Emergenza abitativa a Pisa: un caso esemplare

Patrizia Chiti, 42 anni, madre di cinque figli, separata
dal marito. Un lavoro come ragioniera in uno studio commerciale. Una situazione
come tante: niente povertà estrema, niente degrado sociale, disoccupazione o
tragedie di altro tipo. Eppure questa donna e la sua famiglia stanno lottando
contro uno sfratto esecutivo che un solerte ufficiale giudiziario, accompagnato
da due poliziotti e dal fedele avvocato del proprietario della casa ha già
tentato di eseguire. Non ha potuto portare a termine l’operazione solo perché
la donna, al momento del tentato sfratto, non era in casa. Era al lavoro.

Come, vi chiederete, una persona con un reddito
probabilmente nella media, è arrivata a questo punto? Perché non riesce a pagare
l’affitto? Ci riesce, infatti. O meglio, ci riusciva. Il problema è che la
proprietà dell’immobile, alla scadenza del contratto, nel 2007 – la famiglia
vive nella casa in questione dal 1994 – ha cercato di raddoppiare il canone
d’affitto al momento del rinnovo. Impossibile a quel punto sostenere le spese,
ed ecco dunque partire la procedura di sfratto per finita locazione. Intanto la
famiglia ha fatto richiesta per ottenere l’alloggio popolare, ricevendo ben 11
punti e ottenendo perciò l’assegnazione della casa popolare. Tuttavia –
complice l’endemica carenza di case popolari del Comune di Pisa – questa casa
ancora non si è vista, e lunedì mattina l’ufficiale giudiziario si ripresenterà
alla porta.

Intanto però l’assessore Zambito sembra essersi accorta
del fatto che nel suo Comune le persone vengono sfrattate, pur avendo diritto
ad una casa popolare, e subito si è allertata: nei casi in cui c’è una vera
e propria emergenza abitativa
l’Ufficio
casa del Comune interviene e chiede una proroga. Già, perché quelli delle altre
centinaia di persone che rischiano lo sfratto non sono
vere emergenze
abitative
, così come non lo sono i casi dei
migranti che sono costretti a vivere a decine ammassati in appartamenti
fatiscenti affittati al nero, a prezzi esorbitanti, oppure direttamente in
baracche di lamiera. E non sono
vere emergenze abitative nemmeno quelle di tutte quelle degli studenti
strozzati da affitti-capestro, resi possibili dall’enorme domanda di casa a
fronte di una colpevole e cronica mancanza di alloggi. Perché lunedì mattina la
Zambito, dopo aver rimandato lo sfratto della signora Chiti, non mette al primo
posto della sua agenda politica il recupero e l’utilizzo della Mattonaia?
Perché, tra le tante ordinanze che il Comune si diverte a propinarci, non ce
n’è una volta alla tutela degli affittuari delle case, anziché dei proprietari?
Perché non si preoccupa di restituire alla città un po’ di quegli appartamenti,
case e immobili vari che da anni restano chiusi a marcire mentre le persone
perdono la propria casa?

 

J. Bonnot

 

Questa voce è stata pubblicata in Diritto alla Casa. Contrassegna il permalink.