Con Pierpaolo Prandato salgono a 175* i detenuti morti da inizio anno, di cui 72 suicidi. Il decesso risale al 21 dicembre scorso, ma solo oggi se ne è avuta notizia, anche in questo caso per volontà della famiglia.
Per accertare le cause del decesso, il magistrato ha disposto l’autopsia.
Esame di cui si attendono gli esiti perché, per ora, il referto del medico legale sulle cause della morte parla di soffocamento da rigurgito di cibo, un’eventualità diffusa soprattutto tra i neonati e non tra gli adulti. Ci sono 60 giorni di tempo per depositare la perizia sull’autopsia, che è attesa anche dai parenti di Prandato.
Esame di cui si attendono gli esiti perché, per ora, il referto del medico legale sulle cause della morte parla di soffocamento da rigurgito di cibo, un’eventualità diffusa soprattutto tra i neonati e non tra gli adulti. Ci sono 60 giorni di tempo per depositare la perizia sull’autopsia, che è attesa anche dai parenti di Prandato.
I familiari, infatti, non si rassegnano ad una perdita così inaspettata. La sorella minore Maria Bertilla è l’unica che riesce a parlare. “Lo sentivo per telefono ogni settimana”, racconta, “avevamo deciso di andarlo a trovare a Natale, non avremmo mai immaginato una simile tragedia, anche perché sembrava aver recuperato, sia fisicamente che moralmente, se stesso”.
Pierpaolo Prandato da piccolo aveva avuto due crisi cardiache piuttosto gravi che l’avevano privato per alcuni secondi di ossigeno al cervello, minando in parte la sua salute mentale. Era caduto nell’alcool e nella droga, una discesa negli abissi che ha avuto l’apice il 7 maggio 2008 quando, in un solo giorno, a San Bonifacio è riuscito a commettere 12 tra reati e illeciti amministrativi, fra i quali molestie sessuali a una donna.
Al processo era stato giudicato non imputabile perché incapace di intendere e volere al momento dei fatti, e condannato a scontare 4 anni in un Ospedale Psichiatrico Giudiziario.
Da evidenziare che, dopo il caso di Stefano Cucchi – che ha sollevato l’indignazione dell’intero Paese – i parenti dei detenuti hanno preso coraggio e “denunciano” sistematicamente le morti dei loro congiunti.
Da evidenziare che, dopo il caso di Stefano Cucchi – che ha sollevato l’indignazione dell’intero Paese – i parenti dei detenuti hanno preso coraggio e “denunciano” sistematicamente le morti dei loro congiunti.
Questo ci ha consentito di documentare un numero di casi molto maggiore rispetto al passato, ma temiamo che una parte delle morti rimanga comunque “oscura”: ne è prova anche la recente ispezione dell’Associazione Antigone nel carcere di Sollicciano (FI), nel corso della quale una fonte interna all’Istituto ha riferito di ben 5 suicidi avvenuti dall’inizio dell’anno (mentre noi ne avevamo “censito” 3).
I 175 decessi (72 per suicidio) dei quali abbiamo una segnalazione, con ogni probabilità non sono la totalità dei “morti di carcere”: anche perché in nessuno di questi 175 casi la notizia è arrivata “spontaneamente” da parte dell’Amministrazione Penitenziaria (che invece – correttamente – dà conferma, o smentisce, una volta interpellata al riguardo).
* dei quali si ha notizia
OSSERVATORIO PERMANENTE SULLE MORTI IN CARCERE
Radicali Italiani, Associazione “Il Detenuto Ignoto”, Associazione
“Antigone”, Associazione “A Buon Diritto”, Redazione di “Radio
Carcere”, Redazione di “Ristretti Orizzonti”
“Antigone”, Associazione “A Buon Diritto”, Redazione di “Radio
Carcere”, Redazione di “Ristretti Orizzonti”