Via alla liberalizzazione dei domini sul web

PARIGI – L’Icann, la società che assegna nomi e
numeri identificativi sulla Rete, ha deciso la liberalizzazione dei domini. Dal
prossimo anno un indirizzo internet dopo il punto potrà finire con qualsiasi
parola. E potrà essere formulato in ogni lingua, dall’arabo al cinese
mandarino.
Si tratta di una delle più grandi trasformazioni della Rete negli ultimi anni.
Fino ad oggi le disposizioni dell’Icann permettevano solo domini legati ai nomi
dei paesi (.it, .uk), al commercio (.com) o alle organizzazioni (.org,.net).
Per un totale di circa 250 estensioni. Grazie a questa decisione, invece,
dall’inizio del prossimo anno 1,3 miliardi di utenti Internet potranno comprare
un numero illimitato di indirizzi generici basati su nomi comuni, nomi di
compagnie o anche nomi propri.
In teoria, si potrà creare un numero infinito di domini anche se occorrerà
disporre di specifiche conoscenze tecniche per coniarne uno nuovo. Il costo,
secondo gli esperti, potrebbe arrivare anche ai 10 mila dollari per ciascuno.
Per evitare il caos, l’Icann ha comunque adottato una mozione che prevede la
possibilità "di limitare l’abusiva registrazione di nomi per gli indirizzi
web". L’Icann subiva da tempo pressioni per una modifica dell’attuale
protocollo. Ebay, il popolare sito di aste on line, è una delle compagnie che
ha chiesto a gran voce la possibilità di poter registrare il proprio dominio. A
beneficiare delle nuove regole saranno ad esempio i comuni delle grandi città,
che potranno registrare domini come .Berlin, .Roma o .Nyc. A riguardo il comune
di Los Angeles ha già raggiunto un accordo con lo stato asiatico del Laos per
poter usare il dominio .La. Un passo che per alcuni permetterà la massima
libertà di espressione, ma secondo altri rischia di dare vita a una grande
confusione. Basti pensare ad esempio cosa può significare avere più domini che
indicano settori di servizi, ad esempio quello bancario, o la possibilità di
taroccare i marchi online.
L’apertura dell’Icann ha sorpreso gli operatori del settore, vista la rigidità
dell’organismo. Anche se c’è una buona ragione, visto che nelle casse
dell’Icann, che riscuote una percentuale su ogni registrazione, entreranno
molti più soldi.

 

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