Finalmente! Viene da dire, appena si legge il titolo di questo articolo della Nazione: "Area monumentale blindata dalla polizia".
Finalmente qualche giornalista si è accorto che sul nostro territorio è in atto un piano di militarizzazione vergognoso. E c’è davvero di che vergognarsi a pensare che i turisti arrivati fino a qua per le bellezze di "piazza dei Miracoli", trovano invece un dispiegamento di forze militari tale da far invidia a Beirut (vedi vecchie dichiarazioni del Prefetto).
E invece no! Provate a leggere tutto l’articolo e rimarrete profondamente delusi.
Inanzitutto, si spiega nell’articolo, i commercianti e i residenti vorrebbero verderli tutti i giorni così tanti poliziotti nella piazza. Sembra che lo scenario da "1984" orwelliano sia l’ambizione di ogni cittadino, felice di barricarsi dietro un controllo militare che vieta le più banali libertà, come quella di transito, a tutti coloro che sono considerati "diversi".
Non manca nell’articolo una descrizione specifica dei diversi esclusi dalla piazza. Al primo posto le "zingarelle" che rubano dalle borse, una storia vecchia quanto le nostre nonne, e per questo di facile presa sull’immaginario comune; al secondo, ancora una volta, i "vu cumprà", nuova definizione istituzionalizzata di una etnia ben precisa, ma riconoscibile genericamente nei "negri", colpiti proprio dall’ordinanza anti-borsoni.
Finalmente qualche giornalista si è accorto che sul nostro territorio è in atto un piano di militarizzazione vergognoso. E c’è davvero di che vergognarsi a pensare che i turisti arrivati fino a qua per le bellezze di "piazza dei Miracoli", trovano invece un dispiegamento di forze militari tale da far invidia a Beirut (vedi vecchie dichiarazioni del Prefetto).
E invece no! Provate a leggere tutto l’articolo e rimarrete profondamente delusi.
Inanzitutto, si spiega nell’articolo, i commercianti e i residenti vorrebbero verderli tutti i giorni così tanti poliziotti nella piazza. Sembra che lo scenario da "1984" orwelliano sia l’ambizione di ogni cittadino, felice di barricarsi dietro un controllo militare che vieta le più banali libertà, come quella di transito, a tutti coloro che sono considerati "diversi".
Non manca nell’articolo una descrizione specifica dei diversi esclusi dalla piazza. Al primo posto le "zingarelle" che rubano dalle borse, una storia vecchia quanto le nostre nonne, e per questo di facile presa sull’immaginario comune; al secondo, ancora una volta, i "vu cumprà", nuova definizione istituzionalizzata di una etnia ben precisa, ma riconoscibile genericamente nei "negri", colpiti proprio dall’ordinanza anti-borsoni.
I risultati dell’ordinanza si vedono, scrivono i giornalisti della Nazione, ma solo a patto che ci sia a supporto un dispiegamento militare modello Iraq. Tralasciando i costi di tutto ciò (soldi nostri), ci domandiamo semplicemente se si pensa possibile risolvere problemi di natura strettamente sociale, riguardanti i problemi di sopravvivenza di persone relegate ai margini della società, con misure tese a contrastare problemi di ordine pubblico come il commercio abusivo.
Ma c’è di più. Non contenti, se la prendono pure con chi il permesso di vendere ce l’ha, ovvero con i venditori di largo Cocco Griffi. Qui l’abusivismo non c’entra, e subentra il gusto personale del giornalista. La domanda che si pone il Borghezio di turno è la seguente: cosa c’entrano i bonghi e le mercanzie africane con la piazza dei miracoli?
Niente, ovvio, ma allora cosa c’entrano i visi palesemente scuri di personaggi con vestititi insoliti in una città piovosa, poco soleggiata e di chiare origini latine?
Niente, sempre seguendo la stessa logica.
Come può, un assessore aver autorizzato un "troppo abbronzato" a vendere cianfrusaglie dietro la "piazza dei Miracoli".
Tralasciando alcune delle caratteristiche del Duomo, come il fatto che all’esterno l’apparato decorativo è sostanzialmente uniforme ed è costituito da una serie di archi ciechi su più piani dove si alternano elementi romboidali incassati, tipici del romanico pisano e derivati da modelli islamici nord-africani (per esempio da Tunisia o Egitto), un’altra caratteristica tipica del romanico pisano è l’uso della bicromia, alternando fasce di marmo bianco a fasce di pietre più scure, derivata da modelli musulmani, importati dalla Spagna. Come a Venezia, l’architettura pisana venne quindi influenzata da quella costantinopolitana e bizantina in generale, per via delle fiorenti rotte commerciali di Pisa, che favorivano gli scambi culturali con altre aree del Mediterraneo. In un primo momento, infatti, il Duomo era assimilabile ad una croce greca ed altri elementi bizantini sono i matronei e la cupola con coronamento a bulbo, posta alla maniera "lombarda" all’incrocio dei bracci.
Ma c’è di più. Non contenti, se la prendono pure con chi il permesso di vendere ce l’ha, ovvero con i venditori di largo Cocco Griffi. Qui l’abusivismo non c’entra, e subentra il gusto personale del giornalista. La domanda che si pone il Borghezio di turno è la seguente: cosa c’entrano i bonghi e le mercanzie africane con la piazza dei miracoli?
Niente, ovvio, ma allora cosa c’entrano i visi palesemente scuri di personaggi con vestititi insoliti in una città piovosa, poco soleggiata e di chiare origini latine?
Niente, sempre seguendo la stessa logica.
Come può, un assessore aver autorizzato un "troppo abbronzato" a vendere cianfrusaglie dietro la "piazza dei Miracoli".
Tralasciando alcune delle caratteristiche del Duomo, come il fatto che all’esterno l’apparato decorativo è sostanzialmente uniforme ed è costituito da una serie di archi ciechi su più piani dove si alternano elementi romboidali incassati, tipici del romanico pisano e derivati da modelli islamici nord-africani (per esempio da Tunisia o Egitto), un’altra caratteristica tipica del romanico pisano è l’uso della bicromia, alternando fasce di marmo bianco a fasce di pietre più scure, derivata da modelli musulmani, importati dalla Spagna. Come a Venezia, l’architettura pisana venne quindi influenzata da quella costantinopolitana e bizantina in generale, per via delle fiorenti rotte commerciali di Pisa, che favorivano gli scambi culturali con altre aree del Mediterraneo. In un primo momento, infatti, il Duomo era assimilabile ad una croce greca ed altri elementi bizantini sono i matronei e la cupola con coronamento a bulbo, posta alla maniera "lombarda" all’incrocio dei bracci.
Il multiculturalismo su cui è storicamente fondata questa piazza oggi sembra non avere più senso. Nonostante pensassimo di vivere in una società globalizzata, senza più frontiere, nonostante la tradizione pisana votata all’accoglienza e alla solidarietà (parole del sindaco) ad oggi i bonghi è bene che rimangano fuori dal centro. Al limite possono essere inseriti nella bella e inutile colata di cemento rappresentata dal parcheggio scambiatore di via Pietrasantina (vedi sempre l’articolo della Nazi-one).
A fronte di tutto ciò, sulla piazza i bengalesi e molti pisanissimi, abusivi fino a pochi anni fa, possono continuare a vendere oggetti simbolo dell’epoca fascista, in sintonia con la piazza e riecheggianti un’epoca tutta italiana, durante la quale il razzismo era una nobile istanza.
Che dire? Meglio ironizzare su certa stampa che, guarda un po’, pubblica articoli indegni proprio a pochi giorni dal corteo che si svolgerà a Pisa contro l’ordinanza anti-borsoni. Un corteo organizzato da tutta la comunità senegalese toscana che porterà il proprio dissenso contro un’ordinanza palesemente razzista e discriminatoria, che tratta i soggetti diseredati come un problema di ordine pubblico senza essersi posta, prima, il problema di come queste persone possano provare a sopravvivere in un paese che ti spedisce in un lager se non hai un foglio di carta, che volutamente viene negato.
L’articolo chiude facendo intendere la scaltrezza del gionalista che vede "niente popo’ di meno che", qualcuno che sfugge ai controlli, vendendo rolex che i turisti comprano a prezzi irrisori, pensando di fare un’affare. Meno male che c’è la Nazione a spiegare ai poveri clienti che se quel Rolex costa meno della metà di uno originale forse il motivo sta proprio nel fatto che quello non è un Rolex!
L’inchiesta d’assalto, insomma, ha svolto ancora una volta il suo duro compito: informare gli sprovveduti, offrire un servizio fondamentale.
A fronte di tutto ciò, sulla piazza i bengalesi e molti pisanissimi, abusivi fino a pochi anni fa, possono continuare a vendere oggetti simbolo dell’epoca fascista, in sintonia con la piazza e riecheggianti un’epoca tutta italiana, durante la quale il razzismo era una nobile istanza.
Che dire? Meglio ironizzare su certa stampa che, guarda un po’, pubblica articoli indegni proprio a pochi giorni dal corteo che si svolgerà a Pisa contro l’ordinanza anti-borsoni. Un corteo organizzato da tutta la comunità senegalese toscana che porterà il proprio dissenso contro un’ordinanza palesemente razzista e discriminatoria, che tratta i soggetti diseredati come un problema di ordine pubblico senza essersi posta, prima, il problema di come queste persone possano provare a sopravvivere in un paese che ti spedisce in un lager se non hai un foglio di carta, che volutamente viene negato.
L’articolo chiude facendo intendere la scaltrezza del gionalista che vede "niente popo’ di meno che", qualcuno che sfugge ai controlli, vendendo rolex che i turisti comprano a prezzi irrisori, pensando di fare un’affare. Meno male che c’è la Nazione a spiegare ai poveri clienti che se quel Rolex costa meno della metà di uno originale forse il motivo sta proprio nel fatto che quello non è un Rolex!
L’inchiesta d’assalto, insomma, ha svolto ancora una volta il suo duro compito: informare gli sprovveduti, offrire un servizio fondamentale.
Vinz
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