Cerimonia e protesta: Onda verde in piazza a Teheran.

Migliaia di manifestanti dell’Onda
verde sono tornati quest’oggi in strada, approfittando della giornata
di celebrazioni dell’assalto all’ambasciata Usa del 4 novembre 1989,
nonostante il divieto imposto dal governo. Dentro questa cornice di
cerimonia di Stato, come i manifestanti hanno puntualmente fatto in
ogni occasione utile (vedi giornata Qods Jerusalem Day o anniversario
rivolta studentesca del 1999), si è inserita la protesta dell’Onda
verde, travalicando l’esaurita contestazione dei risultati elettorali,
sospinta da desideri di cambiamento che, nel dinamismo e nella
complessità della società iraniana, hanno trovato espressione nelle
proteste del post-elezioni. I giovani ancora protagonisti: almeno 2mila
studenti hanno sfidato questa mattina gli agenti in assetto
anti-sommossa fuori dall’università di Teheran.
I
manifestanti, mentre continuavano a radunarsi in piazza Haft Tir, con
l’intenzione di scendere verso l’ex ambasciata statunitense, dove si
stava tenendo un comizio organizzato dalle autorità, sono stati
attaccati dagli agenti, in divisa e in borghese, così come dalle
milizie Basiji. La polizia ha sparato lacrimogeni per disperdere la
folla, caricando manganelli in mano ed effettuando diversi arresti.
Sembrerebbe che siano stati esplosi anche colpi di arma da fuoco,
ferendo alcune persone. Ciò non è comunque servito a far rientrare la
protesta: i manifestanti dell’Onda verde sono infatti poi tornati a
riunirsi a notevole distanza da piazza Haft Tir, sulla via Motaharri,
mentre nelle vie adiacenti e lungo l’autostrada urbana Modarres molti
automobilisti hanno iniziato a suonare il clacson in segno di
solidarietà.

La
giornata del 4 novembre ricopre non poca importanza storica e simbolica
per il regime iraniano, ogni anno ricordato e celebrato dalle autorità:
il 4 novembre del 1989, dopo l’ascesa della rivoluzione khomeinista, un
commando di circa 400 studenti fece irruzione nell’ambasciata Usa,
prendendo in ostaggio 52 diplomatici. Il sequestro durò 444 giorni,
godette dell’esplicito appoggio dell’ayatollah Khomeini, che seppe
giocarsi politicamente poi questa carta con il governo americano:
dinnanzi alla precipitosa fuga del deposto scià Pahlevi, che trovò
riparo e rifugio dal "suo padrone" statunitense, l’Iran prima chiese
l’estradizione dell’ex monarca, facendo leva sulla forza politica
acquistata con il nuovo assetto di potere rivoluzionario, ottenenendo
poi, con gli accordi di Algeri del 19 gennaio 1981, l’impegno di non
interferenza americana negli affari interni dell’Iran.

 tratto da www.infoaut.org

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