La nipote di Allende “maltrattata” e fermata a Roma mentre dava volantini per i diritti umani.

ROMA – Maria Ines Bussi, nipote di Salvador Allende e Fresia Cea, moglie di Omar Venturelli – l’ex sacerdote italiano che si batteva per gli indios, ucciso in Cile durante il regime – sono state fermate presso il commissariato di piazza Cavour per circa tre ore. Erano in piazza San Pietro, tra i fedeli della domenica, con dei volantini attaccati al petto per ricordare al Papa che la domanda di giustizia che sale dal Cile attende ancora una risposta. E per chiedere che sia la magistratura italiana a giudicare il "Condor" di Pinochet, Alfonso Podlech, ora rinchiuso a Rebibbia – dopo anni di immunità in patria – con l’accusa di aver torturato e fatto scomparire Venturelli e altri cittadini italiani durante la dittatura. La risposta? Manifestazione non autorizzata.

"Non abbiamo portato cartelloni – spiega Fresia Cea – avevamo solo la bandiera del Cile e dei volantini attaccati al petto affinché il santo Padre potesse vedere la nostra preoccupazione e la nostra sofferenza. Avevamo scritto frasi come "Cile uguale impunità", "Sono qui per accompagnare mio fratello (scomparso) e "Grazie Italia". Ma dopo due minuti mi si è avvicinato un uomo senza l’uniforme e mi ha strappato il cartello dal petto. E facendo così mi ha tirato anche il pic che ho innestato per la chemioterapia che faccio ogni dodici giorni. Allora gli ho detto: Ma cosa fai? Chi sei? Mi ha detto che non potevo stare lì. Ma come no? – ho risposto – Sono venuta a salutare il Santo Padre".

"Un compagno che era vicino a me – spiega ancora la vedova Venturelli – ha chiesto che io venissi trattata con rispetto, ma il poliziotto si è arrabbiato e gli ha strappato il foglio dal petto. C’era scritto "Chiediamo verità e giustizia per il Cile ". Hanno fatto delle telefonate, ci hanno fatto spostare dalla piazza e attendere l’arrivo di un capo, sempre senza uniforme. Io chiedevo chi fosse il responsabile ma nessuno mi spiegava. Poi sono arrivati i poliziotti in divisa e ci hanno portato via in tre macchine ma non sapevamo dove. Ho chiamato i miei avvocati ma nessun poliziotto ha voluto parlare con loro e così son dovuti venire al commissariato". Farete denuncia? "Non lo so – dice commuovendosi – mi sono rimaste poche energie. Voglio usarle per il processo, per ridare giustizia a mio marito… non sono più abituata a queste cose. …"

"Podlech – racconta Ines Bussi, nipote di Salvador Allende – era il rappresentante di Pinochet a Temuco, zona dove sono scomparsi centinaia di indigeni e gente poco conosciuta. Omar Venturelli era un prete italo-cileno che ha lasciato la Chiesa per aiutare i poveri. La sua vedova era in piazza con me oggi per chiedere all’Italia giustizia: se a novembre la destra in Cile vincerà le elezioni chiederanno l’estradizione e sarà salvo per sempre. Come Pinochet è ricchissimo, sta cercando di fare di tutto per salvarsi. Gli italiani devono sapere di avere a Rebibbia un piccolo Pinochet che ha ucciso un italiano".

Proprio in questi giorni sarà infatti fissata l’udienza del riesame. Fresia Cea sta aspettando questo processo dal 1973. L’11 settembre, subito dopo il golpe del generale Augusto Pinochet la radio scandì, tra gli altri, il suo nome e quello del marito. Otto ore di tempo per presentarsi in caserma. Omar era stato sospeso dal sacerdozio "a divinis" per le sue battaglie per la terra agli indios. Era dirigente dei Cristiani per il Socialismo e insegnava Pedagogia all’Università cattolica di Temuc. Fresia andò in caserma, ma intuito il pericolo, fuggì. Il marito, rimasto a casa con la bambina, si nascose finché il padre, modenese e di destra, avverso al governo Allende e fiducioso nel nuovo regime Pinochet , lo convinse a consegnarsi. Oggi è uno dei trentamila desaparecidos in attesa di giustizia.

Podlech era il terribile capo dei luoghi dell’orrore dove fu rinchiuso Omar Venturelli. Gli stessi raccontati dallo scrittore Louis Sepulveda. Ha vissuto impunemente in Cile per ben 35 anni. Con una tranquillità tale da decidere di andare in vacanza in Danimarca con la famiglia. Ma allo scalo di Madrid, il 26 luglio, trovò proprio lo stesso magistrato che nel ’98 bloccò Pinochet a Londra: Baltasar Garzón. L’arresto è stato possibile grazie al lavoro di un pm romano, Giancarlo Capalbo (da qui i biglietti "Grazie Italia" in piazza San Pietro) che a Natale ha emesso mandati di cattura internazionali per 140 responsabili dell’operazione Condor. Il processo di Roma può finalmente inchiodarlo alle sue responsabilità almeno per l’omicidio di Omar Venturelli. I fogliettini di oggi erano un modo per chiedere al Papa di guardare nella direzione del Cile

(fonte Repubblica.it)
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