Università e contratti gratuiti, il punto di vista di uno studente.

Pubblichiamo di seguito la lettera di uno studente in merito alla questione tuttora in corso sui contratti di docenza a titolo gratuito:
 
«I precari hanno le loro ragioni, ma prima di loro vengono gli interessi degli studenti. Non posso chiudere la facoltà»: queste l’intervento del Preside di Lettere e Filosofia, Prof. M. A. Iacono, apparso sul Tirreno dello scorso 30 luglio a proposito della querelle tuttora in corso sui contratti di docenza a titolo gratuito.
Aldilà del tentativo di tenere separati due fronti che potrebbero saldarsi a settembre, ci sono alcune questioni che il Preside sembra volutamente ignorare.
 
Il Prof. Iacono si fa garante del diritto degli studenti a vedersi regolarmente impartiti gli insegnamenti dei corsi ai quali sono iscritti e per i quali pagano tasse, salatissime tra l’altro. Elude così un problema ben più grande, che dovrebbe essere anteposto a quello che invece emerge dalle sue dichiarazioni: quello della qualità dei corsi.
Il prossimo anno accademico qualsiasi studente saprà benissimo che i corsi saranno sostenuti da persone non retribuite, scelte grazie a bandi che non contemplano la solidità delle competenze e, più in generale, il merito. A rimetterci ancora una volta è la qualità della didattica.
 
La qualità della nostra formazione è ancora un diritto da tutelare oppure no?
Purtroppo le riforme degli ultimi vent’anni hanno portato a un evidente peggioramento proprio della qualità della didattica e della formazione degli studenti, con conseguenze evidenti per tutta la società. Possibile che persone da sempre ritenute sensibili e illuminate come il Prof. Iacono si facciano complici di un simile delitto?
Possibile è possibile, a quanto pare. I bandi per gli incarichi di insegnamento non richiedono professionalità da parte di chi verrà a insegnarci le più disparate materie. Rispondono soltanto alla frettolosa urgenza di coprire tutti i corsi, senza preoccuparsi di come e di chi li ricoprirà.
 
Evito di fare considerazioni sulle docenze esterne. Come spiegano i ricercatori precari nei loro comunicati, i bandi in questione, a differenza del passato, sono rivolti anche, se non soprattutto, ai docenti interni e agli aspiranti tali. Questo dato di fatto spazza via ogni discussione sull’importanza, a livello qualitativo, della presenza dei docenti esterni. Fra l’altro, sono proprio questi ultimi, nella maggior parte dei casi, a vedersi retribuire i corsi che impartiscono, com’è giusto che sia, anche se magari hanno già un ricco stipendio grazie a altri impieghi, a differenza dei ricercatori precari dell’Università.
Pensi a questo il Prof. Iacono, al fatto che paghiamo fino a 1900 euro l’anno per una didattica che anche lui sta contribuendo a far diventare sempre più scadente.
 
Credo di parlare a nome di molti, che magari adesso stanno giustamente tornando a casa, per lasciarsi alle spalle un’Università in rotta di collisione, dove capita di sentire un preside che, mentre distrugge la didattica, ti sussurra che lo sta facendo per te, per permetterti di poter ritrovare i corsi a settembre. Purtroppo se le lezioni saranno sostenute in questo modo, meglio sarebbe stato chiudere e annunciare così che l’Università pubblica è finita, perché non c’è più la volontà di supportarla, perchè non si vuole investire sul futuro, sul progresso culturale della società. E invece no. C’è sempre il complice di turno che continua ad andare avanti distruggendo a poco a poco la sostanza, la qualità, così può tenere in piedi il baraccone che garantisce i suoi privilegi.
 
Inutile poi che qualcuno provi a dire che con i soldi risparmiati sui contratti di docenza sarà possibile destinare alcune risorse, ingiustamente tagliate, alle biblioteche. I soldi alle strutture bibliotecarie serviranno a ben poco se non ci saranno più studenti in grado di sapere che cosa farci in una biblioteca. Già ora la situazione è drammatica.
 
Luca Baroncini, studente e lavoratore “esternalizzato”
delle biblioteche dell’Ateneo
 
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