune a tutte, molto vicina all’arabo classico. La religione è l’Islam sunnita, come nella maggior parte del Maghreb. 
Il Sahara Occidentale è il più grande territorio non indipendente al mondo e ogni giorno la popolazione Saharawi si scontra con l’indifferenza dei media, vittima di un’invasione tenacemente nascosta e di una guerra che non tollera testimoni. 
Un po’ di storia:
Il Sahara Occidentale ottiene l’indipendenza dalla Spagna nel 1975 dopo anni di lotta del Fronte Polisario (Fronte Popolare di Liberazione della Saguia el Hamra e Rio de Oro) nato nel 1973 come movimento indipendentista anticoloniale, ma viene subito occupato per i 2/3 a nord dal Marocco, e a sud dalla Mauritania per il resto, in base a un accordo segreto tra i due paesi africani, stipulato a Madrid. Migliaia di saharawi fuggono dai bombardamenti dell’aviazione marocchina (che utilizza bombe al napalm e al fosforo sui villaggi) accampandosi nel deserto algerino, vicino a Tindouf. Qui presto si concentrano tutti i profughi e qui il Fronte Polisario il 27 febbraio del 1976, proclama lo stato indipendente "in esilio" dei saharawi: la Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD), che verrà riconosciuta da una settantina di paesi. Nel Sahara Occidentale i Saharawi organizzano una forza di resistenza attorno al Fronte Polisario; inizia una dura guerriglia. Nel 1979 la Mauritania ritira le proprie truppe.
Il Marocco allora, appoggiato da Spagna, Francia e Stati Uniti, raddoppia lo sforzo bellico e occupa anche la parte meridionale del paese. Ma il Fronte Polisario reagisce con forza, e nei primi anni ’80 riesce a liberare quasi il 50% del territorio dall’occupazione marocchina. Rabat risponde edificando una muraglia fortificata, minata ed elettrificata lunga 2.700 km in cui racchiude i territori occupati e al riparo della quale inizia una massiccia colonizzazione, accompagnata da una sanguinosa pulizia etnica contro i saharawi. Da rilevare che la maggior parte delle mine anti-uomo, colpevoli della mutilazione di molte persone, tra cui un numero drammaticamente alto di bambini, sono di produzione italiana. Il “muro di difesa” marocchino divide il popolo saharawi in due: da una parte coloro che al momento dell’invasione sono scappati nel deserto algerino, dall’ altra coloro che sono rimasti sotto l’occupazione in patria. Fuori dal muro la guerra continua. Nel 1991 l’Onu riesce ad imporre il cessate il fuoco e l’organizzazione di un referendum per l’autodeterminazione del popolo saharawi sotto l’egida di una missione delle Nazioni Unite (Minurso). Dopo lunghe e difficili trattative la consultazione viene fissata per il 1992, ma il Marocco boicotta in ogni modo la preparazione del referendum, continuando le azioni militari e contestando i criteri di definizione della base elettorale (che secondo Rabat deve includere anche i coloni marocchini). Così la consultazione viene rimandata al 1998, e poi ancora al 2000. Ma non accade nulla. Ad oggi, nonostante le minacce del Fronte Polisario di riprendere le armi se la situazione non si sblocca, la celebrazione del referendum appare ancora lontana e l’occupazione marocchina del Sahara Occidentale prosegue, mentre la comunità internazionale sembra essersi completamente dimenticata della questione.

Il muro della vergogna è vigilato da decine di radar, appoggiato da un’aviazione militare tra le più potenti d’Africa, mille carri armati blindati, missili, razzi, artiglieria pesante, bombe a grappolo e mine anti uomo vietate dalla convenzione internazionale.
 
(Nella foto il tragitto del muro, costruito in 6 momenti diversi, dal 1982 al 1987, che divide la zona occupata da quella gestita dal Polisario) 
 
Sono ormai più di 30 anni che il Marocco nega il referendum di autodeterminazione proposto dall’Onu come soluzione alla guerra del cosidetto “conflitto nel Sahara Occidentale”, eufemismo che consente di evitare di nominare la vera causa di quella situazione:l’Occupazione illegale marocchina del territorio saharawi. Il Marocco in tutti questi anni ha mantenuto intenzionalmente lo status quo per favorire i suoi interessi economici. Il Sahara Occidentale è un territorio ricchissimo di risorse naturali, di alto valore sul mercato, soprattutto fosfati e pesce, ma anche minerali gas e petrolio. Il governo di Rabat, pur non godendo di nessun diritto di sovranità sulle risorse naturali del territorio (giudizio giuridico del Consiglio di Sicurezza Onu S/2002/161), ha definito fin dall’inizio importanti piani economici con diverse imprese(soprattutto europee), senza patire nessuna ritorsione legale, né per la rapina delle risorse naturali a danno dei saharawi, né per la violazione dei diritti umani delle persone che vivono ancora nei territori occupati continuamente torturate, represse, fatte sparire. Secondo una relazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) l’Unione Europea ha catalizzato il 72,8% delle esportazioni marocchine del 2007/08, facendo di tutti i paesi della Comunità Europea dei veri complici dell’occupazione e della rapina marocchina. Un buon esempio è la concessione nel 2001 dell’estrazione di gas e petrolio alle compagnie petrolifere multinazionali Total Fina (Francia), Kerr-McGee (Usa) e Wessex Exploration (Inghilterra). Ancora più emblematico è l’affare dei fosfati, una delle materie prime di principale interesse. Si usano nella produzione di concimi chimici, ma anche nella fabbricazione di detergenti, cosmetici e nella produzione di certi tipi di carta. Negli ultimi anni il loro prezzo è stato rivalutato arrivando, secondo la stima della Banca Centrale del Marocco, a 400 dollari a tonnellata. Il governo marocchino guadagna circa 1,2 milioni di dollari l’anno con l’attività estrattiva illegale nei territori occupati. I giacimenti di fosfato sono passati dalle mani del colonizzatore spagnolo alle mani dell’occupante marocchino, senza che il popolo saharawi potesse intervenire in alcuna decisione. Infatti con il ritiro dei colonizzatori l’impresa spagnola Fosfati di Bu-crà (Fosbucrà) passò alla marocchina Office Cherifien Phosphates (OCP), che ottenne il 65% delle sue azioni e che attualmente è il primo esportatore mondiale di fosfato, proprietario di 3/4 delle riserve mondiali di questo minerale di vitale importanza per l’agricoltura, l’industria dei fertilizzanti e quella chimica. La strategia è chiara: la monarchia marocchina, da un lato sigla accordi che coinvolgono potenze con forza nel Consiglio di Sicurezza Onu per poter cosi legittimare la sua invasione criminale, dall’altro pretende di salvarsi attuando una forte repressione censoria che nega l’esistente e manipola la realtà in una tragica farsa. Ad oggi, i circa 200.000 Saharawi, dei campi profughi di Tindourf (Algeria) hanno realizzato una delle esperienze politiche e sociali più interessanti del nostro secolo: la costruzione di uno «Stato in esilio». I rifugiati vengono distribuiti in 40 distinte tendopoli, ciascuna delle quali assume ai fini amministrativi il nome e le funzioni di un distretto regionale (Wilaya): El Ayoun, Smara, Dakhla Ausserd (dai nomi delle città sotto occupazione nel Sahara occidentale occupato) Ogni wilaya è divisa in 6 o 7 “province” , anch’esse con il nome di una provincia saharawi (daira). I Saharawi hanno voluto costruire un’ organizzazione sociale dove tutti sono chiamati a ruolo attivo, dove sono valorizzati gli anziani e soprattutto dove le donne condividono responsabilità a tutti i livelli. 
La priorità spetta all’ educazione ed alla sanità, dove il ruolo delle donne è particolarmente importante. Tutti i giovani sono scolarizzati a livello elementare e anche medio, ed esiste malgrado lo scarso materiale sanitario, una diffusa medicina di base.
Gran parte dei mezzi materiali provengono dalla solidarietà internazionale.Il largo margine di autonomia e di iniziativa lasciato ai Comitati di base, ha stimolato l’ ingegnosità e la creatività saharawi, che si esplica in attività come il recupero e il riciclaggio di qualunque tipo di materiale e nella creazione di esperimenti agricoli. 
La regione Toscana è molto impegnata negli aiuti e nei riconoscimenti alla Rasd, purtroppo però, mentre è soddisfacente il lavoro che svolge sul versante assistenziale, molto più timide, se non decisamente assenti, sono le prese di posizione contro il governo marocchino, da portare in sede europea, ovvero all’interno di una comunità che sta continuando a siglare accordi commerciali con un governo che ogni giorno di più si sente legittimato a mantenere e intensificare la propria condotta criminale. 
A cura della redazione di Aut-Aut
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