Fatti di Pistoia: Terza udienza fra contraddizioni dell’accusa e riconoscimenti farsa

Si è tenuta nella giornata di stamani
la terza udienza del processo che vede coinvolti 7 imputati, di cui
quattro livornesi, per l’irruzione nel circolo Agogè-CasaPound di
Pistoia, avvenuto l’11 ottobre 2009. In questa terza riunione sono
stati ascoltati alcuni testimoni dell’accusa, quattro tra ispettori di
polizia e dirigenti digos che quel giorno hanno condotto le prime
indagini, Massimo Dessì, consigliere del circolo Agogè, e due dei sette
accusati.


Riconoscimenti farsa.
Il processo si è aperto con la fase dei riconoscimenti.  Ad indicare i
presunti colpevoli Massimo Dessì, esponente del circolo Agogè –
Casapound e l’altro testimone dell’accusa, Marco  Lucarelli
proprietario della pizzeria adiacente il circolo Agogè – Casapound. Il
confronto si sarebbe dovuto svolgere all’americana, ovvero mischiando
gli accusati con delle persone somiglianti. Ma è stato palesemente una
farsa. In primis perché Massimo Dessì, essendo parte civile nel
processo, ha potuto fin dalla prima udienza accedere ai fascicoli coi
riconoscimenti fotografici, avendo quindi il tempo per memorizzare gli
accusati. Tecnicamente poi, ci sono state diverse mancanze. Le persone
che hanno affiancato gli accusati (i presunti “sosia”) erano poliziotti
e per di più di Pistoia, quindi persone note in un città piccola e per
soggetti come Dessì e Lucarelli, impegnati in politica e frequentatori
dello stadio. Ai poliziotti è stato perfino permesso di mantenere i
propri cellulari e quindi la possibilità di comunicare con l’esterno.
Avevano poi caratteristiche palesemente differenti dagli accusati per
età (dai 40 ai 50 anni!), per corporatura e segni particolari (uno
stempiato, un altro con la barba bianca!). In un caso però è bastato
invertire un accusato e un poliziotto (di 50 anni) che si prestava a
fare da somigliante per far confondere gli accusatori che non hanno
saputo dare una precisa risposta.  Nel caso dell’unica donna coinvolta
invece, dove gli affiancamenti sono stati fatti in maniera più idonea,
gli accusatori non hanno saputo riconoscere  l’imputata. Ogni commento
è superfluo.


Marco Lucarelli-Michele Romondia, una contraddizione dietro l’altra.
E’ stata poi la volta della deposizione di Marco Lucarelli, gestore
della pizzeria che ha sede accanto a Casapound e del suo aiutante
Michele Romondia. Sono loro, insieme al Massimo Dessì di Casapound, i
testi principali dell’accusa. La loro deposizione, timorosa, confusa e
piena zeppa di contraddizioni, e che ha rivelato l’inconsistenza dei
tanto attesi  riconoscimenti  visivi, getta una pesante ombra
sull’operato di chi ha condotto le indagini. E’ risultato evidente a
tutti che entrambi i pizzaioli sono entrati a far parte di un gioco più
grande di loro, nel quale sono co-responsabili delle detenzione di
sette persone estranee ai fatti  e verso il quale dovranno fare i conti
con la propria coscienza. Senza rievocare tutto il dibattimento occorre
qui sottolineare le madornali contraddizioni tra i due colleghi di
lavoro. Entrambi dichiarano che quel pomeriggio erano intenti a
trasportare un oggetto pesante lungo la strada del circolo Agogè (per
Lucarelli è una stufa, per Romondia una lavatrice!) e che sono stati
distratti dalla corsa (“fuga”) di un gruppo di circa 20-25 persone che
arrivava alle loro spalle. Pensando che fosse successo qualcosa nei
pressi del circolo e ricevuta la conferma dopo una telefonata (della
moglie di Lucarelli, impegnata in quel momento nella pizzeria),
Lucarelli dice che si sono precipitati verso il medesimo abbandonando
la stufa-lavatrice sul marciapiede mentre Romondia afferma che hanno
portato l’oggetto a destinazione e solo dopo si sono incamminati verso
il circolo e la pizzeria. E qui è emerso uno dei particolari più
interessanti della giornata odierna. Lucarelli dichiara di tornare
verso la pizzeria (accanto al circolo) per assicurarsi dello stato
della moglie, che nel frattempo sta medicando un taglio al Dessì.
Dichiara di non rivolgersi in nessun modo alla persona ferita e di
prendere subito il motorino (con il Romondia) per fare un giro nei
dintorni e tentare di individuare i responsabili. In precedenza
interrogato sui rapporti con Casapound, Lucarelli dichiara di non avere
rapporti, se non di considerare alcuni di loro clienti della pizzeria.
Romondia al contrario ricorda che entrambi si sono rivolti al Dessì
mentre questi era in fase di medicazione, di essersi informati tramite
lui sull’accaduto e di essere penetrati all’interno del circolo di
Casapound per valutare i danni. Un approccio umanamente comprensibile
visto l’accaduto o c’era una conoscenza pregressa? Romondia non ha
dubbi e svela candidamente che esistono dei rapporti tra Casapound e
Lucarelli, che è solito mandare i figli a giocare a “calcino”
(biliardino) nel circolo di Casapound. Rivelazione pesante, che
conferma la poca attendibilità del test Lucarelli e i suoi rapporti
pregressi con Casapound. Comica alla luce della rivelazione del
Romondia, la precedente affermazione di Lucarelli circa il possesso
della tessera della CGIL e della sua ipotetica vicinanza “al rosso”. E’
quanto meno difficile pensare che una persona di sinistra mandi a
giocare i figli in una sede fascista. A imparare cosa, il saluto romano?

 


Lucarelli amico di Casapound. Anche
oggi 1+1 fa due? In ogni caso, deve essere stato un brutto colpo la
rivelazione del collega pizzaiolo circa i suoi rapporti taciuti con
Casapound. Del resto, in fase di interrogatorio, il tentativo di
occultare questo rapporto, ha sfiorato più volte il paradosso, come
nella situazione, già citata, in cui di fronte a Dessì lievemente
ferito a un braccio, Lucarelli dichiara di non rivolgergli la parola e
di non chiedergli niente circa l’accaduto. Una circostanza umanamente
insostenibile. Lucarelli, decisamente abbacchiato a fine
interrogatorio, come consolazione ha ricevuto la pacca sulla spalla dal
capo della Digos. Uno dei tanti particolari che riempiono di stranezze
queste giornate di dibattimento. La presenza ossessiva di Digos e
Polizia, oggi visibilmente agitati e turbati dalla scarsa credibilità
dei testimoni, rivela un clima inusuale, nel quale probabilmente
l’imbarazzo per aver montato su degli innocenti pesanti e insostenibili
accuse, comincia a emergere, tradendo evidenti nervosismi.


Da testimoni della difesa a indagati.
E’ forse anche per questa svolta, infelice per l’accusa, che alcuni dei
restanti testimoni della difesa, le cui deposizioni sono state
rimandate all’8 marzo, sono stati informati di essere indagati. Ora che
l’estraneità ai fatti dei primi 7 accusati sta emergendo, insieme
all’inconsistenza dei test dell’accusa e al sempre più inquietante
ruolo degli investigatori pistoiesi, si toglie ai test della difesa la
possibilità di fornire ulteriori materiali che confermino la verità
sostenuta dal principio dagli accusati.

Le deposizioni degli indagati

I due indagati interrogati nella
seduta odierna, Elisabetta Cipolli e Alessandro Orfano. hanno
inizialmente descritto, in modo coerente e lineare, gli spostamenti e
le attività che hanno svolto nella giornata dell’11 ottobre 2009. Il
dibattimento è proseguito poi con le domande dell’avvocato di parte
civile, del pubblico ministero e dell’avvocato della difesa: i due
hanno risposto a tutte le interrogazioni, dimostrandosi, al contrario
dei testimoni dell’accusa, spontanei e naturali, senza mai cadere in
contraddizione. Nel corso delle deposizioni è stato illustrato il
carattere dell’assemblea dell’11 ottobre al circolo primo maggio a cui
parteciparono gli indagati:  si trattava di una fase preparatoria in
vista di un nascente coordinamento regionale che aveva il fine
specifico di denunciare l’incostituzionalità della legge sulle ronde,
di recente approvazione. È emerso dunque chiaramente che l’assemblea
non aveva niente a che vedere con il circolo Casa Pound Agogè o con la
presenza di militanti neofascisti sul territorio pistoiese. La  nostra
impressione è stata che, dopo la deposizione dei due imputati, tutti i
presenti, dal giudice al pubblico, abbiano ascoltato per la prima volta
la verità.

Alla fine dell’udienza, alla luce degli elementi emersi, gli
avvocati della difesa hanno chiesto nuovamente la liberazione degli
imputati. Il collegio giudicante deciderà entro 5 giorni.

 

tratto da www.senzasoste.it

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