Nella rubrica “Sostiene” a firma Tanfucio del Tirreno di oggi, leggiamo che “La politica che affronta i problemi cavalcando gli scontenti o cedendo ad essi, non è granchè. Sia che lo faccia per una farmacia a Don Bosco o per il cambiamento di un senso unico a Putignano o – peggio – per il momentaneo ricovero di un gruppo di disgraziati in un edificio vuoto perché la pioggia ha distrutto il loro campo a Madonna dell’acqua (ironia dei nomi) impedendogli di vivere […]”.
Il riferimento alla vicenda dell’ex-asilo occupato da un gruppo di famiglie Rom qualche mese fa è chiaro, nonostante il tono vago, usato forse per comunicare un senso di esotica saggezza, e una imprecisione densa di significato. A Madonna dell’acqua, infatti, non si trova il campo abbandonato dalle famiglie in questione a causa dell’alluvione, bensì la struttura, regolarmente concessa dal comune di San Giuliano, in cui molte di queste famiglie hanno trovato ricovero una volta abbandonato l’asilo.
Si tratta, ancora una volta, di un ricovero temporaneo, ma tale da permettere almeno a queste persone di avere il tempo di cercarsi un alloggio decente in affitto. Se, inizialmente, chi dovrebbe occuparsi della sicurezza delle persone – tutte – che vivono sul territorio che amministra ha fatto orecchie da mercante di fronte alle richieste di persone in una documentata situazione di pericolo, dopo un lungo tira e molla il buon senso è prevalso, e le amministrazioni di diversi Comuni hanno accettato quelle che da subito si erano configurate come richieste tutt’altro che politiche o ideologiche, ma semplicemente umanitarie. Se dunque “cavalcare gli scontenti” significa porre sotto gli occhi di amministrazioni spesso miopi problemi reali che altrimenti verrebbero semplicemente ignorati, forse sarebbe necessario cavalcarli di più.
Che dire invece di chi cavalca gli scontenti di un elettorato in preda ad una crisi che riducendo ogni giorno speranze e razionalità contribuisce alla diffusione di bassi istinti, primo tra tutti il razzismo? Che dire di chi, identificando interi gruppi di persone con il proprio lavoro, descritto oltretutto in modo dispregiativo ed offensivo, contribuisce alla creazione di figure dell’alterità, come il vu’cumpra, il vu’parcheggià, il vu’sostà?
J. Bonnot