L’assemblea di Scienze in agitazione discute di energia nucleare, crisi ambientale e decrescita

Riceviamo e pubblichiamo questo comunicato che rimanda all’appuntamento di giovedì 29 ottobre alle ore 18.00 nell’ aula F del polo Fibonacci:

La realtà della crisi ha portato nell’ultimo anno i movimenti ed i
singoli soggetti a interrogarsi su moltissimi aspetti del sistema in cui
viviamo, sottoponendoli a critica anche radicale. Parallelamente alla
crisi finanziaria e a quella sociale crediamo che oggi sia sempre più
impellente una crisi ambientale che arricchisce il termine precarietà
di un nuovo significato: precarietà della vita su questo pianeta.
Crediamo che questo momento sia ideale per avviare un dibattito sulle
tematiche ambientali che possa da una parte essere il punto di partenza
per un approfondimento teorico e dall’altra una base per iniziative di
mobilitazione nei nostri "territori", inoltre pensiamo che sia la
maniera migliore per avvicinarsi all’appuntamento internazionale del
vertice di Copenaghen "COP15" di dicembre: questo vertice internazionale
sulle problematiche ambientali segna un momento storico importantissimo
e deve essere un punto di riferimento per chiunque voglia approcciarsi a
questi argomenti.
Come Assemblea di Scienze in Agitazione volevamo quindi invitare ogni
studente o persona interessata e ogni gruppo o assemblea a partecipare
ad un dibattito nell’aula F del polo Fibonacci giovedì alle 18.v

Vorremmo strutturare il dibattito attorno a tre tematiche principali che
sono "energia nucleare", "crisi climatico-ambientale" e
"decrescita/sviluppo sostenibile" su cui abbiamo sviluppato tre
documenti preliminari che aggiungiamo in fondo all’invito.

Il dibattito
non vuole però porsi limite alcuno e ogni partecipante è quindi invitato
a introdurre nuove tematiche attinenti.
Ci vediamo quindi giovedì alle 18:00

Assemblea di Scienze in Agitazione

Crisi ambientale e possibili uscite: un occhio a Copenaghen

La desertificazione progressiva sta minacciando le coltivazioni di tutti
i continenti, le piogge torrenziali e i tifoni tropicali portano ad
alluvioni devastanti, lo scioglimento dei ghiacciai porta alla scomparsa
di sorgenti naturali e si rischia l’innalzamento delle acque degli
oceani con conseguenti inondazioni di chilometri e chilometri di terre.
A livello internazionale, però, non si è ancora sicuri se il Clima è
davvero impazzito o meno. Ora, dopo il fallimento di Kyoto, dal 7
dicembre avrà luogo a Copenhagen la 15-esima conferenza ONU sui
Cambiamenti Climatici. Un’occasione per infondere in tutto il mondo un
nuovo clima di fiducia nei confronti del "Capitalismo buono", capace di
produrre benessere senza generare miseria, in grado di crescere senza
devastare il pianeta. Ma davvero sarà così o le misure che verranno
adottate andranno solo a tutela del mantenimento di questo modello di
sviluppo e a totale discapito del nostro ecosistema?
Il delicato sistema di incentivi per le industrie virtuose e
l’inasprimento delle sanzioni per i trasgressori potranno vincere la
concorrenza dello smaltimento a basso costo offerto dalle ecomafie?

Cosa significa decrescita?

L’attuale modello di sviluppo è ecologicamente insostenibile, ingiusto
ed incompatibile con gli equilibri della natura.
Viviamo infatti in una "società della crescita" che non usa più
l’economia come mezzo per migliorare la vita dell’uomo ma che ha come
obbiettivo primario la crescita fine a se stessa.
Questa rincorsa senza fine si scontra però con i limiti del pianeta
Terra e delle sue risorse: consumiamo velocemente ciò che la natura ha
faticosamente costruito in migliaia di anni (petrolio, foreste ecc..)
senza preoccuparci di rispettare e salvaguardare le sue capacità di
rigenerazione.
Viviamo, in sostanza, al di sopra delle nostre possibilità e necessità:
spinti da una pubblicità aggressiva ed ossessiva, viviamo nel continuo
desiderio di avere ciò che non abbiamo, anche se non ne abbiamo bisogno;
misuriamo il nostro tenore di vita e la nostra felicità in base a ciò
che possediamo.
Siamo giunti alla follia di misurare il tasso di felicità e ricchezza
collettiva col PIL: un indice che cresce in caso di catastrofi o in caso
di spese fatte per rimediare ai danni dovuti all’inquinamento!
Ormai questo stile di vita ci è familiare e ci sembra naturale:
qualunque
organismo si sviluppa in continuazione dopo la nascita…ma comunque è
destinato a morire (in natura ciò che cresce sempre sono le cellule
tumorali: ma fatalmente queste finiscono con l’uccidere ciò su cui
crescono)! Anche nella storia delle società umane questa idea di
sviluppo senza fine è un’eccezione: infatti riguarda solo l’occidente e
solo gli ultimi tre secoli, dalla rivoluzione industriale in poi.
Sembra dunque arrivata la necessità di voltare pagina, e non solo a
livello economico. Per concepire una società alternativa bisogna
innanzitutto mettere in discussione il dominio dell’economia su tutti
gli ambiti della vita, dunque costruire una nuova scala di valori,
rivalutando
gli aspetti non quantitativi e mercantili: costruire cioè una "società
della decrescita".
Ma cos’è la decrescita? Non si tratta di un concetto simmetrico alla
crescita, e cioè crescita negativa (sarebbe come dire "avanzare
retrocedendo"..). Si tratta di una sorta di slogan/provocazione.

Bisognerebbe parlare di acrescita, così come si parla di ateismo:
opposizione alla religione della crescita e ai suoi riti consumistici.
Ma è chiaro che così si mina alla base l’attuale modello: per concepire
e realizzare una società della decrescita bisogna uscire dall’economia
capitalistica. Un capitalismo eco-compatibile è teoricamente
concepibile,
ma irrealistico sul piano pratico. Non si può chiedere allo sviluppo di
essere "sostenibile": nonostante le buone intenzioni, l’idea di fondo
rimane la stessa: d/dt(PIL(t))>0, sempre! E questa visione mira solo ad
eternizzare lo sviluppo, non a ricercare altri modi di vivere rispettosi
dell’ambiente e dell’uomo stesso.


L’energia nucleare è davvero l’energia del domani?

Il nucleare viene spesso presentato come unica valida alternativa alla
dipendenza petrolifera: è veramente così?
L’energia nucleare sostituisce la dipendenza da petrolio con quella da
uranio, materiale scarso in natura e presente principalmente in paesi
politicamente instabili e depredati delle loro risorse, risultando
inoltre una delle energie meno flessibili disponibili al giorno d’oggi,
a causa dei lunghi tempi necessari a costruire una centrale (e del
conseguente enorme impegno economico), della scarsa flessibilità
produttiva della centrale stessa e della notevole dimensione
dell’impianto, con conseguente necessità di un notevole
approvvigionamento di acqua (anche se per fornire analisi più
approfondite bisogna assolutamente controllare la potenza tipica di un
impianto nucleare e di uno termo-elettrico, da cui dipende il consumo di
acqua).
L’energia nucleare presenta inoltre la problematica della gestione delle
scorie, che può riservare incognite anche se fatta efficientemente (caso
Germania, un deposito di scorie che ha mostrato infiltrazioni d’acqua) o
può addirittura non essere affrontata (Italia).
Potranno questi problemi essere superati dalle centrali di nuova
generazione, ancora in fase di progettazione?
È possibile rendere il nucleare una soluzione alla crisi energetica
mondiale (e italiana), o ci sono soluzioni più promettenti e
sostenibili?

Assemblea scienze in agitazione
Ascia@inventati.org

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