Turchia: La vergogna di “Ergenekon”, la Gladio dei nazionalisti.

Riportiamo un importante documento pubblicato da Altre Notizie, organo d’informazione indipendente, sulla gladio turca, ovvero sul sistema di controllo e repressione organizzato per contenere il malcontento popolare. E per dare la colpa ai Curdi.Se la clamorosa retata che martedì scorso ha scosso
la Turchia avesse portato in carcere terroristi “islamici” lo avreste
sicuramente saputo, molti giornali avrebbero suonato la tromba dello scontro di
civiltà e molte voci allarmate si sarebbero levate contro l’ingresso della
Turchia in Europa. In Turchia invece, gli arresti hanno riguardato i componenti
di una pericolosa e sanguinaria organizzazione terroristica di estrema destra.
Due noti e potenti mafiosi, il capo delle forze speciali turche, ex generali,
avvocati, tutti accomunati dall’ossessione per la “turchità”; nazionalisti che
avrebbero costruito all’ombra delle istituzioni un’organizzazione che aveva il
compio di combattere chiunque attentasse all’identità turca. Organizzazione
che, nei progetti, avrebbe voluto uccidere lo scrittore Oran Pamuk, così come
pare gli sia riuscito già in numerose occasioni, provocando la morte di persone
come Hrant Dink o Don Santoro, fino a quelle di numerose persone che avevano la
sola colpa di rappresentare offese alla turchità.

Il gruppo si riconosce nel termine “Ergenekon”, che è il nome di un villaggio
siberiano nel quale, secondo la leggenda, avrebbe avuto origine la stirpe
turca. Banale identitarismo agitato per agguantare potere servendosi di metodi
mafiosi, potendo contare su manovalanza obnubilata dall’ignoranza e da
narrazioni di pessimo gusto; tutto già visto, per quanto pericoloso. Da
Ergenekon i turchi partono verso la loro terra promessa, l’attuale Penisola
Anatolica, seguendo le indicazioni di un lupo grigio. Ergenekon sarebbe quindi
l’articolazione dei famigerati Lupi Grigi all’interno delle istituzioni turche.

Dal trapelare della notizia i giornali turchi sono dominati dalla faccenda,
anche se per i turchi l’esistenza di pezzi deviati di “stato profondo” non è
certo una novità. Anche l’attuale capo dell’esercito, generale Buyukanit, è
stato scoperto a capo di una specie di “Gladio” locale impegnata a fare
attentati per dare la colpa ai curdi; la novità sta proprio nel fatto che
l’esercito abbia addirittura agevolato le indagini e la cattura dei
nazionalisti turchi, particolarmente attivi tra i quadri della polizia.
Nonostante la disposizione della censura sugli sviluppi del caso, i media hanno
trasmesso un flusso ininterrotto di notizie e dettagli.

Parlando al sito Haber 7 l’ex capo della polizia turca Bülent Orakoğlu
ha fatto riferimento proprio alle organizzazioni Gladio create nei paesi Nato
dalla Cia per dire che, se in molti paesi sono state lanciate operazioni per
eliminare questi relitti della guerra fredda, in Turchia il momento sembra
arrivato solo ora con la disarticolazione di Ergenekon. Paralleli con l’Italia
a parte, sembra che l’organizzazione, pur potente, non sia che una frazione di
quelle che operano in Turchia sotto la supervisione dell’esercito; meno inclini
ai proclami ideologici e molto più attente al controllo dei flussi economici di
quanto non siano risultati questi Lupi Grigi, in difficoltà per il reperimento
di fondi necessari a una campagna di esecuzioni dei traditori della “turchità”.

L’esistenza di una simile organizzazione era già venuta alla luce nel 1996,
quando un banale incidente stradale fece scoppiare lo “scandalo Sususrluk”. A
Bordo della vettura, insieme al generale Veli Küçük, ora arrestato, sedevano un
capo della polizia di Istanbul, un ultra-nazionalista coinvolto nel massacro di
sette studenti ad Ankara e le sua compagna, Sedat Edip Bucak, deputata del
Partito del Sentiero della Verità e leader locale di una milizia privata di
guardie locali usate dallo stato contro il PKK. Lo scandalo tenne banco per
mesi, ma senza conseguenze.

Lo stato “profondo” emerse allora agli occhi dell’opinione pubblica turca, ma
evidentemente faceva ancora troppa paura o aveva troppo potere, poiché non
successe quasi nulla oltre al rumore. Oggi tra i personaggi più in vista finiti
in prigione c’è Veli Küçük, fondatore dell’intelligence della polizia turca
(JTEM), oltre all’avvocato Kemal Kerinçsiz, che recentemente ha guidato le
proteste denunce penali contro gli scrittori Hrant Dink e Oran Pamuk e ha
svolto opera di supporto per il mantenimento del discusso articolo 301 del
codice penale (Offese alla turchità) e accusato di “tradimento” chiunque abbia
osato proporre narrazioni alternative del massacro degli armeni o di quello dei
kurdi, con loro anche l’avvocato Fuat Turgut, difensore di Yasin Hayal, sotto
processo come mandante dell’omicidio di Dink. Personalità pubbliche di primo
piano che apertamente facevano professione di razzismo identitario e che
segretamente conducevano una vera e propria guerra contro le voci sgradite.

La stampa turca descrive un’organizzazione molto articolata e pericolosa, nella
quale la mafia locale va a braccetto con i più alti ufficiali della polizia e
dell’intelligence, al fine di reclutare personale civile da usare come
manovalanza nelle imprese criminali. Nonostante il clamore resta il sapore
dell’offerta di un capro espiatorio, in particolare se risulterà vero che
l’organizzazione è stata accusata di preparare un impossibile golpe. La
decapitazione di un’organizzazione più che impresentabile, offre la chiusura di
un cerchio che da tempo minaccia di stringersi sui vertici militari,
recentemente sconfitti nella loro sollevazione contro l’elezione a presidente
della repubblica di Abdullah Gul. Sollevazione che il premier Erdogan ha superato
andando a elezioni stravinte e nominando poi Gul

Non erano dunque sicari armati dagli “islamici” quelli che hanno ucciso Don
Santoro e non esiste quindi il pericolo di importare nella comunità europea un
cavallo di Troia contenente il Feroce Saladino come vagheggiato da dementi
leghisti e interessati commentatori. Il deficit democratico della Turchia
attiene a dinamiche simili a quelle ben conosciute nel nostro paese. Poteri che
si compromettono l’un l’altro al fine di approfittare della cosa pubblica. Come
nel nostro paese c’è poi chi ha mestato nel torbido, mescolando motivazioni
ideali a interessi e metodi assolutamente criminali che non si fermano di
fronte all’omicidio o alla strage. Come nel nostro paese, verrebbe da dire, la
polizia si mostra permeabile ad infiltrazioni di violenti estremisti di destra
che, protetti dalla divisa, pongono in essere delitti odiosi in nome della
supremazia identitaria.

Non avendo alcuna utilità diretta nel dibattito politico locale, in Italia lo
scandalo turco non interessa a nessuno; nemmeno a quelli che una volta
difendevano i popoli oppressi da autoritarismi e fascismi. C’è da credere che
pesi molto la vicenda della cattura di Öcalan, conseguenza diretta del
tradimento di un’offerta d’asilo per parte dell’allora governo di
centro-sinistra. Da allora la causa dei curdi ha smesso di echeggiare nel
nostro paese, nonostante proprio negli ultimi anni siano emerse numerose
dimostrazioni del fatto che il conflitto con i curdi fosse fomentato proprio
dall’esercito turco.

Stragi, atti di terrorismo e pesanti sacrifici imposti alle popolazioni curde
non sono riuscite a pacificare i curdi, come invece sembra riuscire ora al
premier Erdogan, che ha preferito un ambizioso piano di interventi pubblici
nelle province curde, ottenendo un parallelo scemare della tensione. Opere e
investimenti pubblici si sono rivelati molto più economi della repressione e
delle punizioni collettive, capaci solo aumentare le sofferenze e con esse
l’odio verso l’oppressore. Una ulteriore dimostrazione che lo schierarsi della
nostra politica al fianco dei generali turchi e delle loro pretese nel caso
Ocalan, equivalse al favoreggiamento criminale.
 
 
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