Riflessioni sulla festa della donna

Immaginiamo che domenica, non siano donate le mimose, che quel giallo non entri nelle case degli italiani; mi piacerebbe pensare fosse così. Perché l’abitudine a sentire e a non ascoltare, ha generato l’handicap di far diventare sordi nelle emozioni. Se in una stanza, una cucina, non ci fossero le mimose, secondo me, sarebbe un segnale di una vera riflessione. Ma pensare non si può e non si deve. Serve invece spendere, vendere, perché la festa della donna, è ormai un altro cimelio da mettere sul banco così che la gente possa, nel fluido della dispersione, farsi trascinare in atti, gesti, non pensati, non sentiti.
 
Quelle donne, chiuse nella fabbrica tessile del Cotton, nel 1908, che sono state divorate dal fuoco nei momenti in cui vedevano bruciare la loro vita, rinchiuse dai padroni all’interno della fabbrica, dopo il protrarsi del loro sciopero, certo non avrebbero voluto che le loro discendenti intendessero ricordarle con una mimosa e la libertà di vedersi lo spogliarello trasgressivo.Oggi è finito il tempo delle commemorazioni; serve impiegare il tempo per lottare, senza festeggiare il padrone: vorrei vedere donne incazzate, perché quelle donne, molte immigrate, anche italiane, cercavano semplicemente di migliorare la propria qualità del lavoro.
 
Da questi fatti, trovarono forza le lotte per le rivendicazioni femminili nel lavoro e nella loro condizione sociale.Industrializzazione e espansione economica generarono mutamenti nelle condizioni di lavoro a scapito degli operai.Mi piacerebbe che per ricominciare a dare senso a questo giorno, si ritrovassero tante donne, ma anche tanti uomini come fu nel 1919, anno in cui si tenne la prima conferenza internazionale delle donne nell’ambito della seconda internazionale socialista a Copenaghen nel’edificio movimento operaio "La Casa del Popolo" al 69 di Jagtvej la Folkets Hus .Quel giorno, oltre 100 donne, provenienti da 17 paesi istituirono una festa per onorare la lotta femminile.
 
Ecco che fu chiamata la Giornata internazionale della Donna, che come cardine aveva l’uguaglianza sociale e la sicurezza sul lavoro. Da qui, negli anni successivi, oltre un milione di manifestanti scesero nelle strade e nelle piazze delle città in Austria, Danimarca, Svizzera.Le donne, ricordarono il rogo che vide morire il 25 marzo 1911 nella fabbrica Triangle, 148 lavoratori a causa delle insufficienti misure di sicurezza.Le donne, in tutta Europa, tennero delle marce di pace l’8 marzo 1913 difronte alle marce dei soldati, che invece portarono alla Guerra.
 
Nei paesi occidentali, la giornata mondiale della donna trovò nuovo vigore con l’affermazione del femminismo negli anni 60.Nell’ovest la giornata mondiale della donna fu commemorata comunque anche se con sempre meno successo, fino alla nascita del femminismo negli anni ’60 fino alla proclamazione dell’Anno Internazionale delle Donne, il 1975.Nel dicembre 1977, l’assemblea generale delle Nazioni Unite proclamò una "giornata delle nazioni unite per i diritti della donna e la pace internazionale" da osservare in un qualsiasi giorno dell’anno dagli stati membri, valorizzando le battaglie delle donne in nome della pace e per spessare la discriminazione e promuovere culturalmente il coinvolgimento delle donne nella società civile.
 
Ho citato solo esempi, che non vogliono oscurare tutte le più "piccole" battaglie che per qualsiasi ragione, non sono state scritte su libri. Non sarebbe stato possibile citare e descrivere le migliaia di lotte, i contesti per i quali sono state fatte e i loro sviluppi. Vorrei solo dire questa mia riflessione: per abbattere un albero bastano poche manciate di minuti. Per farlo crescere, servono anni. Ecco che pensando, non solo alle donne, ma a tutti i cittadini, credo che dovremmo renderci conto che serviranno 4 generazioni per ottenere qualcosa di quello che si è perso e stiamo perdendo.
 
La prima generazione, è quella che non capisce, stordita ed ignorante.
La seconda è quella che capisce.
La terza è quella che lotta.
La quarta è quella che vince.
 
Tratto da Senza Soste, di Jerry Manders
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