Altri mille italiani sul fronte afgano. Il dossier di Peacereporter sulla guerra.

In un’intervista al Corriere della Sera, il ministro della
Difesa, Ignazio La Russa, ha annunciato l’intenzione del governo
Berlusconi di inviare sul fronte di guerra afgano altri mille soldati
nella seconda metà del prossimo anno. Il nostro contingente militare
salirà così a 3.800 uomini, diventando il quarto più grande schierato
in Afghanistan dopo quelli statunitense (100mila), britannico (9.500) e
tedesco (4.400), scavalcando canadesi (2.800) e francesi (3.100).

Le
truppe da mandare in Afghanistan verranno recuperate in gran parte dal
Kosovo, forse qualcuna anche dal Libano. Anche i soldi necessari per
finanziare l’escalation italiana in Afghanistan (che verrà votata il
prossimo giugno) proverranno dal disimpegno militare su altri fronti,
senza quindi comportare ulteriori aggravi di spesa. “Ci sono altre
missioni alle quali si possono sottrarre risorse – ha detto La Russa –
ho fatto un piano di riequilibrio e quando Tremonti l’ha visto, ha
esultato: ‘Proprio al bacio’, ha detto”.

Il ministro ha spiegato
che i mille uomini in più verranno impiegati in combattimento: “A Herat
sono schierati tre Battle Group: prevediamo di portarli a quattro, in
modo da permettere una svolta radicale nell’attività operativa”,
consentendo alle truppe italiane di “bonificare una zona e poi di
presidiarla in modo da impedire agli insorti di riconquistarla”.

Per capire come siamo arrivati fin qui, PeaceReporter ripercorre le tappe del progressivo coinvolgimento italiano nella guerra in Afghanistan.

Soldati attualmente schierati: 2.800 (ne sono
autorizzati al massimo di 3.227, quota raggiunta nei mesi scorsi con
l’invio delle truppe di rinforzo temporaneo per le elezioni, poi
ritirate)
Militari caduti in missione dal 2001: 22 (di cui 14 in azione e 8 in incidenti o per malattie)
Costo della missione dal 2001: oltre 2,5 miliardi di euro (in costante aumento: oltre 500 milioni nel 2009 contro una media di 300 milioni nei primi anni).


ENDURING FREEDOM

– Il 7 novembre 2001 il Parlamento approva a
larghissima maggioranza (tanne Prc, Pdci e Verdi) la partecipazione
italiana all’operazione internazionale Enduring Freedom ("finalizzata
al ripristino della legalità internazionale, in conformità agli
obblighi derivanti dall’articolo 5 del Trattato di Washington e alle
risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 1368 del
12 settembre 2001 e n. 1373 del 28 settembre 2001").
– Il 18 novembre 2001 partono per il fronte,
imbarcati su navi militari che salpano da Taranto, i primi 600 soldati
italiani impegnati nella missione di guerra Enduring Freedom.
– Nel marzo 2003 vengono inviati in Afghanistan altri 1.000 soldati (soprattutto alpini) per combattere sul fronte di Khost (Operazione Nibbio).
La
loro missione termina nel dicembre 2003, anche se l’Italia esce
formalmente da Enduring Freedom solo nel dicembre 2006 (continuando
fino a quella data la sua partecipazione alle operazioni navali nel
Mare Arabico).

 

ISAF

– Il 10 gennaio 2002, a Londra, l’Italia firma un Memorandum of Understanding,
con il quale formalizza il proprio contributo alla missione ISAF
(autorizzata con Risoluzione n. 1386 del 20.12.2001 e avente il compito
di mantenere la sicurezza in Kabul e nelle aree limitrofe, a tutela
dell’Autorità nazionale afgana insediatasi il 22 dicembre 2001).
NB: L’unico passaggio parlamentare riguardante la partecipazione italiana alla missione ISAF avverrà A POSTERIORI
il 27 febbraio 2002 con l’approvazione della "legge n. 15/2002 di
conversione, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n.
451, recante disposizioni urgenti per la proroga della partecipazione
italiana ad operazioni militari internazionali": la "modificazione"
riguarda l’inserimento nel testo del decreto di un riferimento alla
missione ISAF "connessa a Enduring Freedom".

– Nello stesso mese di gennaio vengono inviati a Kabul i primi 450 soldati italiani nell’ambito della missione ISAF, che si stanziano nella base ‘Camp Invicta’.

 

ISAF DIVENTA UNA MISSIONE DI GUERRA

– L’11 agosto 2003 il comando della missione ISAF passa alla Nato,
ovvero a un’alleanza militare formalmente in guerra con l’Afghanistan.
In questo modo l’operazione ‘di pace’ ISAF diventa formalmente una
missione di guerra parallela a quella di Enduring Freedom.
– L’8 dicembre 2005 i Ministri della Difesa Nato riuniti a Bruxelles nel Consiglio nordatlantico (Nac) decidono che la missione ISAF si estenderà al sud dell’Afghanistan
e che la Nato prenderà il comando delle operazioni militari in questa
regione sostituendosi alla missione di guerra Enduring Freedom.
– Il 31 luglio 2006 la Nato prende il comando delle operazioni militari nel sud dell’Afghanistan: ISAF diventa di fatto un’operazione di guerra.
– Il 4 febbraio 2007 le due missioni, ISAF e Enduring Freedom passano sotto comando unificato Usa,
nella persona del generale Dan Mc Neill: la missione ISAF, pur
rimanendo formalmente una missione a guida Nato, viene di fatto
assorbita dalla missione di guerra a guida Usa Enduring Freedom.

 

L’ESACALTION DELLA PARTECIPAZIONE ITALIANA ALLA GUERRA

– Il 4 maggio 2006 (in vista dell’espansione a sud) entrano in
vigore per tutti i contingenti ISAF le nuove regole d’ingaggio
‘irrobustite’ dalla Nato: le truppe Nato possono ricorrere all’uso
della forza per portare avanti l’assolvimento della missione ISAF e in
più eliminare le forze ostili sul terreno anche se non rappresentano
una minaccia diretta per i soldati con le cosiddette operazioni
preventive ‘search and destroy’. Il nuovo governo italiano (Prodi)
impone dei ‘caevat’ alle nuove regole d’ingaggio,
stabilendo che le truppe italiane possono partecipare ad azioni
militari offensive solo previa autorizzazione del governo italiano, che
ha 72 ore di tempo per valutare.


– Nel giugno del 2006, sulla base
di una decisione già presa dal governo Berlusconi, il governo Prodi
autorizza l’invio di un contingente di 200 forze speciali (Task Force
45) che verranno impiegate nell’operazione segreta ‘Sarissa’.

Nel settembre 2006 il governo italiano, su pressione di Stati Uniti,
Gran Bretagna e Canada, autorizza segretamente una maggiore
flessibilità nel rispetto dei ‘caveat’, consentendo così alle forze
speciali della Task Force 45 e ai 150 soldati italiani della Forza di
Reazione Rapida (Qrf) di iniziare a condurre offensive contro i talebani nella provincia afgana sud-occidentale di Farah (operazioni ‘Wyconda Pincer’ e ‘Wyconda Rib’).



Il 2 aprile 2007, in attuazione dell’ordine del giorno approvato dal
Parlamento il 27 marzo a larghissima maggioranza (odg presentato dalla
Lega Nord, e che impegna il governo a fornire attrezzature adeguate,
nonchè mezzi militari terrestri ed aerei idonei a fronteggiare la
situazione in Afghanistan), il Consiglio Supremo di Difesa (Prodi,
D’Alema, Parisi, Amato, Bersani, Padoa-Schioppa, Letta, Napolitano)
decide l’invio in Afghanistan di mezzi da combattimento (carri armati ‘Dardo’ ed elicotteri da attacco ‘Mangusta’) "a protezione del contingente", confermando il carattere pacifico della missione.
– Nel febbraio 2008 il governo italiano decide l’invio (ad aprile) di due compagnie da combattimento
per la costituzione di un ‘Battle Group’ italiano nell’ovest
dell’Afghanistan, portando così a 800 il numero delle truppe italiane
combattenti (200 della Task Force 45 e 500 del nuovo Battle Group).


– Nel giugno 2008 il nuovo governo italiano (Berlusconi) allenta il ‘caveat’ che
impedisce alle truppe italiane di condurre azioni offensive
(autorizzazione in 6 ore invece che in 72), in maniera da consentire
una maggiore operatività del Battle Group appena schierato.
– Nel settembre 2008 viene deciso l’invio (a novembre) di due cacciabombardieri ‘Tornado’ autorizzati a usare l’armamento di bordo (non le bombe).


– Nel dicembre 2008 viene deciso l’invio di ulteriori truppe da combattimento
per la costituzione di un secondo ‘Battle Group’ italiano nell’ovest
dell’Afghanistan (a febbraio 2009), portando così a 1300 il numero
delle truppe italiane combattenti (200 della Task Force 45 e 1.000 dei
due Battle Group).
Vengono anche rimossi i restanti ‘caveat’, consentendo la piena operatività offensiva delle truppe da combattimento.
– L’ estate 2009 vede le truppe da combattimento italiane (tutti parà della brigata ‘Folgore’) impegnate nelle più massicce offensive mai condotte in Afghanistan,
sia sul fronte di Farah che su quello di Bala Murghab: centinaia di
insorti vengono uccisi in battaglia dagli italiani. Si registrano anche
diverse vittime civili.


– Nell’agosto 2009 vengono spostati da Kabul a Herat 500 soldati
italiani per consentire la costituzione di un terzo ‘Battle Group’
italiano sul fronte ovest, portando così a 1800 il numero delle truppe
italiane combattenti.
– Nel novembre 2009 i cacciabombardieri
italiani schierati in Afghanistan diventano quattro (‘Amx’ al posto dei
‘Tornado’) e sono pronti a condurre anche bombardamenti (per i quali gli equipaggi sono stati appositamente addestrati per un mese negli Stati Uniti).

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