Caso Lonzi: gli indagati sono due. L’ex compagno di cella ha detto il falso.

Livorno – SenzaSoste – C’è anche un secondo nome
iscritto nel registro degli indagati che si trova nell’ufficio del sostituto
procuratore Antonio Giaconi per la morte di Marcello Lonzi. Al momento il
segreto avvolge ancora nome e cognome, ma c’è l’assoluta certezza che Gabriele
Ghelardini non sia il solo a essere finito nella lente della magistratura
livornese dopo la riapertura dell’inchiesta – dopo una prima chiusura – per
capire come e perché è morto il ventottenne allora detenuto nel carcere delle
Sughere. Ieri questo giornale aveva anticipato che il lavoro che Giaconi aveva
intrapreso lo scorso anno non era finito nel nulla. E che il primo indagato era
per l’appunto Ghelardini, ex compagno di cella di Lonzi che morì tra le mura
del carcere delle Sughere l’11 luglio del 2003. Sul secondo indagato, come
detto, è ancora calato per il momento il velo della segretezza. Non si sa,
intanto, per quale motivo sia finito sotto inchiesta. A Ghelardini viene
contestato l’articolo 575 del codice penale (omicidio), ma non solo: il pm ha
inserito anche un’altra ipotesi di reato, cioè "false informazioni rese al
pubblico ministero". Un secondo elemento che potrebbe aprire un ulteriore
squarcio di luce sulla vicenda è che l’altro indagato non dovrebbe appartenere
al gruppo degli "ospiti" del carcere. Non sarebbe, insomma, un
secondo compagno di cella di Lonzi, insomma. Piuttosto potrebbe far parte della
stessa amministrazione penitenziaria. Per questo è possibile che i reati siano
diversi da quelli dell’ex compagno di cella del ventottenne morto ormai quasi 5
anni fa. Ma sono, queste, soltanto ipotesi, al momento.

Il lavoro "forzato" di Antonio Giaconi
era iniziato lunedì scorso. Il sostituto procuratore aveva nuovamente riaperto
le porte del suo studio per ascoltare testimoni e persone a conoscenza dei
fatti sul caso. Un’indagine che in un primo momento, come si ricorderà, fu
archiviata dalla magistratura come decesso avvenuto per cause naturali. Il pm
Roberto Pennisi il 10 dicembre 2004 chiese l’archiviazione, una richiesta
accolta dal giudice delle udienze preliminari, Rinaldo Merani. Un caso che lo
stesso pm Antonio Giaconi ha voluto riaprire anche a seguito delle insistenze
della mamma del ragazzo morto, Maria Ciuffi, che in questi anni non ha mai
smesso di chiedere giustizia. Il corpo di Marcello Lonzi fu ritrovato tra la
porta della sua cella e il termosifone con il volto tumefatto e numerose ferite
sul corpo. Ma in questi cinque anni non era mai emersa formalmente, dal Palazzo
di Giustizia, l’ipotesi di una morte violenta, causata da terzi o comunque
"non impedita" da terzi. Due giorni fa il pubblico ministero Giaconi
dopo una lunga serie di interrogatori ha ipotizzato, tramite l’iscrizione sul
registro degli indagati, che Lonzi sia stato ucciso. La linea difensiva di Ghelardini,
presentata ieri dall’avvocato Mario Maggiolo, è chiara: "Dopo dieci
interrogatori nei quali ha sempre dichiarato la stessa versione – ha spiegato
il legale – per la prima volta si è rifiutato di rispondere e per tutta
risposta è stato indagato per omicidio e falsa testimonianza resa al pubblico
ministero".

tratto da www.corrieredilivorno.it

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