Ricerca e Dottorati, cambiare tutto per non cambiare niente?

Pubblichiamo di seguito il contributo inviatoci dagli studenti del Coordinamento dei Collettivi universitari:
Con il seguente contributo vorremmo dare il via ad un’inchiesta sui dottorandi, approfittando della riforma statutaria delle scuole dottorali in corso a Pisa. Ci concentriamo sui dottorandi in quanto figure “di mezzo”, così da comprendere il passaggio tra mondo della formazione e mondo della ricerca: alternativamente studenti o lavoratori a seconda della convenienza della governance e del mercato.

Il discorso andrà certamente ampliato a tutta la fascia dei precari della ricerca. Quello che ci interessa per il futuro è far emergere le contraddizioni all’interno del sistema della ricerca universitaria: il lavoro non pagato, la retorica dei concorsi e del merito, le forme di ricatto e disciplinamento. Tutto questo per trovare vie di fuga dalle barbarie dell’accademia che si basino sulla cooperazione e l”autoformazione.

Sulla ristrutturazione dell’offerta dottorale dell’Università di Pisa


ovvero: come utilizzare nuovi termini per riproporre il vecchio

Tra le novità del nuovo anno accademico dell’Università di Pisa c’è il taglio alle borse di dottorato. A breve molti studenti si presenteranno per i concorsi, ma troveranno il numero di borse dimezzato dal Consiglio di Amministrazione (taglio deciso, come tanti altri, nel bilancio previsionale 2009, approvato lo scorso Novembre).

I tagli sono stati messi a punto dal magnifico Rettore Pasquali e dai sui scagnozzi, che hanno fatto di tutto per rientrare all’interno degli atenei “meritevoli” ed avere un aumento dei fondi da parte del ministero: a Pisa è spettato il reintegro di ben lo 0,9% dei tagli subiti con la 133(sic!). Questi tagli sono stati accompagnati da altri, su diversi fronti: dalle biblioteche ai dipartimenti, passando per l’introduzione di contratti gratuiti per la didattica.

La crisi dell’Università pisana, come del resto delle università italiane, emerge completamente dall’analisi del bilancio d’ateneo. Ovvero di un bilancio blindato nel quale il rettore Pasquali ha mostrato come la governace dell’università pubblica, per mantenersi tale, debba ricorrere alla repressione di chi costruisce l’università del comune (celere, digos all’interno del CdA, il consigliere dei Collettivi espulso).

In seguito ai tagli, è in via di approvazione una serie di proposte per la ristrutturazione dei dottorati di ricerca. Tale ristrutturazione, come è stato spiegato dalla pro-rettrice alla ricerca, nasce dall’esigenza di adeguare il numero di borse disponibili al numero di corsi/Scuole di dottorato. Andando però ad analizzare in dettaglio la premessa e i vari punti del nuovo regolamento, emerge immediatamente la volontà di utilizzare nuovi termini per riproporre tutto il vecchio marcio delle istituzioni universitarie.

I CRITERI DI VALUTAZIONE

Partiamo dai criteri di valutazione dei programmi di dottorato. Questi devono essere “tra gli altri, oltre alla sussistenza dei requisiti richiesti dal Ministero, l’attrattiva dei corsi, l’apertura a candidati di altre sedi italiane e straniere, la qualità della procedura di valutazione delle tesi di dottorato, il rating scientifico dei membri del consiglio,…”(*).

Proprio quest’ultimo punto merita una discussione. Il valore scientifico dei membri del consiglio dipende dalla carriera di ricerca, che viene valutata in base al numero e alla qualità delle pubblicazioni. Gli indici maggiormente usati sono l’impact factor (IF) , cioè una misura della frequenza media con cui un articolo di una rivista viene citato dalle altre riviste in un particolare periodo, e l’ h-index, basato sul numero assoluto delle loro pubblicazioni e citazioni ricevute.

Qui nascono delle domande: ma veramente nessuno sa come vengono prodotte tante pubblicazioni e come queste vengono citate? Nessuno ha mai visto i responsabili di ricerca mettere il proprio nome sugli articoli dei dottorandi o dottorati che lavorano con lui? Nessuno mai ha sentito di gruppi di ricercatori che si citano a vicenda per aumentare il proprio rating?

ORGANIZZAZIONE DELLE SCUOLE

Ma andiamo oltre. La nuova formula organizzativa parla della costituzione delle Scuole di Dottorato. Le scuole, tralasciando i vari organi interni, si vanno a sostituire alle vecchie Scuole ed ai corsi di Dottorato, che vengono rimescolati sia per “affinità” di aree di aree disciplinari che per convenienze economiche e politiche, peso dei baroni e altri parametri non difficili da immaginare. Se questa poteva essere l’occasione per affermare o sperimentare nuovi ambiti di ricerca interdisciplinari, di certo non è stata sfruttata.

Tra i vari compiti delle nuove Scuole c’è quello di organizzare “la procedura di ammissione garantendo l’apertura e la qualificazione della selezione… Contestualmente alla richiesta di emanazione del bando di concorso, la Scuola propone al Senato per ciascuna sezione concorsuale le modalità dell’esame di ammissione tra le seguenti:

* prova scritta, prova orale e titoli relativi alla carriera universitaria pregressa

*
prova scritta, prova orale e titoli universitari e scientifici

* titoli e prova orale

* solo titoli…”

Quindi, anche nelle nuove scuole si utilizza il feticcio del concorso pubblico per l’accesso, anche se questi sono stati ormai smascherati. Uno specchietto per le allodole che, a differenza dei concorsi per ricercatore, a cui solitamente nemmeno si partecipa se non si hanno le dovute raccomandazioni, vede la partecipazione di moltissimi candidati. Il “farsi chiamare” un concorso da parte di qualche professore è cosa ormai nota! Il nome dei vincitori è conosciuto anche mesi prima della pubblicazione del bando.

Inoltre, le scuole devono valorizzare “lo sviluppo dei collegamenti con imprese ed enti, anche al fine di organizzare stage e tirocini”. Ci chiediamo: questi verranno pagati con un’aggiunta di stipendio? Saranno a carico dell’università o delle aziende? Ovviamente la risposta è nota: come per gli stage e i tirocini durante i corsi di laurea, lo stipendio è a carico dello stagista o tirocinante…

Un ultimo punto è quello delle prove di verifica annuali obbligatorie. Queste prove servono a valutare se il dottorando è meritevole di accedere a reddito per l’anno successivo oppure se dovrà interrompere prematuramente i rapporti con l’università. I parametri di giudizio ovviamente sono a discrezione della commissione…


DAI TAGLI ALLE BORSE AL LAVORO GRATUITO: STUDENTI O RICERCATORI?

Dai tagli alle borse di dottorato sono chiare due intenzioni: da un lato la decisione di incidere maggiormente sull’accesso differenziale ai più alti livelli della formazione, dall’altro spingere i dipartimenti a procacciare fondi al di fuori dell’ateneo.

Il primo punto permetterà l’accesso alla formazione post-laurea non più attraverso dottorati di ricerca, pagati, bensì attraverso master, a pagamento. Il secondo va a rafforzare il controllo sulla ricerca da parte dei docenti in grado di ottenere finanziamenti esterni, tentando di indebolire la forza contrattuale dei singoli studenti in ricerca di un dottorato.

Ma al ridicolo non c’è limite! L’introduzione dei contratti gratuiti per gli incarichi didattici, possibilità introdotta dal ministero e applicata in modo perverso a Pisa, prevede la possibilità che questi vengano affidati anche ai dottorandi. Ecco qua che il lavoro gratuito svolto dai dottorandi emerge finalmente dall’oscurità.

Quest’ultima splendida invenzione del magnifico Pasquali viene addirittura consacrata dalle ultime dichiarazioni della Gelmini. Parlando dell’eccesso di corsi e docenze nell’Università italiana (vedi editoriale Uniriot ) si lascia intendere la possibilità di affidamento dei corsi a personale non strutturato, non escludendo i dottorandi.

Giunti al punto in cui il lavoro gratuito degli studenti è divenuta prassi accettata anche dai lavoratori precari della ricerca, ecco che questa dinamica viene estesa anche ai livelli più alti della formazione.

Su questo sfondo la figura del dottorando rimane ambigua, tra lo studente di alto livello e il ricercatore “in erba”, così da essere un jolly per tutte le esigenze: è uno studente è un ricercatore quando deve pubblicare o viene considerato già in grado di svolgere attività didattica fondamentale. La figura del dottorando in un dipartimento è ancor più centrale dal punto di vista economico quando l’assegnazione dei posti per ogni programma di dottorato viene calcolata anche in base al numero di pubblicazione dei dottorandi già presenti. Sul lavoro dei dottorandi insomma si basa una grossa fetta dei finanziamenti futuri dei dipartimenti.
quando non ha gli stessi contributi previdenziali di un lavoratore a contratto e quindi non può godere dell’assegno di disoccupazione e della maternità e quando non può interferire con le scelte degli indirizzi di ricerca;

VIE DI FUGA

Proviamo ora a fare un salto in avanti, non salvaguardando niente del vecchio modello feudo-aziendale dell’accademia universitaria italiana. Proviamo a dare uno sguardo all’estero, ma non per importare retoricamente un intero modello che qua non funzionerebbe, bensì per attingere da ciò che funziona.

*
Primo: Stop ai concorsi. Libera contrattazione tra precari e atenei. Ogni aspirante dottorando proponga i sui progetti. Se interessano, sarà l’ateneo a pagare…e caro! Così, se da un lato si supera l’ideologia garantista che sta dietro al concorso pubblico, dall’altro si rafforza il potere della cooperazione tra precari, sia in termini organizzativi sia in termini di produzione della ricerca.

*
Secondo: Libero accesso a fondi di ricerca (ampi, non briciole! A costo di sacrificare qualche ordinario pacificamente pensionabile!) per progetti di ricerca autonoma e autoformazione dei dottorandi, in cooperazione con studenti e assegnisti. Oltre a rinforzare la rottura dei vincoli con il baronato, ciò permette di superare il frazionamento della ricerca, avvantaggiando la multidisciplinarietà e rafforzando la commistione tra ricerca e autoformazione.

*
Terzo: Accesso alle pubblicazioni. Che la valutazione del merito venga calcolata sul quantitativo delle pubblicazioni nell’editoria scientifica open-source, con tutela non commerciale delle pubblicazioni (GPL/Creative commons)! Libero accesso alle pubblicazioni sia in entrata, con la pubblicazione dei prodotti di ricerca autonoma e autoformazione valutate tra pari (gruppi di ricerca autonoma, laboratori di autoformazione), sia in uscita, con libero accesso e circolazione del sapere autonomamente prodotto. Potenziamento di strumenti come l’archivio arxiv.org o analoghi. Nessuna commissione potrà giudicare l’eccedenza dei dottorandi. Saranno quest’ultimi a scavalcare le commissioni con le pubblicazioni frutto della cooperazione tra precari.

* Quarto: dichiarazione di incompatibilità tra soggetti in formazione (assegnisti, dottorandi, specializzandi, etc) con incarichi didattici. L’incompatibilità con la didattica accademica deve essere totale! La costruzione di laboratori di autoformazione e ricerca autonoma, finanziati e retribuiti, permetteranno di superare sia il vincolo con il baronetto di turno, sia la decrepita didattica delle università italiane.

L’arroganza delle istituzioni universitarie ha un limite: la furbizia dei precari!


(*)i corsivi sono citazioni del discorso della prorettrice alla ricerca in senato accademico.


KNOW WORK PROJECT-Coordinamento dei collettivi in viaggio
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