Pisa, 2 ottobre. Oggi pomeriggio, in Logge di Banchi, il tempo sembra essere tornato indietro: sembra di essere tornati di nuovo a sabato pomeriggio, quando centinaia di persone di diverse nazionalità si sono incontrate in Piazza Manin, a Pisa, per dire no al progetto di un’ordinanza “anti-borsoni”.
Dopo il presidio di sabato niente è cambiato per le centinaia di ragazzi senegalesi costretti al commercio ambulante per vivere: retate della polizia, irruzioni nelle case e inseguimenti con conseguente sequestro di merce sono ancora all’ordine del giorno. Per questo l’assemblea antirazzista che ha organizzato la mobilitazione di sabato ha deciso di darsi appuntamento sotto al Comune di Pisa. Principale intento dell’iniziativa era da una parte portare direttamente sotto gli occhi del sindaco la terribile situazione in cui tanti ragazzi vivono, dall’altra ottenere un incontro per poter discutere di questa situazione.
Come sabato scorso al Duomo, centinaia di persone hanno oggi invaso pacificamente piazza Venti Settembre, dando vita ad un susseguirsi di interventi in cui è stata sviscerata la reale situazione in cui vivono i ragazzi senegalesi che lavorano al Duomo, una situazione fatta non di lucrosi commerci clandestini, ma di un modesto commercio, svolto tra mille ostacoli, volto a garantire la semplice sopravvivenza. La maggior parte degli interventi dei ragazzi chiede semplicemente la possibilità di ottenere un lavoro regolare, possibilità strettamente legata all’ottenimento di un permesso di soggiorno. Nessuno sembra soddisfatto e realizzato del lavoro che svolge, che risulta chiaramente essere l’unica alternativa possibile per chi è privato di qualsiasi diritto e possibilità.
Verso le 16:30 una delegazione di circa dieci persone sale nel palazzo del Comune, dove si sta svolgendo il consiglio comunale, e chiede di poter parlare con il sindaco, o almeno di poter fissare una appuntamento. Nessuna delle due richieste viene esaudita. Interloquisce con la delegazione l’assessore Gai che sostiene che le politiche adottate dal Comune sulla cosiddetta questione sicurezza prevedano da una parte interventi volti al rispetto della legalità, dall’altra interventi volti all’integrazione. La delegazione obietta però che mentre sono ben evidenti i risultati del primo tipo di interventi, di quelli del secondo tipo non sembra esserci alcuna traccia. L’assessore risponde imbarazzato che esistono tavoli interistituzionali in cui si parla di queste cose, ma si ostina a negare la possibilità di incontrare Filippeschi al di fuori di questi tavoli. Il sindaco, insomma, non sembra assolutamente intenzionato ad interloquire con le circa trecento persone presenti nella piazza sotto il Comune. La delegazione continua ad insistere affinchè il sindaco si presenti, o almeno fissi un incontro. Filippeschi alla fine, sempre tramite l’assessore Gai, informa che chiamerà nei prossimi giorni qualcuno dei manifestanti per parlare di un incontro. La soluzione sa molto di presa in giro, e a questo punto i ragazzi presenti in piazza decidono di salire tutti in consiglio comunale, per rendere veramente impossibile ignorare la loro presenza. È un’invasione pacifica e ordinata, ma enorme. Centinaia di manifestanti entrano nella sala del consiglio comunale con cartelli e striscioni, manifestando la propria ingombrante presenza di fronte ad un imbarazzatissimo Filippeschi che, preso alla sprovvista, prova a giustificare goffamente le proprie scelte. Dopo aver scandito uno slogan i manifestanti abbandonano la sala.
Se questa volta i problemi legati al clima di intolleranza e razzismo democratico che si respira in città sono stati portati direttamente nella sala del consiglio comunale, di fronte al sindaco e a tutta la giunta, rendendo veramente difficile la vita a chi si ostina ad ignorarli, non è ancora stato possibile ottenere un tavolo di confronto che affronti seriamente la situazione. Sembra proprio perciò che questa non sia l’ultima tappa di un percorso di cui sentiremo ancora parlare presto.
Dopo il presidio di sabato niente è cambiato per le centinaia di ragazzi senegalesi costretti al commercio ambulante per vivere: retate della polizia, irruzioni nelle case e inseguimenti con conseguente sequestro di merce sono ancora all’ordine del giorno. Per questo l’assemblea antirazzista che ha organizzato la mobilitazione di sabato ha deciso di darsi appuntamento sotto al Comune di Pisa. Principale intento dell’iniziativa era da una parte portare direttamente sotto gli occhi del sindaco la terribile situazione in cui tanti ragazzi vivono, dall’altra ottenere un incontro per poter discutere di questa situazione.
Come sabato scorso al Duomo, centinaia di persone hanno oggi invaso pacificamente piazza Venti Settembre, dando vita ad un susseguirsi di interventi in cui è stata sviscerata la reale situazione in cui vivono i ragazzi senegalesi che lavorano al Duomo, una situazione fatta non di lucrosi commerci clandestini, ma di un modesto commercio, svolto tra mille ostacoli, volto a garantire la semplice sopravvivenza. La maggior parte degli interventi dei ragazzi chiede semplicemente la possibilità di ottenere un lavoro regolare, possibilità strettamente legata all’ottenimento di un permesso di soggiorno. Nessuno sembra soddisfatto e realizzato del lavoro che svolge, che risulta chiaramente essere l’unica alternativa possibile per chi è privato di qualsiasi diritto e possibilità.
Verso le 16:30 una delegazione di circa dieci persone sale nel palazzo del Comune, dove si sta svolgendo il consiglio comunale, e chiede di poter parlare con il sindaco, o almeno di poter fissare una appuntamento. Nessuna delle due richieste viene esaudita. Interloquisce con la delegazione l’assessore Gai che sostiene che le politiche adottate dal Comune sulla cosiddetta questione sicurezza prevedano da una parte interventi volti al rispetto della legalità, dall’altra interventi volti all’integrazione. La delegazione obietta però che mentre sono ben evidenti i risultati del primo tipo di interventi, di quelli del secondo tipo non sembra esserci alcuna traccia. L’assessore risponde imbarazzato che esistono tavoli interistituzionali in cui si parla di queste cose, ma si ostina a negare la possibilità di incontrare Filippeschi al di fuori di questi tavoli. Il sindaco, insomma, non sembra assolutamente intenzionato ad interloquire con le circa trecento persone presenti nella piazza sotto il Comune. La delegazione continua ad insistere affinchè il sindaco si presenti, o almeno fissi un incontro. Filippeschi alla fine, sempre tramite l’assessore Gai, informa che chiamerà nei prossimi giorni qualcuno dei manifestanti per parlare di un incontro. La soluzione sa molto di presa in giro, e a questo punto i ragazzi presenti in piazza decidono di salire tutti in consiglio comunale, per rendere veramente impossibile ignorare la loro presenza. È un’invasione pacifica e ordinata, ma enorme. Centinaia di manifestanti entrano nella sala del consiglio comunale con cartelli e striscioni, manifestando la propria ingombrante presenza di fronte ad un imbarazzatissimo Filippeschi che, preso alla sprovvista, prova a giustificare goffamente le proprie scelte. Dopo aver scandito uno slogan i manifestanti abbandonano la sala.
Se questa volta i problemi legati al clima di intolleranza e razzismo democratico che si respira in città sono stati portati direttamente nella sala del consiglio comunale, di fronte al sindaco e a tutta la giunta, rendendo veramente difficile la vita a chi si ostina ad ignorarli, non è ancora stato possibile ottenere un tavolo di confronto che affronti seriamente la situazione. Sembra proprio perciò che questa non sia l’ultima tappa di un percorso di cui sentiremo ancora parlare presto.