La morte di Francisco Ferrer e i moti anticlericali. L’attualità di un pensiero dopo cent’anni.

Galleria Foto. Allacciandoci a due distinti avvenimenti che riportano all’ordine del giorno la questione della laicità dello Stato e la libertà di critica alla Chiesa e al concetto di religione, ci preme, come redazione, pubblicare un interessante intervento di Franco Bertolucci (Biblioteca Franco Serantini) in merito all’educatore
anarchico e anticlericale Francisco Ferrer, nato nel 1859 e fucilato il 13 ottobre 1909 con la falsa accusa di essere stato a capo di un insurrezione popolare che sconvolse la città di Barcellona. In realtà i motivi che condussero il Tribunale di guerra di Barcellona alla decisione di condannare a morte Ferrer risiedevano nelle forti e diffuse pregiudiziali politiche e morali, alimentate dai settori più conservatori del mondo cattolico di allora, che vedevano nell’educatore catalano il "prototipo" del più accanito anticlericale, massone e libero pensatore. Inoltre, Ferrer era osteggiato perché all’inizio del secolo XX aveva creato un sistema alternativo di Scuole moderne e razionaliste che si contrapponevano ai modelli educativi cattolici che allora avevano una indiscussa egemonia sul sistema scolastico iberico.
 
Ferrer
è importante anche per la storia della nostra città e leggendo l’appronfondimento capirete subito il perchè.
Il centenario della morte di Ferrer è passato da meno di un mese, ma alcuni aspetti della sua storia sono seriamente attuali.
Il nostro riferimento va alla recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che su istanza presentata da una cittadina italiana ha dichiarato che la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche è "una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e della libertà di religione degli alunni" .
 
Durissime le reazioni dal Vaticano e del centro destra, nonché del centro e del centro sinistra.
Tutta la politica di Palazzo si è dimostrata prona al soglio pontificio.
Altra vicenda, a cui accennavamo sopra,
riguarda invece l’iniziativa che hanno preso i membri dell’UAAR (Unione Atei, Agnostici e Razionalisti) in merito alla “pubblicità atea”, finalmente sbarcata anche a Pisa, ma non senza una spiacevole sorpresa.
 
La sorpresa è stata che il cartellone pubblicitario raffigurante Galileo accanto alla dichiarazione: "Preferisco ragionare anziché credere: ecco perchè sono ateo!" è stato sì affisso, ma non nel posto dove era stato richiesto dall’associazione, dopo il dovuto pagamento, bensì, proprio in un punto della strada dove un’albero nasconde la frase ai passanti.
Insomma i moti rivoluzionari e le sommosse anticlericali sono solo un ricordo, che è bene tener vivo, mentre l’oscurantismo clericale continua ancora oggi ad essere una realtà imperante.
 
Le foto inviateci dalla BFS raffigurano alcune delle varie lapidi omaggio a Ferrer che potete trovare in giro per la Toscana.
La foto del cartellone dell’UAAR è tratta invece da Pisanotizie.
La redazione di Aut-Aut.
 
CONTRO LA CHIESA E LA SPAGNA MONARCHICA

UNO SCIOPERO GENERALE A PISA NELL’OTTOBRE 1909

“Chiuso per lutto mondiale”

Alla fine di luglio del 1909, a Barcellona, un’insurrezione popolare spontanea di protesta contro l’invio da parte del governo spagnolo di truppe di riservisti in Marocco per reprimere le sommosse dei mori, sfocia in quella che poi sarà ricordata come la “Semana tragica”. Il popolo padrone della piazza per alcuni giorni scatena la propria rabbia contro le autorità ecclesiastiche ritenute complici della politica colonialistica del governo.

 
Decine di chiese e di conventi vengono dati alle fiamme, numerosi religiosi sono uccisi. Il Governatore della Catalogna, Juan de La Cierva, risponde con una durissima repressione: molti operai insorti sono fucilati nelle strade e più di un migliaio vengono arrestati. Si cerca un capro espiatorio su cui far ricadere la responsabilità dell’insurrezione e lo si trova nel militante libertario Francisco Ferrer y Guardia che viene tradotto in carcere con accuse pesantissime alla fine di agosto, un mese dopo gli avvenimenti della “Semana tragica”.

Ferrer è un anarchico, libero pensatore e massone, nato in una cittadina della Catalogna (Allela) nel 1859, promotore di un’importante rete di Scuole moderne e razionaliste che si contrappongono in Spagna al sistema educativo dominante egemonizzato dalla Chiesa Cattolica. Per questo motivo l’educatore catalano viene più volte perseguitato e arrestato e le sue scuole chiuse.

In tutta Europa le testimonianze sui fatti di Barcellona destano indignazione e a Parigi si costituisce un “Comitato di difesa delle Vittime della repressione spagnola” che ben presto, dopo la notizia del nuovo arresto di Ferrer, viene emulato in centinaia di altre città. Anche in Toscana l’eco degli avvenimenti spagnoli colpisce il vivace mondo della sinistra, già mobilitato per le numerose iniziative anticlericali e in fermento per la notizia che alla fine di ottobre l’“odiato despota” della Russia, lo Zar Nicola II, verrà a far visita a Vittorio Emanuele III.
 
Le iniziative per Ferrer, ma anche la preparazione di uno sciopero generale contro la visita dello Zar, partono quasi contemporaneamente in tutte le principali città e province della regione: il 22 settembre a Firenze su iniziativa dell’“Unione Libertaria Fiorentina” viene costituito un Comitato pro Ferrer e vittime della reazione Spagnola.

In un clima da “fronte unico”, lasciate da parte differenze e polemiche, nasce e si sviluppa una grande campagna a favore dell’educatore catalano che trova il consenso e la partecipazione oltre che delle sezioni della Federazione dei liberi pensatori, di tutto il movimento anarchico, dei repubblicani, dei socialisti, dei massoni e finanche dei liberali progressisti.

Le autorità, impressionate dalla crescita delle iniziative, cercano di contenere la protesta vietando manifestazioni e comizi, come nel caso di Pisa dove l’Associazione Razionalista è costretta a convocare una prima grande manifestazione per il 10 ottobre in un teatro al chiuso. A questo appuntamento prendono parte tutti i principali esponenti dell’anarchismo toscano e delle altre forze della sinistra: sono presenti oltre al decano Faustino Sighieri, padre del deputato repubblicano Ettore, Pasquale e Zelmira Binazzi, Paolo Schicchi, Roberto ed Eugenia D’Angiò, Francesco Saverio Merlino e per i pisani Pompeo Barbieri, Priscilla Poggi e Virgilio S. Mazzoni.
 
Gli oratori parlano di fronte ad una folla che riempie fino all’inverosimile il teatro Redini, situato in una strada che oggi porta il nome di Pietro Gori ma che fino all’avvento del fascismo è stata via Francisco Ferrer. Il pubblico staziona anche nelle strade adiacenti e alla fine viene approvato un lungo documento dove, oltre alla condanna del governo spagnolo e dei gesuiti ritenuti gli ispiratori della repressione che ha colpito il movimento anarchico e Ferrer, si invita al boicottaggio delle merci spagnole e a indire uno sciopero generale contro la venuta dello Zar.

Per oltre una settimana le cronache delle agitazioni “pro Ferrer – nate contro il governo spagnolo e sfociate in quello che può considerarsi l’unico caso di sciopero politico soprattutto contro la Chiesa cattolica nella lunga storia del movimento operaio italiano e internazionale – occupano le prime pagine di tutti i maggiori quotidiani nazionali. «Il Corriere della sera» per diversi giorni dedica ampio spazio alle notizie dalla Spagna e alle proteste che in tutto il mondo si sviluppano contro la condanna a morte dell’educatore catalano.

Il 12 e il 13 ottobre «Il Corriere della sera» e «La Nazione» aprono i propri giornali con questi titoli: “Comizi, tumulti e proclamazione di sciopero per la temuta esecuzione di Ferrer”, “Giornata di comizii per Ferrer” con accanto l’ultima notizia arrivata “Ferrer perduto?”, seguono la cronaca del grande comizio del 12 ottobre di Roma e i primi resoconti delle proteste in tutta Italia, Trieste e Trento comprese. Il giorno seguente alla notizia ormai certa dell’avvenuta esecuzione «Il Corriere della sera», come molti altri quotidiani nazionali, assomiglia ad un “bollettino di guerra”: da Roma a Milano, da Napoli a Torino, da Genova a Firenze e da tutte le capitali europee giungono notizie di manifestazioni, scioperi e scontri.
 
“Scene selvagge a Parigi, le barricate sui Boulevards” così titola il quotidiano milanese le cronache che giungono dalla capitale francese e possiamo immaginare quali suggestioni e passioni “rivoluzionarie” possa aver richiamato nei lavoratori e nei militanti della sinistra quel titolo. Così dai racconti delle strade di Parigi percorse da “folle inferocite” e dai duri scontri con le forze dell’ordine che causano diverse centinaia di feriti, oltre la morte di un poliziotto, le pagine dei giornali traboccano di notizie sulle agitazioni popolari che dilagano in tutto il Continente.

Pisa città “dannata”

A Pisa appena la notizia della fucilazione di Ferrer si diffonde nel tardo pomeriggio del 13 ottobre, i gruppi anarchici si riuniscono e organizzano una manifestazione non autorizzata di alcune centinaia di lavoratori che impone la chiusura dei negozi e si dirige verso l’arcivescovado al grido di “abbasso i preti, abbasso [la] Spagna e [i] gesuiti”. In piazza Garibaldi, parla Paolo Schicchi; Mazzoni invece pronuncia un breve discorso nella sede dell’“Associazione Razionalista”. La mattina del 14 ottobre, Pisa deve sembrare una città in stato d’assedio, con drappelli di cavalleggeri che percorrono la città da nord a sud, da est a ovest.

 
Mani “ignote” hanno nella notte affisso manifesti sui negozi con la scritta “chiuso per lutto mondiale”. Sul ponte di mezzo e sul palazzo comunale vengono issate le bandiere a lutto. A metà mattinata gruppi di operai e di “fabbrichine” iniziano a dirigersi dalla periferia verso il centro della città, in piazza S. Caterina, dove le associazioni anticlericali e i gruppi anarchici e socialisti hanno indetto il comizio per le ore 11. Tutte le fabbriche, i negozi e le scuole sono chiuse, e intorno alla statua di Leopoldo ii, granduca di Toscana, si raccolgono oltre seimila persone a sentire la voce di Paolo Schicchi e del socialista riformista Adolfo Zerboglio. Già nella mattinata alcuni operai e giovani hanno tentato di dar fuoco ai battenti della Chiesa di San Michele. Stessa sorte tocca alla Chiesa di Santa Marta e alla Chiesa del Carmine.
 
Nel quartiere di San Michele degli Scalzi un gruppo di persone riesce a entrare e a distruggere insegne sacre della chiesa di Santa Croce. Gli incidenti tra i dimostranti e le truppe fatte giungere in città in tutta fretta continuano per tutto il pomeriggio. Alla chiesa di San Paolo in Ripa d’Arno viene dato fuoco a un portone laterale e i pompieri accorsi impiegano diverso tempo prima di avere ragione delle fiamme. Molti sacerdoti che sono intercettati dalla folla ormai padrona della città sono malmenati e a stento la forza pubblica riesce a trarli in salvo. Gli studenti si riuniscono nel pomeriggio nel cortile del Palazzo della Sapienza ad ascoltare la voce dei professori Alfredo Pozzolini e Adolfo Zerboglio.
 
A conclusione della manifestazione un gruppo di studenti si reca in Comune a domandare che via S. Maria venga intitolata al “martire vittima dei gesuiti”. L’ordine degli avvocati riunito in assemblea straordinaria invia un telegramma di condanna dell’operato del governo spagnolo all’ambasciata di Roma. I preti di ogni ordine e grado per girare in città devono essere scortati da drappelli di guardie e di soldati. A Pisa ancora il 17 ottobre si verificano incidenti tra dimostranti e forza pubblica. Un gruppo di studenti riunito in piazza dei Cavalieri di fronte al “Tempio dei Cavalieri” in attesa dell’arrivo del Cardinal Maffi, che doveva inaugurare il Congresso siciliano di musica sacra, viene caricato dalla polizia per aver fischiato i prelati.
 
In particolare dopo che uno dei monsignori ebbe “l’infelice idea di far le corna alla folla e d’inveire contro i dimostranti” scatena la reazione degli studenti che dirigendosi verso l’Arcivescovado si lasciano andare ad atti di vandalismo finché non sono dispersi dalle forze dell’ordine. Pisa per le gerarchie della Chiesa è e rimane una città “dannata”. Anche a Pontedera come a Cascina, sempre in provincia di Pisa, viene proclamato lo sciopero generale con la chiusura delle botteghe, manifestazioni e comizi di protesta, mentre a Piombino lo sciopero e la manifestazione si concludono con alcuni scontri con la forza pubblica. A Volterra il 20 ottobre si tiene un comizio cui prendono parte il solito onnipresente e infaticabile Virgilio S. Mazzoni per gli anarchici e diversi oratori per le altre forze politiche, di fronte ad un folto pubblico di astanti.

Nei giorni seguenti al 16 e 17 ottobre, mentre in tutta Italia la situazione ritorna alla normalità e le proteste si affievoliscono, il governo Giolitti si prepara ad accogliere lo Zar Nicola ii, imperatore di Russia, in visita a Vittorio Emanuele iii, in un clima di forte preoccupazione per il timore di proteste e scioperi, per altro già annunciati dal psi e dalle altre forze popolari. La visita dello Zar è breve e blindata da un eccezionale schieramento di forze armate e di polizia e avviene nella tenuta reale di Racconigi in Piemonte.
I giornali nel frattempo registrano il numero dei manifestanti arrestati – trecento soltanto a Roma – dei feriti e dei danni causati dagli “atti vandalici”. «Il Corriere della sera» “biasima” gli “eccessi della folla” e registra il ritorno della “piazza” alla normalità.

Lo sciopero per Ferrer è stato un moto spontaneo di piazza, non c’è stata direzione, ogni Camera del lavoro lo ha indetto autonomamente, i comizi hanno trovato tutte le varie parti politiche concordi e disponibili, i cortei hanno percorso le vie delle città trasportati da un impeto di indignazione e “rabbia civile”, gli eccessi, le violenze sia da parte dei manifestanti che da parte delle forze dell’ordine sono state un corollario inevitabile.


Il ricordo di Ferrer a Pisa e in Toscana

La storia di Ferrer diventa, così, il simbolo della battaglia anticlericale e come tale viene in più occasioni richiamata. L’immagine del martire del libero pensiero che sacrifica la propria vita per un’idea di libertà e progresso attraversa le “comunità sovversive e popolari” di ogni città, paese e sobborgo più sperduto della Toscana. Già dalle prime settimane seguenti la fucilazione, dopo lo sciopero e i tumulti di protesta, le associazioni popolari si fanno promotrici di progetti per monumenti e lapidi a “ricordo imperituro” dell’educatore libertario.

 
Nel primo anniversario del martirio in tutta la regione riprendono le iniziative per onorare la memoria di Ferrer, con l’inaugurazione di lapidi, monumenti e strade. Una delle prima amministrazioni comunali a recepire la proposta di intitolare una strada a Ferrer era stata quella di Firenze, che subito dopo la morte del militante libertario, aveva trasformato via dell’Arcivescovado in “Via Francesco Ferrer”. Anche Sesto Fiorentino aveva tempestivamente sostituito il nome della piazza della Chiesa con quello del “martire”. E sempre a Firenze era stato inaugurato nel dicembre del 1909 presso la cdl di Firenze un busto. A Piombino, nel mese di luglio del 1910, viene inaugurata una lapide per evocare Ferrer e nell’occasione viene presentato anche il nuovo “Fascio Razionalista Piombinese”. Nella stessa cittadina nel mese di ottobre la Camera del lavoro organizza una grande manifestazione cui partecipano migliaia di operai.
 
A Pisa il 13 ottobre 1910, giorno feriale, “tutta la città presentava fino dal mattino l’aspetto della giornata festiva; industriali e commercianti” hanno “aderito all’invito del comitato di chiudere i loro opifici ed esercizi”. La composizione del corteo è studiata attentamente dagli organizzatori per sottolineare la solennità dell’evento. Oltre cinquanta associazioni sono presenti e la manifestazione è aperta dallo spezzone dell’Associazione Razionalista seguito da “i piccini e le bambine della ‘Scuola Moderna antidogmatica pisana’ accompagnati e fiancheggiati dai loro genitori e congiunti, e dai compagni insegnanti d’ambo i sessi”. Il corteo straripante che riempie ogni strada del quartiere di S. Martino, giunto in via S. Giovannino di fronte al teatro Redini, si ferma e dopo un breve discorso di Virgilio S. Mazzoni viene scoperta la lapide con l’epigrafe dettata da Pietro Gori (1865-1911) in ricordo di Ferrer dello scultore pisano Francesco Morelli:

Educare a le verità storiche
de la regione e de la scienza
fu il delitto capitale
di Francisco Ferrer
nel cospetto di coloro
che in nome di dio e del re
lo vollero morto.
Ma la sua ultima voce
coperse il fragor de’ fucili
destò gli echi del mondo
e sommosse l’anima,
o forte Spagna giovane,
del popolo tuo cavaliere.

I razionalisti e i liberi pensatori pisani
ne l’anniversairo del sacrificio
XIII ottobre MCMX
Q.M.P.

Alla ripresa del corteo “i vessilliferi di tutti i sodalizi seguiti da tutto il popolo passarono abbassando i loro labari dinanzi al ricordo marmoreo del martire e deponendovi le corone votive”. Dopo un lungo percorso per via S. Martino, ponte di Mezzo e lungarno Mediceo la manifestazione si conclude in piazza S. Silvestro dove parlano per gli anarchici Gino Del Guasta e per i socialisti Francesco Saverio Merlino. Il giornalista de «L’Avvenire anarchico» chiude la propria cronaca con le seguenti parole: "Nessun incidente, salvo un molto espressivo unanime rovesciamento di bandiere dinanzi al viceconsolato Argentino, al Palazzo del deputato dei clerico-moderati pisani G.B. Queirolo ed alla chiesa di S. Matteo, l’unica incontrata lungo il percorso". La lapide inaugurata nel 1910 a Pisa venne poi rimossa e distrutta dai fascisti negli anni Venti.

Una coda delle manifestazioni commemorative in Toscana nell’ottobre 1910 rimane a Santa Croce sull’Arno ed è anche una testimonianza delle tensioni sociali esistenti all’epoca tra il mondo laico e “sovversivo” e il mondo cattolico. Nella cittadina sulle rive dell’Arno, dopo che Francesco Saverio Merlino ha tenuto una conferenza commemorativa “pro Ferrer” il 13 ottobre, il 19 gli anarchici organizzano uno sciopero generale contro una processione religiosa. Le autorità preoccupate per il rischio di incidenti fanno accorrere in città il 3° Battaglione del 29° Reggimento di Fanteria seguito da 150 carabinieri e 70 poliziotti. “Lo sciopero proseguì ordinatissimo fino al termine delle feste religiose, e fu così completo, che il paese rimase al buio essendo stata lasciata inoperosa persino l’officina elettrica”, così concludeva “Doctor Mefisto”, alias Virgilio S. Mazzoni, il suo articolo su «L’Avvenire anarchico» dal titolo altisonante La guerra a S.ta Croce sull’Arno.

Negli anni seguenti il ricordo di Ferrer diventa parte del rituale laico della cultura sovversiva di tutta la Toscana. La persistenza e il radicamento del “mito” dell’educatore, anche dopo diversi anni, nelle classi subalterne toscane, sono testimoniati paradossalmente anche dalla perseveranza con cui i fascisti al potere, dopo il 1922, si affrettano, abbandonando il loro primitivo anticlericalismo, a rimuovere e tempestivamente distruggere ogni monumento o lapide in suo ricordo. Per il fascismo Ferrer è il rappresentante di quel mondo “sovversivo” ormai equiparato in toto al “bolscevismo”, estraneo alla tradizione “nazionale e cristiana” dell’Italia e, dunque, da “estirpare” dal territorio nazionale.

Nel secondo dopoguerra in alcune città come Santa Croce sull’Arno e Piombino vengono nuovamente intitolate le strade mentre a Rosignano Marittimo, Campiglia Marittima e Carrara vengono ricollocati i monumenti e le lapidi rimossi precedentemente. A Monterotondo Marittimo, in provincia di Grosseto, nell’atrio del palazzo comunale accanto alle lapidi ricollocate subito dopo la fine della guerra, che ricordano il filosofo Giordano Bruno e il passaggio di Pietro Gori, avvenuto il 5 ottobre 1901, fa bella mostra di se un marmo con inciso il seguente messaggio: “I lavoratori di questa terra / vollero ricordato / FRANCISCO FERRER / nato il 13 gennaio 1859 / ucciso il 13 ottobre 1909 / dalla implacabilità del dogma /. Egli sognava / una bontà semplice e un’armonia sociale / e le consacrò coi fatti / nelle prime e nelle ultime ore. Alla lapide di Monterotondo Marittimo segue quella di Montecatini Val di Cecina, in provincia di Pisa, ricollocata l’8 settembre 1947 insieme, ovviamente, a quella a Giordano Bruno. L’iniziativa che coinvolge l’intera comunità, le autorità parlano di circa millecinquecento cittadini presenti, è l’occasione anche per inaugurare le bandiere delle sezioni comunista, socialista e del gruppo femminile comunista, al comizio finale per gli anarchici parla l’individualista Enzo Martucci.

A Roccatederighi, paesino di minatori della Maremma grossetana e frazione di Roccastrada popolata da qualche centinaio di “anime”, nell’estate del 1948 è ricollocato il busto di Ferrer scolpito dallo scultore grossetano Ivo Pacini. La cerimonia d’inaugurazione è semplice ma carica di significati, l’oratore della giornata, Riccardo Sacconi, – militante della vecchia guardia assai conosciuto in tutta la Maremma per aver guidato per tanti anni la cdl di Piombino – di fronte al popolo di Roccatederighi e al locale gruppo anarchico, riconsegna alla comunità il monumento che ancora oggi fa bella mostra di se all’ingresso della vecchia porta medievale della rocca castellana a ricordo di un uomo che è stato per le classi subalterne di tutto il mondo il simbolo delle aspirazioni alla libertà e alla giustizia sociale.

Il monumento inaugurato la prima volta il 14 settembre del 1914 per iniziativa di un comitato popolare e del locale gruppo anarchico, grazie ad una pubblica sottoscrizione. , venne danneggiato dai fascisti nel 1924 e allora mani “anonime” lo salvarono e lo nascosero per più di vent’anni negli scantinati della scuola elementare.

L’ultimo ricordo di Ferrer viene posto a Volterra il 13 ottobre 1969 sulla facciata del Palazzo Fattorini – vicino alla piazza monumentale dei Priori prospiciente il palazzo vescovile – vicino alla targa di bronzo raffigurante il filosofo Giordano Bruno. L’inaugurazione della targa è l’occasione per ribadire il legame antico fra la città di Volterra, ed in particolare la sua parte libertaria ed anticlericale, e il “martire” spagnolo. Infatti, la targa è la copia esatta di quella inaugurata nell’ottobre del 1910 in occasione del primo anniversario dell’esecuzione di Ferrer e distrutta successivamente negli anni Venti dalle squadracce fasciste.
 
All’iniziativa del gruppo anarchico “Germinal” di Volterra, aderirono tutte le forze popolari e antifasciste, dal pci al psi, dal psiup all’anppia fino alla rappresentanza dell’amministrazione comunale, a dimostrazione, ancora una volta, del carattere unitario che fin dall’inizio hanno avuto in Toscana tutte le manifestazioni “pro Ferrer”. Umberto Marzocchi, militante libertario della vecchia guardia, combattente in Spagna nella prima colonna dei volontari italiani accanto a Carlo Rosselli e Camillo Berneri, tenne, a nome degli anarchici, una lunga conferenza. Tra il folto pubblico lo stesso autore della targa, quel Guelfo Guelfi, che nonostante l’età avanzata volle testimoniare non solo la sua fedeltà agli ideali libertari ma anche la sua passione di artista.


Franco Bertolucci

Per chi ne volesse sapere di più può consultare il volume
CONTRO LA CHIESA, I moti pro Ferrer del 1909 in Italia, a cura di Maurizio ANTONIOLI in collaborazione con Jorge TORRE SANTOS e Andrea DILEMMI, Pisa, BFS edizioni, 2009.

Il volume comprende interventi di P. Gabriel e J. Avilés Farré sul caso Ferrer in Spagna, M. Antonioli per il caso Ferrer-Nakens del 1906, G. Aragno sulle proteste a Napoli, F. Bertolucci per la Toscana, A. Dilemmi per il Veneto, S. Fedele e N. Musarra per la Sicilia, R. Giulianelli per le Marche, A. Luparini per la Romagna, P. Juso per Roma, A. Mameli per La Spezia, E. Puglielli per l’Abruzzo, J. Torre Santos per Milano e M. Ortalli sulla posizione della Chiesa.
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