Palestinian Medical Relief Center: 119 vittime civili

Ramallah – Nasser
Al-Bor’i aveva 5 mesi. Era il figlio unico di una coppia di palestinesi che per
5 anni aveva lotatto contro la sterilità e che alla fine era riuscita ad avere
un figlio. Ma ora quel tanto desiderato figlio non c’è più, cancellato dal
fuoco Israeliano. Nasser Al-Bor’i è una delle 119 vittime (ma il bilancio è
provvisorio) dei 6 giorni di guerra Israeliana contro la Striscia di Gaza, dal
27 febbraio al 3 marzo. La storia di questo bambino è stata raccontata oggi
dal gia’ ministro dell’informazione del passato governo di unità nazionale
palestinese, Mustapha Bargouti, presso la nuova sede del Palestinian Medical
Relief Center di Ramallah dove si è tenuta una conferenza stampa per fare il
bilancio dell’ultima aggressione israeliana contro Gaza, e che aveva, da un
lato, il dichiarato intento di diffondere i drammatici dati della grave
situazione nella Striscia di Gaza, in particolare dal punto di vista sanitario,
ma anche, dall’altro lato, di manifestare il serio timore che questo sia solo
un inizio di una nuova guerra di Israele, guerra non contro Hamas, ma contro
tutti i Palestinesi. Una nuova offensiva che probabilmente non ci sarebbe stata
se il governo di Tel Aviv non godesse dell’impunità internazionale, che lo fa
sentire libero di agire come, quando e perche’ vuole. Stati Uniti e gran parte
della stampa mondiale  continuano infatti
a presentare Israele come vittima, e non come aggressore, quale è in realta; e
continuano anche a nascondere il fatto che Israele è il responsabile del
fallimento di tutti i tentativi di negoziato, e del ritorno della violenza.
Mustapha Bargouti è chiaro su questo punto, sostenendo che anche Hamas sarebbe
disposto a trattare, se solo Israele smettesse con l’oppressione e
l’occupazione.

 

Ma
il governo di Tel Aviv ha l’arroganza della forza, e può permettersi di
ignorare ogni appello e ogni condanna, perpetrando i suo massacri. I dati del
Palestinian Medical Relief Center parlano chiaro: in sei giorni di aggressione
della Striscia di Gaza ci sono stati almeno 119 morti, di cui 61 nella giornata
del 1 marzo, la più sanguinosa dal settembre 2000. E di questi 119 almeno 24
sono bambini, o neonati, come Nasser. I feriti accertati sono 25, di cui 20
gravi che probabilmente moriranno a breve. 20 altre persone hanno avuto
amputazioni permanenti. La stragrande maggioranza dei morti e dei feriti non ha
preso parte a nessun combattimento, in altre parole, erano civili. Attaccato e
danneggiato seriamente anche lo staff del Palestinian Medical Relief Center di
Gaza, e questo sta già provocando un impatto mortale per i pazienti; ora gli
ospedali lamentano ancor più carenze strutturali e di medicine, oltre che
danni alle ambulanze e alle sedi.

 

Quest’ ultima
guerra di Israele contro Gaza non è che una ennesima dimostrazione che il
fallimento della conferenza di Annapolis sia responsabilità del governo di tel
Aviv.  Dati alla mano, Mustapha Bargouti
denuncia che dal 28 novembre 2007 (data della conferenza di Annapolis appunto),
al 2 marzo 2008 l’esercito israeliano ha effettutao 1190 attacchi, 710 contro
la Striscia di Gaza, 480 in Cisgiordania. 323 i palestinesi uccisi, 297 nella
Striscia di Gaza, 26 in Cisgiordania. Piu’ di 1000 i feriti (tra cui 120
bambini): 661 nella Striscia di Gaza, 240 
in Cisgiordania. Di contro nello stesso periodo son stati uccisi 7
israeliani, di cui 4 soldati, 1 poliziotto e 2 civili. I numeri dimostrano,
sottolinea Mustapha Bargouti, che Israele ha una strategia di distruzione
totale della Palestina, messa in atto non solo con gli attacchi militari, ma
anche con la continua costruzione del muro e con l’aumento delle colonie sulle
terre strappate ai palestinesi. Ma anche con la brutale e consueta repressione
delle manifestaizoni in solidaretà con Gaza che ci sono state nei giorni
scorsi in tutta la Cisgiordania: dovunque l’esercito di Tel Aviv, affiancato
dai coloni, ha attacatto uccidendo un ragazzo di 14 anni a Hebron e uno di 19
vicino a Ramallah.

Per
fermare questa eccidio, per tentare di cambiare la situazione, Mustapha
Bargouti crede ancora nell’Europa, e chiede senza mezzi termini una reazione
seria e decisa, con condanne da parte dei governi dell-Unione Europea e con
efficaci pressioni sul governo di Tel Aviv. Altrimenti la guerra continuerà e
si estenderà ancora, nuovamente, anche in Cisgiordania. Resta da chiedersi se
i governi europei hanno intenzione di raccogliere questo accorato appello o se,
come troppo spesso hanno fatto, resteranno sordi e ciechi nei confronti di una
situazione ormai insostenibile per il popolo della Palestina.


Da
Ramallah, Irene Ghidinelli Panighetti

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