Amministrazione e opposizioni: tutti uniti contro i rom

Nel 2002 nasceva il programma
Città Sottili che si poneva come obiettivo il miglioramento delle condizioni di
vita della comunità rom a partire dal miglioramento delle condizioni abitative.
A distanza di otto anni, l’amministrazione di Pisa ha chiesto alla Regione di
fare marcia indietro attraverso la firma di un Protocollo di Intesa.

Il protocollo,
approvato dalla Giunta regionale il 23 novembre 2009 e firmato in questi giorni
dalla SdS e dalla regione, stabilisce i punti di intervento per la gestione
"dei Rom a Pisa", passando dalla conclusione del progetto Città
Sottili
allo smantellamento dei campi rom di Coltano, di Marina di Pisa,
di Oratorio e del Nugolaio di Cascina. “Tornate a casa vostra” sembra voler
dire, ormai da mesi, il nostro Sindaco che insieme al Direttore della Società
della Salute Cecchi ha pianificato l’allontanamento dei rom dalla città
attraverso i rimpatri volontari assistiti, che di volontario hanno ben poco,
pur essendo fatti passare per il vero fiore all’occhiello di questa
amministrazione. Questo strumento prevede la firma di un “contratto sociale” in
base al quale le famiglie si impegnano per circa 5 anni a non tornare nel
nostro territorio, pena l’esclusione da qualsiasi aiuto sociale.

Per questo
“progetto” Filippeschi ha chiesto alla Regione lo stanziamento di 1 milione di
euro in tre anni (2009-2011), chiedendo di utilizzare fondi europei destinati
alle politiche di integrazione e non all’esclusione e all’allontanamento di
mussoliniana memoria. Questi fondi non hanno nulla a che vedere con il
villaggio di Coltano, che darà ospitalità a soli 17 nuclei e la cui
progettazione è avvenuta nel 2002, andando ad inserirsi
nella strategia più generale di superamento della politica dei campi sosta
attrezzati. Questo obiettivo insieme all’accompagnamento e all’inserimento in
casa di altre famiglie, al progetto di scolarizzazione dei bimbi andava a
completare l’intero programma Città Sottili.
Alla parte di programma
relativa all’accompagnamento e all’inserimento in casa delle famiglie rom,
venivano indirizzate tutte le azioni di mediazione per le famiglie rom,
perseguendo l’obiettivo di rimuovere gli ostacoli tra il territorio e la
comunità rom. Particolare attenzione veniva data all’empowerment: tutti i
nuclei si impegnavano a cercare lavoro, a iscrivere i bimbi a scuola e a pagare
l’affitto, che sarebbe aumentato gradualmente fino all’uscita dal programma.

In questi anni
sono state molte le famiglie che sono uscite dai campi e che hanno firmato
contratti di casa con privati, sono molte le famiglie che ci stanno riuscendo
adesso. In questo quadro si inserisce la scelta della SdS di sfrattare circa 40
nuclei familiari. Una scelta sbagliata dal punto di vista della solidarietà, da
quello del rispetto dei diritti, ma anche da un punto di vista economico visto
che gli investimenti di questi anni verranno persi, così come sono stati spesi
male i fondi per l’accoglienza dei rom provenienti dal campo delle Bocchette.
Questi ultimi, in seguito all’allagamento del loro campo, avevano occupato un
ex-asilo a San Giuliano Terme, e dopo giorni di estenuante trattativa erano
stati inseriti in un piccolo progetto, gestito da alcune cooperative del
territorio e indirizzato all’obiettivo di trovare casa a queste famiglie, che
nel frattempo erano state inserite in vari ostelli e in particolar modo in
quello di Madonna dell’Acqua. Adesso, dopo aver speso tutti i soldi disponibili
investendoli in affitti pagati a privati, tra i maggiori beneficiari di tutta l’iniziativa,
è stato detto loro di andare via, e l’emergenza è ricominciata.

Le dichiarazioni apparse in
questi giorni sui giornali, sia da parte della maggioranza che delle
opposizioni, non fanno altro che, da prospettive diverse, ma con intenti
simili, nascondere la realtà e alimentare l’odio verso una minoranza da sempre
discriminata.

Lo abbiamo visto in questi giorni
a Rosarno: perimetrare le comunità puntando a cacciare via il “diverso”, può
essere molto pericoloso.

 

Magdur e Bonnot

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