Processo ai rivoltosi di Corelli – parte 1.

Si è chiuso oggi, con la sentenza di primo grado, il processo ai ribelli del Cie di Corelli, arrestati la notte del 13 agosto dopo le proteste che fecero
seguito all’entrata in vigore del pacchetto sicurezza.
A fronte delle pesanti richieste di condanna avanzate dal p.m. (per tutti/e
pene dai due anni ai due anni e mezzo, con una sola assoluzione) il
giudice, dopo ben sei udienze, ha deciso di suffragare la tesi della
colpevolezza sostenuta dalla polizia e dalla croce rossa, condannando
tutti/e, ma con pene di molto inferiori, che vanno dai sei ai nove mesi,
senza in ogni caso concedere a nessuno la sospensione della pena.
 
Avrà inoltre seguito la vicenda “specifica” di Joy, emersa con
nettezza durante il processo.
Da una parte è certo che verrà denunciata per calunnia nei confronti di
Vittorio Addesso, l’ispettore-capo di polizia che ha esercitato violenze
sessuali su di lei; dall’altra è altrettanto certa la denuncia di Joy
nei confronti di Addesso.
 
In altre parole: il processo Corelli continua.
In sintesi possiamo dire che l’esito del processo non fa che confermare
il carattere “partigiano” della giustizia borghese, come sempre
incapace di contraddire le scelte del potere politico e dei suoi apparati
repressivi, decidendo quindi di colpire comunque, nonostante nel corso del
processo siano emerse palesi contraddizioni nell’impianto accusatorio,
sia in merito ai fatti accaduti, sia in merito all’identificazione dei
presunti responsabili.
L’unico elemento politicamente positivo e significativo è stata la
concessione a tutti/e delle attenuanti generiche, cosa che spiega il forte
ridimensionamento dell’entità delle condanne rispetto alle richieste del
p.m.
 
In attesa che il giudice depositi le motivazioni della sentenza è
lecito pensare che tali attenuanti siano esattamente legate al contesto in
cui tali “reati” sarebbero avvenuti (la natura dei CIE e del loro
funzionamento), riconoscendo implicitamente come il carattere politico che
i detenuti, insieme con gli antirazzisti intervenuti a loro sostegno, hanno
cercato di imprimere al processo, abbia comunque ottenuto un risultato
importante, per quanto insoddisfacente di fronte alla repressione che,
anche questa volta, l’ha fatta franca.
Resta il fatto che le lotte nei CIE continuano (e continueranno) come
dimostrano gli scioperi proclamati nei CIE di Gradisca e Milano, proprio in
solidarietà con gli immigrati processati oggi.
 
Resta quindi il fatto che è necessario e doveroso rilanciare l’impegno
per la loro chiusura definitiva e, con essa, l’abbattimento definitivo di
ogni legge razziale.
Come comitato antirazzista ci faremo carico di indire a breve
un’assemblea pubblica, con la presenza degli avvocati che hanno condotto
la battaglia difensiva, per sviluppare un bilancio politico pubblico e
collettivo del processo e soprattutto per decidere il rilancio di una
lotta imprescindibile per le libertà di tutti/e.
 
Comitato Antirazzista Milanese
Milano 13.10.2009
 
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