Diaz, l´ultima immagine dello scandalo: ecco chi porta le molotov. Oggi la sentenza

Eccola la fotografia-simbolo di quella notte maledetta . Inedita. Oscura. Inquietante. È stata estrapolata da un filmato girato da un operatore Rai e depositato dalle parti civili il mese scorso. Nel mosaico riportato qui a fianco, è il quadrato sulla destra in alto. Si riconoscono il cortile della scuola Diaz, le sagome dei funzionari di polizia che si allontanano dopo aver chiacchierato a lungo intorno al sacchetto azzurro con le due bottiglie incendiarie.

Sullo sfondo le grandi finestre dell´istituto, le stanze illuminate. E a sinistra – piccolino, cerchiato di rosso – il profilo di un uomo sulla soglia dell´ingresso laterale. È di spalle, in borghese, indossa un casco protettivo. Nella mano sinistra stringe qualcosa. Sì. È il sacchetto azzurro delle molotov. Accanto riporta una didascalia in inglese, perché l´immagine fa parte di un´inchiesta giornalistica della Bbc di prossima pubblicazione: «Naples Digos Inspector entering Diaz Pertini». Si tratta cioè del fantomatico ispettore della Digos di Napoli che introduce materialmente nella scuola le molotov della vergogna, una della prove fasulle – la "regina" delle prove false – con cui la Polizia di Stato avrebbe voluto "giustificare" il massacro e le manette ai 93 no-global.

Tutto suggerisce che la sentenza sarà letta al più tardi
questa sera, in un tribunale che si annuncia affollato e sorvegliatissimo dalle forze dell´ordine. La prima sezione,
presieduta da Gabrio Barone, si riunirà in camera di consiglio
intorno a mezzogiorno. Per il blitz nella scuola Diaz gli imputati
sono 29, tra agenti e super-poliziotti: i pm Enrico Zucca e
Francesco Cardona Albini hanno chiesto la assoluzione di un
commissario di cui «non è certa la presenza nell´istituto», e 28
condanne a complessivi 109 anni e 9 mesi di reclusione. Per aver
massacrato delle persone inermi, per averle arrestate illegalmente
e con prove false.

Sotto accusa ci sono alcuni tra i nomi più noti del ministero
dell´Interno: Francesco Gratteri, oggi al vertice
dell´Antiterrorismo, Giovanni Luperi, attuale capo dell´Aisi, l´ex
Sisde, e Gilberto Caldarozzi, tra i protagonisti della cattura di
Bernardo Provenzano. Intanto Fausto Bertinotti racconta una sua
telefonata con il capo della polizia di allora, Gianni De Gennaro:
"Cosa vuole che faccia, quella non e´ un´ambasciata… Non c´è
extraterritorialità. Quello che sta avvenendo è una sorta di
controllo del territorio. Non le posso dire altro, ma non mi può
chiedere una protezione come fosse un´ambasciata". Bertinotti, che
era allora segretario di Rifondazione Comunista, dà la sua
testimonianza in un film-inchiesta di Beppe Cremagnani, Enrico
Deaglio e Mario Portanova dal titolo "Fare un golpe e farla
franca". Un estratto dell´intervista è on line sul sito
Repubblica.it.

Stamani saranno presenti molte delle 93 vittime. Tra di loro Mark
Covell, giornalista inglese di 40 anni. Che nel 2006, nell´aula del
tribunale di Genova, mentre raccontava di come i poliziotti
l´avevano quasi ammazzato a calci e bastonate, ha scorto il sorriso
sprezzante di alcuni difensori degli imputati. Non riusciva a
trattenere le lacrime, e intanto gli altri ridevano. La rabbia, la
frustrazione, e un´inquietudine improvvisa: quella di non riuscire
un giorno ad avere giustizia.

È così che ha deciso di trasformarsi in un detective. Ha raccolto
tutto il materiale video e fotografico della notte maledetta, è
tornato nella sua città e con la collaborazione di una quindicina
di tecnici ha lavorato giorno e notte a quella che ha ribattezzato
la London Investigation. Oggi è in grado di raccontare tutto il
percorso fatto dalle molotov. Covell è riuscito ad isolare il fotogramma-simbolo di una
delle pagine più nere nella storia della Polizia di Stato.

GUARDA Le immagini incriminate

Fonti: Osservatoriorepressione.org, Repubblica.it

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