A. Celestini: Appunti per un film sulla lotta di classe. 2 ore di racconti di vita precaria

 

Per
tutti coloro che hanno una bomba in tasca canta nei teatri italiani Ascanio
Celestini.

Il
quale senza risparmiarsi niente o quasi ci presenta i suoi appunti di scena,
raccolti in 2 ore di spettacolo dall’ atmosfera anni 70’, a partire dal titolo
dello spettacolo stesso “Appunti per un film sulla lotta di classe”. Potrebbe
sembrare un impegno tutto rivolto alla nostalgia di qualche comunista dei tempi
andati, invece è a tutti gli effetti una provocazione esplicita verso il
sistema-lavoro che sta decidendo le vite di questa generazione.

Celestini
ci racconta storie, come solo lui sa fare tratte in particolare dalle vicende
di lavoratori dei call-center italiani. Alterna brevi tratti in prosa a
canzoni, accompagnate da chitarra fisarmonica e violoncello, trovando un ottima
sintesi sia artistica che concettuale tra queste due armi comunicative: la
prosa coinvolgente e riflessiva oltre che sferzante, la canzone è rabbia amore
e rivolta.

Ogni
tanto mi giro in platea, perché ho voglia di vedere le reazioni che hanno gli
spettatori che ascoltano quello che dice Ascanio; io so che è la nuda realtà
raccontata da qualcuno che lo sa veramente fare, ma i volti dei miei vicini
spesso e volentieri sembrano non avere quest’ impressione. Mi pare che mentre
stiano ascoltando pensino all’ Africa o qualche paese dell’ america latina più
martoriata.

 Qualche sussulto da parte di qualche
“democratico” quando invece di parlare di “bombe” messe in tasca ai lavoratori
(contratti a tempo), si canta di bombe da mettere in casa ai padroni, mi
provoca una reazione che mi distoglie dallo spettacolo: cerco rapidamente di
stimare quanti sessantottini piccoli piccoli sono presenti  in sala.

A
giudicare da alcuni “silenzi riflessivi” della platea.. moltissimi.

Mi
giro di nuovo verso il palco e le bombe sono di nuovo quelle in tasca ai
lavoratori sono bombe a tempo: Oggi firmo per conservarti una bomba caro
padrone, tre mesi di stipendio e tre di angoscia sempre più profonda quando ci
si avvicina all’ esplosione.. e poi? Forse esplode forse altri tre di stipendio
e tre di angoscia.

Celestini
ci racconta la vita di moltissimi giovani e non solo giovani, ma soprattutto
ricorda a tutti i presenti quello che dovrebbero ricordarci i sindacati e
coloro che si ergono a rappresentanti del popolo e cioè che il lavoro è dignità
e diritti e non sfruttamento più o meno legalizzato o “normalizzato”. Dignità e
diritti che come dice lui, il popolo ha perso per un piatto di lenticchie.

Due
ore di spettacolo alla fine, tutte animate dalla voglia di urlare la verità che
nessuno o quasi dice e che “forse” qualcuno vuole che non si dica.   

 

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