11 Settembre. Quello cileno.

Lasciamo a giornali e tv istituzionali le commemorazioni di rito per l’11 settembre americano,  quello del 2001, per intenderci: a loro le dirette sulle cerimonie, le ricostruzioni, i God bless America,
la declamazione, in diretta tv, dei nomi di quei tremila e più
sventurati sepolti dalle macerie. Il ricordo di quelle povere vittime,
negli intenti di questo piccolo blog pisano, si associa al ricordo e
allo sdegno per tutti quelli uccisi dalla vendetta americana in giro
per il mondo (Iraq, Afghanistan …); e per elencare tutti i loro nomi
non basterebbero giorni e giorni di diretta televisiva.

Ci preme ricordare oggi un altro 11 settembre, quello cileno. L’11
settembre 1973, 35 anni fa, per diretto intervento della Cia, ispirata
dal presidente americano Nixon e dal fido consigliere Kissinger, il
generale Augusto Pinochet con un colpo di stato, un golpe delle
forze armate, mise fine alla presidenza e alla vita del socialista
Salvador Allende, e insieme alle speranze di rinnovamento di un popolo,
bombardando pesantemente il palazzo presidenziale, e instaurando per
decenni una dittatura feroce contro qualsiasi tipo di opposizione o
sospetta tale.

Salvador Allende era un rivoluzionario democratico. La sua utopia era
stata quella di risollevare le sorti del suo paese dalla prepotenza
delle aziende e compagnie americane, prima fra tutte la Itt che ne
sfruttava gli immensi giacimenti di rame, attraverso l’arma del voto e
del consenso popolare. Ma non solo: Allende era socialista, era amico
di Fidel Castro quando la piccola Cuba si faceva beffe del gigante
statunitense; Allende era amatissimo dalla maggioranza del suo popolo,
che gli aveva fatto vincere elezioni democratiche e che lo accompagnava
a fiumi in ogni uscita pubblica al grido: «Allende, Allende, el pueblo
te defende»; e era odiatissimo da tutti gli altri cileni, che
paventavano il potere degli straccioni, che aborrivano allo stesso modo
la campagna di nazionalizzazione delle grandi imprese (americane e
cilene) e gli espropri dei grandi latifondi incoltivati, e la loro
redistribuzione ai consigli di fabbrica e ai contadini.

«Make the economy scream»,
«fate urlare l’economia [cilena]»: così annotava il direttore della Cia
Richard Helms sul suo bloc-notes un memorandum di un suo incontro
avvenuto il 15 settembre 1970 con Nixon e Kissinger registrando gli
ordini del presidente degli Stati Uniti di incoraggiare un colpo di
stato in Cile. E da lì un susseguirsi di attentati, di uccisioni
mirate, finanziamenti dell’ordine di decine di milioni di dollari,
traffici d’armi, appoggio a gruppi fascisti come Patria y libertad,
sollevazioni dell’esercito, corruzione di giornalisti per preparare
l’opinione pubblica, appoggio e copertura di scioperi pilotati per
destabilizzare il paese (come quello dei camionisti).

Tutto provato,
tutto registrato e catalogato minuziosamente (visibile addirittura on-line) dai
National archives americani che (come sono democratici questi
americani), in nome della “trasparenza”, hanno raccolto l’ordine
dell’amministrazione Clinton, nel 1998, a “declassificare” e rendere
noti gli atti top-secret delle malefatte compiute dagli Stati
Uniti in Cile. Consigliamo di darci un’occhiata: la visione degli atti
originali va oltre qualsiasi commento.

E on-line  anche il giubilo del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti, che considera la riuscita del golpe l’11 settembre 1973 come «our D-Day», e giudica il «coup de etat» cileno «vicino alla perfezione». On-line i rapporti dell’Fbi sugli interrogatori agli oppositori, condotti insieme alla polizia segreta cilena della famigerata “Operazione Condor”.

Secondo il rapporto
della Commissione nazionale cilena per la verità e la riconciliazione,
la dittatura militare cilena diretta tra il 1973 e il 1990 dal generale
Augusto Pinochet fu responsabile della morte o della scomparsa di oltre 2.000 persone, mentre 27.555 persone sono state vittime di torture o di detenzione politica.
Ecco il profilo delle vittime tracciato dalla Commissione (1991) e
quello sulla detenzione politica e sulla tortura (2004), conosciute
anche con i nomi dei loro presidenti, Raul Rettig e Sergio Valech:

– Totale dei morti e dei dispersi 2.279 secondo il rapporto Rettig. La
cifra comunemente indicata dai media è di circa 3000 tra assassinati e
dispersi. Di questi

         il 94,5% erano uomini (2.153) (rapporto Rettig);

         il 97,76% erano cileni (2.228) (rapporto Rettig);

         il 17,8% (405) appartenevano al Partito socialista;

         il 16,9% (384) al Movimento della sinistra rivoluzionaria (MIR, di estrema sinistra)

         il 15,5% (353) al Partito comunista.

         il 46% non aveva un passato conosciuto come militante politico (rapporto Valech); 

         su
33.221 persone arrestate tra il 1973 e il 1990, 27.255 sono state
riconosciute vittime di detenzione politica e di tortura dalla
commissione Valech. La stampa parla generalmente di oltre 30.000
persone torturate;

         il 68,7% (22.824) furono arrestate nel 1973;

         l’ 87,5% (23.856) erano uomini;

         il 44,2% (12.060) avevano tra i 21 e i 30 anni e il 25,4% (6.913) tra i 31 e i 40. 

 

Il sogno di Allende naufragò dunque. Con l’esperienza cilena gli Usa
hanno maturato le tattiche che poi avrebbero messo in pratica,
direttamente o per interposto dittatore, nel “cortile di casa” del loro
impero, il Sudamerica, e non solo – la vicenda di Gladio insegna. E la
lezione fu chiara anche a tutti i partiti comunisti occidentali: risale
proprio al dopo-11 settembre 1973 la decisione del Pci di Berlinguer
di abbandonare per sempre le residue velleità della conquista del
potere, come Partito comunista, tramite le elezioni, e l’inizio della
politica del «compromesso storico» con gli altri partiti dell’arco
costituzionale (in primis la Dc) che tante conseguenze continua ad avere nella politica italiana di oggi.
 
Sebastiano Ortu
 
 
 
 
Venerdi 11 Settembre 2009 alle ore 18.00 presso lo Spazio Antagonista Newroz, Sebastiano Ortu presenterà i documenti originali, recentemente desecretati e resi pubblici, e spezzoni video dei momenti cruciali della presidenza Allende e del golpe.
 
 
 
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