Chiapas, report dalla prima giornata del seminario internazionale di riflessione e analisi dell’Università Della Terra.

In occasione della pubblicazione del libro “Planeta tierra: movimientos antisistemicos”, che raccoglie gli atti del primo convegno tenutosi nel 2007 in memoria di Andres Aubry, è iniziato l’evento di quattro giorni promosso da varie organizzazioni aderenti alla Otra Campaña. Nella prima sessione di ieri pomeriggio si sono susseguiti gli interventi di Mercedes Olivera, Gustavo Esteva e Jérome Baschet. 
 
Il luogo adibito a questa “riflessione Collettiva” è il Cideci, o Università della Tierra Chiapas, centro di studi, di livello universitario, nel quale attraverso la tecnica pedagogica del libero apprendimento e dell’apprendistato membri delle comunità indigene del Chiapas possono avanzare nella loro formazione culturale ed intellettuale e creare un vero e proprio centro di studi indigenista. 
 
Sembra, fin dal primo momento in cui ci si affaccia nella sala, di essere davvero di fronte ad uno scambio fra culture e pensieri diversi. Infatti oltre a italiani, francesi e altri internazionali erano presenti vari membri delle comunità indigene, meticci e molti altri provenienti da tutta l’America. 
Come recita il titolo dell’incontro, l’occasione di questa iniziativa vuole essere uno spunto di riflessione e di confronto per tutti coloro che dal basso e nelle più diverse forme di lotta e resistenza combattono le ingiustizie provocate dall’attuale sistema neoliberista e dagli apparati istituzionali dello stato, che congiuntamente con il primo mantengono interi popoli in condizioni di gravissime ingiustizie. 
 
Essendo un incontro di riflessione e analisi possiamo pertanto trovare il primo intervento della femminista, ribelle e aderente alla Otra Campaña Mercedes Olivera. Attraverso una lettera scritta a Aubry nella seconda metà degli anni Novanta, la relatrice ha fornito un quadro interpretativo del carattere patriarcale del sistema politico ed economico attuale e di come questo si ripercuote nella lotta più grande per l’emancipazione e la giustizia del genere umano. Uno dei tratti salienti del suo intervento, corposo ed esaustivo, possiamo incontrarlo quando nella lettera chiede a Aubry di esprimersi in tema di ineguaglianza di genere e di sottomissione della donna nei più generali aspetti della vita quotidiana, tanto nel mondo urbano come in quello rurale, ma di far questo superando i pregiudizi ideologici sul femminismo, e per partire da un esempio concreto cita l’insegnamento delle donne zapatiste.
 
Considerevole è l’apporto delle donne zapatiste che dal novantaquattro ad oggi hanno sollevato la testa rendendosi soggetto partecipe in prima persona nel processo insurrezionale zapatista e essendo soggetto attivo nel progetto politico di questo. La stessa Mercedes Olivera sottolinea come nel 1994 le femministe provenienti da varie organizzazioni, per lo più dell’area urbana, avevano cercato di dare una lezione alle donne che vivevano condizioni di oppressione nelle comunità in resistenza del Chiapas, per poi rendersi conto che le loro categorie interpretative e i loro pretesi consigli non servivano, se non in un confronto e in una comprensione reciproca per l’emancipazione femminile nel contesto delle comunità zapatiste. 
Ed è nel nucleo centrale della lettera che si incontra uno dei primi importanti concetti dell’intervento di Olivera, ovvero, la necessità di vedere i vari fronti di lotta come interconnessi e non ingabbiare un processo di emancipazione umana in una teoria o in prescrizioni ortodosse ormai disutili. A fronte di tale affermazione si evince pertanto che il femminismo si inserisce in una lotta centrale per la creazione di altre relazioni umane e sociali, per la creazione di un altro modo di intendere e fare la politica antigerarchico e antiautoritario. Questi caratteri sono elementi centrali per l’abbattimento del sistema neoliberista e del suo braccio esecutivo, lo Stato. 
 
Si arriva così all’intervento appassionato, ma sobrio ed esplicativo, di Gustavo Esteva, intellettuale pubblico desprofesionalizado, come egli stesso si autodefinisce, membro fondatore e direttore dell’Università della Tierra di Oaxaca, altro stato meridionale del Messico. Nella sua brillante ricostruzione storica, ha passato in rassegna l’evoluzione degli ultimi trent’anni di politiche liberali e neoliberali, giungendo poi a delineare un quadro che collega i movimenti europei, della Francia e della Grecia degli ultimi anni, con i movimenti dell’America. In questo modo ha contribuito alla definizione di soggetto storico, individuabile in tutti i miserabili, gli sfruttati, le classi subalterne e i popoli della terra.
Una volta chiarito questo elemento, centrale per la comprensione della pluralità dei soggetti che interagiscono nel cammino del soggetto storico, ha cercato di rispondere, partendo da un’affermazione di Aubry, alla domanda sul perchè staremmo vincendo.
 
Gli esempi sono stati innumerevoli, uno fra tutti è quello che ha sottolineato come su diversi fronti il progetto neo-liberista stia fallendo, non solo per gli elementi di contraddizione interna come quelli che hanno portato all’esplosione della bolla finanziaria negli Stati Uniti, ma anche perchè le forme di resistenza dei lavoratori all’espansione del potere del capitale e alla conseguente riduzione dei salari, pongono un freno alla realizzazione del progetto neoliberista. Un esempio infatti sono le più di ottantamila mobilitazioni dei lavoratori cinesi contro le varie imprese che avevano pensato di trasferire la produzione in questo paese per aumentare a dismisura il guadagno derivante dai loro capitali. Questo ha di fatto bloccato uno dei progetti più grandi del neo-liberismo, ovvero trasferire i capitali a paesi come la Cina, per poter moltiplicare i guadagni. 
 
Accanto a questa analisi puntuale degli aspetti economici, storici e politici del quadro mondiale il Maestro Gustavo, così si rivolgeva a lui il moderatore, ha affrontato un altro aspetto fondamentale per la comprensione della lotta dal basso: il permanente stato di eccezione in cui agiscono il potere politico ed economico per mantenersi ed autoriprodursi. 
 
Tratta di questo, facendo una cronaca del dicembre 2009 in Grecia, quando ad un anno dall’assassinio di stato del giovane Alexis, la polizia ha sorvegliato la città di Atene con un elicottero per due giorni e due notti e ha occupato con i militari il centro della città. Mentre succedeva questo, il governo dichiarava che se era necessario avrebbe arrestato anche duemila persone. La domanda del relatore sorge spontanea: “Quale tipo di democrazia è questa?”.
E’ evidente che sempre più assume il ruolo di normalità quello che un tempo veniva definito stato di eccezione, ovvero la temporanea interruzione di alcune garanzie di diritto e libertà fondamentali. 
 
A partire da tale conclusione, emerge pertanto chiara la necessità di intraprendere una lotta politica che celebri il funerale di ciò che già non esiste più, ovvero, il vecchio stato di diritto che si è trasformato in un contenitore vuoto di leggi che sono solo parole scritte sulla carta. 
Questo spiega la necessità di intraprendere una lotta dal basso e di non rimanere legati a vecchie ideologie , peraltro fallimentari, che prevedono la presa del potere e la conquista degli apparati statali. Emerge così, nella parte conclusiva dell’intervento, la necessità di dare voce e forma ad ogni espressione di organizzazione sociale e politica che sostituisca lo Stato e che sia guidata da altri principi, come dimostra l’esempio zapatista con la messa in pratica della Democrazia Radicale, una delle molteplici e possibili forme di realizzazione del progetto di emancipazione umana. 
Per ultimo, l’intellettuale sottolinea come queste forme di creazione di spazi di autonomia e libertà siano sempre accerchiati dal serpente, il sistema neoliberista, che rischia di strangolarli. E’ pertanto arrivata la domanda di come dare forza al soggetto storico. Per rispondere a questo quesito Esteva propone di mettere in connessione tutte le varie lotte presenti nel pianeta e di camminare nella pluralità e senza la pretesa di condividere tutto. Questo suggerimento è centrale per comprendere una possibile strategia di lento ma deciso e fruttuoso percorso di creazione di un altro mondo.
Il terzo intervento del maestro Jérome Baschet, insegnante all’Unitierra Chiapas, ha concluso il primo incontro delle quattro giornate. In questo ultimo contributo incontriamo alcuni elementi chiave per capire cosa significhi per gli zapatisti la lotta anticapitalista. In maniera molto semplice e qualitativamente elevata il professore è riuscito a dare un concreto spunto di riflessione su alcuni punti centrali per la definizione di un altro mondo e al fine di non “zoppicare” nella complessità della lotta.Se infatti l’intervento di Esteva fa riferimento al superamento dello stato, partendo da teorie non anarchiche, ma piuttosto legate a una tradizione marxista, il terzo intervento attua un tipo di analisi simile per spiegare la ragione del non avere come obiettivo la conquista dell’apparato economico. Ciò che da alcuni analisti è stato definito “capitalismo di stato”, con riferimento all’esperienza sovietica, sembra oggi essere entrato nella consapevolezza dei questi movimenti che stanno imperando nell’America Latina. 
Infine, possiamo affermare che i principi chiave emersi durante la prima giornata della conferenza internazionale, sono, sintetizzando, pluralismo del soggetto storico, costruzione di autonomia, fuori dalle ormai sepolte regole e leggi delle istituzioni, e creazione di altre reti economiche e sociali. 
In America, in paesi come il Messico, sono le popolazioni indigene che più forniscono esempi concreti di questo cammino, connettendosi talvolta con il pensiero di importanti rivoluzionari come Zapata o gli Anarchici fratelli Magón, e mostrando così al mondo intero la possibilità concreta di riflettere e camminare insieme nella quotidianità verso la costruzione di un altro mondo. 
Luca Giacomelli
San Cristobal De Las Casas, Chiapas, Messico
31/12/2009
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