L’attualità del pensiero di Emma Goldman

Ieri, giovedì 26 marzo, presso la Casa dello Studente Fascetti, si è tenuta la presentazione di “Femminismo e Anarchia” di Emma Goldman,nella nuova edizione della BFS. La raccolta contiene, oltre a due saggi inediti in Italia, cinque saggi la cui traduzione è stata aggiornata. La pubblicazione dei testi e il lavoro di traduzione, come emerso durante l’iniziativa, si propongono di porre l’ accento sull’attualità del pensiero della Goldman, come anarchica e come femminista.

Emma Goldman è stata una delle protagoniste dell’anarchismo e una pioniera del femminismo, le cui idee, avanzate per la sua epoca, ancora oggi risultano un importante strumento di lettura della nostra. Le intuizioni della Goldman risultano quanto meno attuali su molti temi: nella denuncia della condizione di sfruttamento delle donne, sull’uso dei contraccettivi e il controllo delle nascite, sul riconoscimento della legittimità dell’amore omosessuale.
Essa si distacca dalle idee femministe del suo tempo in cui l’anarchia non aveva alcun ruolo. Criticò aspramente le suffragette, sia per i metodi di lotta che per gli obiettivi; non considerava il diritto di voto un passo importante sulla via dell’emancipazione, soprattutto se conquistato all’interno della democrazia borghese. Come ha ampiamente illustrato nell’ intervento di apertura la Professoressa Bruna Bianchi, docente dell’Università Cà Foscari di Venezia, curatrice della nuova edizione, la Goldman assume una posizione rilevante all’interno della lotta e del pensiero femminista anche per la centralità che essa riconosce alla presa di coscienza di sé che le donne devono compiere nel percorso sofferto verso l’emancipazione e la liberazione dall’oppressione maschile. Dopo aver ripercorso le tappe avventurose della vita della “ribelle” Emma, la Professoressa Bianchi ha passato la parola ad una compagna del Collettivo LeGrif (Gruppo Irregolare Femminile), invitate dalle curatrici del libro a collaborare alla realizzazione dell’iniziativa. L’intervento proposto al pubblico ha offerto l’opportunità di approfondire l’analisi su un saggio in particolare della raccolta, quello intitolato “La tratta delle donne”. Esso fornisce, infatti, importanti e interessanti spunti di riflessione su alcune tematiche che sono storicamente punti cardine del dibattito femminista e allo stesso tempo sono quanto meno attuali alla luce del momento che stiamo vivendo.
Con la metodologia peculiare del Collettivo femminista la riflessione ha posto interrogativi su questioni e aspetti che possono, si sembrare teorici e relativi alla sfera pubblica, ma che inevitabilmente toccano la sfera del personale e portano ad una profonda riflessione sul proprio sentire e sulla propria soggettività. Un tentativo, quello di riconoscersi, di rispecchiarsi e rivedersi nell’altra, che non è mai semplice ma è un percorso sofferto.
Nella riflessione sul tema della prostituzione, la Goldman ribadisce l’inutilità e l’inadeguatezza del proibizionismo, individuando fra le cause la preminenza di quelle economiche e sottolineando l’importanza del fattore socio culturale in particolar modo su due ambiti: quello della religione e quello della sessualità delle donne. E’ da questa parte in poi che con illuminata passione la Goldman lancia il suo attacco e la sua critica alla moralità e alla morale, tipica del suo tempo ma che si è trascinata fino a noi. Storicamente la sessualità della donna è stata vista solo come funzionale alla procreazione o al piacere dell’uomo. E’ questo il nucleo centrale del ragionamento: la prostituzione, rispetto ad altri usi retribuiti del proprio corpo, ci pone di fronte , per l’ennesima volta, ad un ruolo della donna (perché di tratta femminile parla il saggio) come oggetto sessuale al servizio dell’uomo. E la prostituta, che è donna, diviene simbolo di tutto un immaginario maschile che vorrebbe identificare la persona con il suo mestiere. La donna che si prostituisce diventa solo prostituta, in una sorta di status immodificabile, che permea ogni singolo aspetto della sua vita, nel corso di tutta questa vita.

Non si riconosce lo stato di prostituta come temporaneo, modificabile, limitato nel tempo. La donna che si prostituisce diviene altro dall’umano, un’entità diversa con caratteristiche peculiari, torna ad essere “donna pubblica” come veniva scritto sulle carte d’identità delle prostitute fino al 1958, anno di promulgazione della Legge Merlin in Italia. Questo processo non si verifica invece nei confronti del cliente, che anzi si sente legittimato ad usufruire della prostituta, la quale assume il ruolo di salvatrice dell’istituzione matrimoniale. E’ così che si assiste allo strano fenomeno della tutela del cliente. Un esempio di come si voglia rendere invisibile una donna e come le si renda difficile l’esercizio del proprio lavoro, è l’ordinanza antiprostituzione della giunta Filippeschi. Senza entrare nel merito di analisi e constatazioni giuridiche, il Collettivo LeGrif ha voluto sottolineare come, nuovamente, la prostituta venga trattata da reietta mentre ci si affanni per evitare che la notifica della multa arrivi in casa del cliente. Oltre ai danni economici si somma non meno grave l’accentuazione della “colpa” della prostituta a fronte di una maggiore tutela del cliente. Tale accentuazione ricade sull’immaginario a cui si accennava, tanto che le stesse prostitute riportano che negli ultimi tempi i clienti hanno aumentato gli atteggiamenti violenti e offensivi nei loro confronti.

le organizzatrici dell’iniziativa

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