"Come un uomo sulla terra", dove, per la prima volta, la voce diretta
dei migranti africani parla delle brutali modalità con cui la Libia
controlla i flussi migratori.
Europa, ha avuto poco risalto sui grandi mezzi di comunicazione, perché
fatto con pochi mezzi e su un tema scottante.
Storie di rifugiati che, dopo il deserto e il mare,
hanno smesso di nascondersi, e sono usciti allo scoperto, per camminare
a testa alta, come un uomo sulla terra.
Storie di rifugiati che accusano senza mezzi termini la polizia libica
di violenze e torture nei campi di detenzione finanziati dall’Italia.
Storie che ribaltano i ruoli. E fanno delle migliaia di “clandestini”
che sbarcano sulle nostre coste, altrettanti testimoni di un durissimo
atto d’accusa.
Troppo spesso infatti il dolore viene rimosso subito dopo l’arrivo a
Lampedusa, viene vissuto come un dramma privato, coperto dall’onta. E
invece non può non essere un dramma collettivo. Per il numero di
persone coinvolte (oltre 50.000 deportati l’anno) e per le chiare
responsabilità dell’Italia. Se
queste storie passeranno sotto silenzio, sarà come far morire due volte
le vittime dell’emigrazione africana. I loro corpi giacciono a migliaia
sulle piste del Sahara e nei fondali del Mediterraneo. E chiedono
giustizia.
la frase scolpita a suggello di quell’incontro: “Più petrolio, meno
clandestini”? Nel film-documentario, Andrea Segre, Riccardo Biadene e
Dagmawi Yimer esplorano la verità nascosta da quelle parole per
raccontare l’inferno di violenze, arresti e connivenze tra polizia e
trafficanti vissuto in Libia dai migranti (oltre 95mila tra 2006 e
2007) arrivati dal resto dell’Africa con la speranza di una vita
migliore in Europa.
Sinossi del film [tratta dal sito ufficiale http://comeunuomosullaterra.blogspot.com/]
Dag studiava Giurisprudenza ad Addis Abeba, in
Etiopia. A causa della forte repressione politica nel suo paese ha
deciso di emigrare. Nell’inverno 2005 ha attraversato via terra il
deserto tra Sudan e Libia. In Libia, però, si è imbattuto in una serie
di disavventure legate non solo alle violenze dei contrabbandieri che
gestiscono il viaggio verso il Mediterraneo, ma anche e soprattutto
alle sopraffazioni e alle violenze subite dalla polizia libica,
responsabile di indiscriminati arresti e disumane deportazioni.
Sopravvissuto alla trappola Libica, Dag è riuscito ad arrivare via mare
in Italia, a Roma, dove ha iniziato a frequentare la scuola di italiano
Asinitas Onlus punto di incontro di molti immigrati africani coordinato
da Marco Carsetti e da altri operatori e volontari.
Qui ha imparato non solo l’italiano ma anche il linguaggio del
video-documentario. Così ha deciso di raccogliere le memorie di suoi
coetanei sul terribile viaggio attraverso la Libia, e di provare a
rompere l’incomprensibile silenzio su quanto sta succedendo nel paese
del Colonnello Gheddafi.
“Come un uomo sulla terra” è un viaggio di dolore e dignità, attraverso
il quale Dagmawi Yimer riesce a dare voce alla memoria quasi
impossibile di sofferenze umane, rispetto alle quali l’Italia e
l’Europa hanno responsabilità che non possono rimanere ancora a lungo
nascoste.
Il documentario si inserisce in un progetto di Archivio delle Memorie
Migranti che dal 2006 l’associazione Asinitas Onlus, centri di
educazione e cura con i migranti (www.asinitas.net) sta sviluppando a
Roma in collaborazione con ZaLab (www.zalab.org), gruppo di autori
video specializzati in video partecipativo e documentario sociale e con
AAMOD – Archivio Audioviso Movimento Operaio e Democratico. Le attività
della “scuola di italiano” Asinitas Onlus sono portate avanti con il
sostegno della fondazione Lettera 27 e della Tavola Valdese. Il film è
stato prodotto da Marco Carsetti e Alessandro Triulzi per Asinitas
Onlus e da Andrea Segre per ZaLab. Si ringrazia per la collaborazione
al progetto Mauro Morbidelli.
Vedi un’anteprima del film (durata 5′ 26”) **** Scarica la LOCANDINA
Morire di frontiera. Accade da vent’anni lungo i confini
dell’Europa. Sono soprattutto naufragi, ma non mancano incidenti
stradali, morti di stenti nel deserto come tra le nevi dei valichi
montuosi, piuttosto che uccisi da un’esplosione negli ultimi campi
minati in Grecia, dagli spari dell’esercito turco o dalle violenze
della polizia in Libia. Per approfondimenti visita il sito di Fortress Europe [sito ufficiale],
una rassegna stampa che dal 1988 ad oggi fa memoria delle vittime della
frontiera: 13.444 morti documentate, tra cui si contano 5.182 dispersi.