Tbilisi firma il piano di pace dell’Unione Europea

st1:*{behavior:url(#ieooui) }

/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:”Tabella normale”;
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:””;
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:”Times New Roman”;
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}

Dopo Mosca, anche la Georgia ha accettato il
piano di pace in sei punti presentato da Sarkozy, presidente di turno
dell’Unione Europea, che in una conferenza stampa ha fatto un annuncio
congiunto con il presidente georgiano Michail Saakashvili esponendo le
condizioni dell’accordo. Il piano prevede il non ricorso alla forza; la
cessazione immediata di tutte le ostilità; il libero accesso agli aiuti
umanitari; il ritorno delle forze armate georgiane alle postazioni permanenti
(caserme); il ritiro delle forze russe alle posizioni precedenti al conflitto.
Le forze di interposizione russe prendono misure supplementari di sicurezza e
verrà lanciato un dibattito internazionale sul futuro status di Ossezia
del Sud e Abkhazia, e ulteriori strumenti per garantire stabilità e
sicurezza. L’Unione Europea si pone come mediatore privilegiato nel
contenzioso tra le parti.

 

L’annuncio è arrivato dopo cinque
giorni di guerra che hanno devastato l’Ossezia del Sud e parte della Georgia.
Sul terreno rimangono un numero imprecisato di morti (decine secondo i georgiani,
centinaia secondo i russi), centomila sfollati, città in macerie, e
soprattutto la fine delle ambizioni georgiane per il reintegro territoriale
delle due repubbliche secessioniste. Il presidente georgiano Michail
Saakashvili, in un discorso tenuto ieri a Tbilisi di fronte a migliaia
di persone, aveva annunciato il ritiro dalla Comunità degli stati
indipendenti (la Csi,
composta dalle ex repubbliche sovietiche esclusi gli Stati baltici).

 

Mosca ha impartito una severa e
per certi versi sproporzionata lezione al temerario Saakashvili, che venerdì
scorso, con l’invasione della capitale sud-osseta Tshkinvali, ha innescato una
reazione a catena le cui conseguenze si sono rivelate imprevedibili e nefaste.
Dopo l’offensiva georgiana, la
Russia ha mobilitato parte delle sue forze penetrando in
Ossezia del sud e Abhkazia e bombardando le città georgiane di Sinaki, Gori,
Poti e le strutture militari alla periferia di Tbilisi. Tskhinvali è stata
riconquistata dai separatisti filo-russi. Le gole di Kodori, unica porzione di
territorio abkhazo controllata dai georgiani, sono ora in mano degli abkhazi.
La sospensione di ieri delle operazioni militari russe è avvenuta, nelle parole
del presidente russo Medvedev ‘per costringere Tbilisi alla pace’.
"L’aggressore georgiano è stato punito", ha detto il presidente
russo, che ha tuttavia ordinato al ministero della Difesa di riprendere le
operazioni nel caso la popolazione della repubblica separatista dell’Ossezia
meridionale sia nuovamente vittima di violenze. Ieri, un cameraman olandese è
rimasto ucciso durante il bombardamento su Gori. Si aggiunge ai due
giornalisti, uno georgiano e uno russo, uccisi tre giorni fa a Tshkinvali.

 

Durante uno scambio di battute al
Consiglio di sicurezza Onu, riunitosi ieri notte per la quinta volta senza
esito,  Vitaly Churkin, ambasciatore russo alle Nazioni Unite, aveva
bocciato la risoluzione elaborata dai Paesi occidentali perchè il testo
"presentava gravi lacune", tra le quali l’assenza di un riferimento
all’aggressione da parte di Tbilisi. Sono continuate per tutta la giornata di
ieri le dichiarazioni di Bush, alleato di Sakaashvili e primo sponsor delle sue
ambizioni per l’adesione alla Nato. La controffensiva russa è stata definita
dal presidente statunitense "un’aggressione drammatica e brutale
inaccettabile nel Ventunesimo secolo". Gli Stati Uniti avevano prestato il
proprio supporto logistico per trasferire il contingente di duemila georgiani
in Iraq a rinforzo delle unità in patria. Anche il segretario generale della
Nato Jaap de Hoop Scheffer, precisando che l’iter di adesione
della Georgia al Patto Atlantico rimane immutato, ha condannato l’uso
"eccessivo e sproporzionato della forza" da parte dei russi,
sottolineando di non ritenere conforme al mandato di peacekeeping che i russi
hanno nell’Ossezia del Sud  il fatto di "bombardare, applicare un
blocco navale e fare uso massiccio della forza". Dal canto suo, Mosca
ribatte alla accuse occidentali giustificando il blitz militare con la
necessità di proteggere i suoi cittadini. La maggioranza dei sud-osseti ha
infatti passaporto russo.

 

Stamani il Segretario di Stato
Usa Condoleeza Rice ha dichiarato che è a rischio la presenza russa nelle
istituzioni internazionali, riferendosi soprattutto all’Organizzazione mondiale
del commercio. "I russi rischiano – ha detto la Rice in una intervista
all’Abc -, hanno detto di voler far parte di questa prospera e fiduciosa comunità
internazionale, e, francamente, credo che stiano facendo un gran danno alla
loro possibilità di integrarvisi. Posso assicurare – ha proseguito – che la
reputazione internazionale della Russia e il suo ruolo nella comunità
internazionale è in questo momento in gioco".

 

Dopo che le operazioni di
soccorso umanitario saranno state portate a termine, e dopo che la conta dei
morti fornirà il reale bilancio di una guerra sconsiderata, le fazioni avverse
e tutta la comunità internazionale avranno di fronte agli occhi una situazione
che avrà sensibili ripercussioni sul panorama geopolitico europeo. Le
implicazioni a lungo termine coinvolgeranno, oltre alla Russia e al Caucaso,
l’Unione Europea e soprattutto gli Stati Uniti. Nel suo piccolo, lo scenario
caucasico rievoca in parte una storia già vista nei Balcani. Come la Serbia, la Georgia potrebbe dover
rinunciare alla sua tanto invocata ‘integrità territoriale’, considerato che il
ritorno allo status quo è ormai impensabile dopo lo scellerato attacco a
Tskhinvali. L’Abkhazia ha esteso il suo controllo all’intera repubblica,
cacciando i georgiani e, alla stregua del Montenegro, ha oggi migliori carte da
giocare per un’eventuale rivendicazione di indipendenza, se non di annessione
alla Federazione russa. Infine, Mosca, il cui presidente si è ormai eretto a
garante – con la forza – della stabilità del Caucaso, ha il pretesto per
indicare in Saakashvili un sanguinario criminale (Putin ha parlato di pulizia
etnica e genocidio nei confronti della popolazione sud-osseta), fare pressioni affinché
si dimetta, se non addirittura accusarlo di crimini di guerra. E’ questo
quanto vorrebbero i presidenti di Abkhazia e Ossezia del sud, che hanno già
manifestato il loro rifiuto a trattare con ‘delinquenti che andrebbero invece
portati di fronte alla Corte penale internazionale’.

 

Luca Galassi per Peacereporter

Questa voce è stata pubblicata in Dal Mondo. Contrassegna il permalink.