Il tetto per gli studenti “stranieri” e Rosarno
Di seguito il comunicato della confederazione COBAS di Pisa, a seguire il comunicato su Rosarno dell’ OSSERVATORIO SUL FASCISMO DI PISA:
Mentre si materializzano a Rosarno i criminali risultati di anni di razzismo e xenofobia, diffusi a piene mani dal berlusconismo e dal leghismo (e non solo), con pogrom e deportazioni, dà la nausea l’oscena ipocrisia di una Gelmini, che, improvvisamente “preoccupata che non si creino ghetti per gli studenti stranieri” (oltre il 40% dei quali, peraltro, nati in Italia) vorrebbe fissare un “tetto” del 30% alle loro presenze nelle scuole. Se tale proposta non provenisse da una rappresentante di forze politiche che hanno lavorato indefessamente, con i potentissimi strumenti mass-mediatici, per creare, ingigantire e diffondere razzismo e xenofobia, per costringere gli immigrati/e nei ghetti abitativi e in quelli lavorativi simil-Rosarno (5 euro al giorno per lavori massacranti e trattati come schiavi), oppressi dalle angherie fisiche e psicologiche della teppaglia autoctona, potremmo pensare a superficialità ed ignoranza. Nel caso, basterebbe ricordare che, ovunque, ogni intervento “riequilibrativo”, mediante l’introduzione di “quote” di presenza di settori sociali discriminati, si è basato su tetti “minimi” e non “massimi”; e cioè, per evitare discriminazioni su basi di genere, religiose, etniche o di censo, in alcuni paesi si è garantita una presenza non al di sotto di una certa quota di donne, o neri, o immigrati, o minoranze religiose o linguistiche nelle università, nelle scuole, nei sussidi sociali, nell’assegnazione di case, lavori statali: ma mai su tetti massimi. Fissare tetti massimi significherebbe solo ingigantire la fuga scolastica dei figli degli immigrati, annullare la funzione della scuola “di tutti e per tutti”. Se si volesse davvero aiutare queste scuole, che si assumono un incarico non lieve anche in nome di chi, vilmente, chiude un occhio di fronte alla oscena pressione xenofoba, basterebbe aumentare gli investimenti in generale e soprattutto per le scuole che più operano in situazioni complesse e difficili e diminuire il numero di alunni per classe. Peraltro Gelmini dovrebbe sapere che i criteri per la composizione delle classi sono di esclusiva competenza dei Collegi dei docenti e dei Consigli di istituto. Però, essendo il governo abituato a stravolgere leggi e regole senza risponderne a nessuno, vista l’assenza-complicità della presunta opposizione parlamentare, può darsi che Gelmini non si limiti a fare campagna elettorale ma voglia attaccare davvero tali competenze. Nel caso, i Cobas daranno tutto il loro contributo affinchè gli organi scolastici non rispettino imposizioni xenofobe e continuino a decidere autonomamente per la formazione delle classi.
confederazione COBAS
Le dichiarazioni del ministro Maroni, uno che da sempre istiga all’odio contro i migranti e ne opera la persecuzione più feroce dall’alto del suo scranno governativo ("C’è stata troppa tolleranza verso gli immigrati"), e quelle del presidente della repubblica, che sembra svegliarsi all’improvviso dal suo torpore quirinalizio ("Fermiamo la violenza"), sono il modo con cui le istituzioni occultano la verità.
Rosarno: la rivolta degli “ultimi”
Lettera aperta dell’OSSERVATORIO SUL FASCISMO DI PISA
Le dichiarazioni del ministro Maroni, uno che da sempre istiga all’odio contro i migranti e ne opera la persecuzione più feroce dall’alto del suo scranno governativo ("C’è stata troppa tolleranza verso gli immigrati"), e quelle del presidente della repubblica, che sembra svegliarsi all’improvviso dal suo torpore quirinalizio ("Fermiamo la violenza"), sono il modo con cui le istituzioni occultano la verità.
A Rosarno (e non solo lì) da anni esiste un’emergenza sociale rappresentata da migliaia di giovani africani che vivono in condizioni disumane (per ammissione delle stesse autorità socio-sanitarie calabresi).
Condizioni disumane perfino peggiori rispetto a quelle dei loro paesi di origine, per guadagnare 25 o 30 euro dopo 10 ore e più di intenso lavoro sfruttato nei campi, nella raccolta delle arance, delle verdure.
5 di questi euro vanno al caporalato, ai mafiosi che fanno il bello e il cattivo tempo in Calabria come in altre regioni del Sud e taglieggiano i lavoratori immigrati, che sono a costretti a pagare per lavorare, oltre che i lavoratori locali.
Di questo parlano in pochi, di un caporalato presente in gran parte delle attività agricole stagionali, un caporalato che permette alle aziende di usare la forza-lavoro, in particolare quella immigrata, per pochi euro.
Questa forza-lavoro si riversa in capannoni fatiscenti e nelle pinete durante la stagione estiva, senza nessuna struttura di accoglienza, con una paga da fame con cui è impossibile pagarsi un affitto e avere condizioni di vita appena decenti.
Dove sono le istituzioni, che dovrebbero garantire il rispetto del diritto, quando migliaia di immigrati al nero vengono sfruttati dalle aziende e dal caporalato, i medesimi che, al tempo stesso, appoggiano le campagne forcaiole della destra, arrivando fino a invocare la lotta per la legalità e contro l’immigrazione clandestina?
La popolazione di Rosarno, di certo manovrata dai poteri mafiosi e dalla destra contro il numero crescente di immigrati che si riversano in quella zona per lavorare, non si accorge, o non si vuole accorgere, che dietro le aggressioni e le fucilate ai danni dei migranti (da questo è scaturita la loro rivolta) c’è la lunga mano della criminalità organizzata, la stessa che sfrutta la forza-lavoro al nero e, insieme, alimenta xenofobia e razzismo tra la gente locale, la quale (tra crisi economica e sociale, salari di miseria, malasanità e mancanza di lavoro) avrebbe molte ragioni per cui ribellarsi, unendosi magari ai migranti.
E così si arriva all’aberrazione che la rivolta contro tutto e contro tutti, scatenata dagli “ultimi” non per calcolo ma per disperazione, diventa per la popolazione locale un’occasione perversa per far pagare il peso quotidiano delle proprie difficoltà sociali al capro espiatorio di turno, agli “ultimi” appunto, organizzando la caccia nei loro confronti, sprangandoli, bastonandoli, scaraventandogli contro macchine a tutta velocità, sparandogli addosso, come è successo a Rosarno, dopo che la rivolta si era già spenta.
In questa situazione, come non riconoscere che il connubio tra politica di destra e criminalità è alla base del crescente razzismo in Italia? Come non riconoscere che il sistema di sfruttamento sotto cui vivono i migranti è stretto parente di quello subìto dai lavoratori italiani in molte, troppe, aziende?
Come non farsi sfiorare dal sospetto che la società italiana si sta imbarbarendo, fino al punto che i “penultimi” si stanno scagliando contro gli “ultimi”, nell’illusione tragica di risolvere così i propri problemi, mentre chi ne è il vero responsabile non può che sghignazzare soddisfatto di avere suscitato la “guerra tra poveri” necessaria a mantenere i propri privilegi?