Durissimo attacco del governo allo sciopero


Sono state definite nuove regole per gli scioperi nei servizi pubblici. Le proposte dovrebbero essere discusse dal Consiglio dei ministri venerdì.
Presto potrebbe essere impossibile scioperare in Italia. Secondo indiscrezioni di stampa, che però confermano alcune informazioni circolate nei giorni scorsi, per proclamare l’astensione dal’attività diventerebbe obbligatorio un referendum consultivo preventivo, a meno che i promotori non siano organizzazioni sindacali in grado di rappresentare il 50 per cento dei lavoratori.
 
Per i servizi pubblici diventerebbe reale quello che fino a poche settimane fa sembrava uno scherzo: lo sciopero virtuale. Nella bozza si legge: “Previsione dell’istituto dello sciopero virtuale che potrà essere reso obbligatorio per determinate categorie professionali le quali, per le peculiarità della prestazione lavorativa e delle specifiche mansioni, determinino o possano determinare, in caso di astensione dal lavoro, la concreta impossibilità di erogare il servizio principale ed essenziale”.
 
Sempre nel docunmento in circolazione è scritto: “Previsione della necessità di proclamazione dello sciopero da parte di organizzazioni sindacali complessivamente dotate di un grado di rappresentatività superiore al 50 per cento dei lavoratori e della dichiarazione preventiva di adesione allo sciopero stesso da parte del singolo lavoratore almeno con riferimento a servizi o attivita’ di particolare rilevanza”.
Secondo il disegno di legge del centro-destra ‘per la regolamentazione saranno previste “adeguate procedure per un congruo anticipo della revoca dello sciopero al fine di eliminare i danni causati dall’effetto annuncio e di una più efficiente disciplina delle procedure di raffreddamento e conciliazione attenta alle specificità dei singoli settori”.
 
Le nuove disposizioni potrebbero prevedere una “semplificazione delle regole relative agli intervalli minimi tra una proclamazione e la successiva anche in funzione del grado di rappresentatività dei soggetti proclamanti, nonchè di una revisione delle regole sulla concomitanza di scioperi che incidano sullo stesso bacino di utenza”.
La nuova legge dovrebbe permettere al governo di “rivedere e aggiornare il regime sanzionatorio, per tutti i servizi pubblici essenziali, nel caso di violazione delle regole sul conflitto da parte dei promotori del conflitto, delle aziende che tengono comportamenti sleali e dei singoli lavoratori con specifico riferimento al fenomeno degli scioperi spontanei e sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi”.
 
La riscossione delle sanzioni individuali sarebbe affidata a Equitalia. La nuova normativa darà vita ad una ‘Commissione per le relazioni di lavoro’, che avrebbe il compito di “verificare l’incidenza e l’effettivo grado di partecipazione agli scioperi anche al fine di fornire al Governo, alle parti sociali e agli utenti dei servizi pubblici essenziali un periodico monitoraggio sull’andamento dei conflitti, sul loro reale impatto sui servizi essenziali e, in questa prospettiva, sulla rappresentatività degli attori sociali tale da garantire trasparenza e simmetria informativa nelle relazioni industriali”.
 
Nella bozza governatva si legge che la Commissione valuterà il grado di rappresentatività delle organizzazioni che proclamano lo sciopero e per farlo “utilizzerà là dove presenti, indici e criteri elaboratori dalle parti sociali ivi compresa la certificazione all’Inps dei dati di iscrizione sindacale”.
La Commissione per le relazioni di lavoro, si legge ancora nella bozza, “è composta da un numero massimo di cinque membri scelti, su designazione dei Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, tra esperti di relazioni industriali e nominati con decreto del Presidente della Repubblica”.
 
Per l’esercizio delle proprie funzioni la Commissione per le relazioni di lavoro “si avvale, oltre che del personale oggi in capo alla Commissione di Garanzia della attuazione della legge di regolamentazione del diritto di sciopero, delle strutture centrali e periferiche del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali”.
Considerando la quasi inesistenza di un’opposizione parlamentare e la rottura dell’unità sindacale il ddl governativo si configura senza ombra di dubbio come il più violento e pericoloso attacco alle libertà democratiche dalla fondazione della Repubblica. In dichiarazion possibiliste Cisl ed Ugl già si dichiarano disponibili ad una regolamentazione nei servizi pubblici.
 
La Uil, dichiarandosi contraria al tetto del 50 per cento di rappresentatività “esprime interesse” verso lo sciopero virtuale “purchè siano effettive le quantificazioni delle penali a carico delle imprese”.
La libertà di sciopero è prima di tutto un diritto che deve essere a disposizione delle minoranze e l’idea stessa di un’autorizzazione solo per chi possegga un’alta rappresentatività è una ferita mortale alla democrazia.
Dopo anni di permanente informazione distorta sui ‘danni’ e ‘disagi’ prodotti dagli scioperi, finalmente un governo ormai avviato su una china reazionaria, non neoconservatrice, sta riuscendo a scardinare il più importante degli strumenti di lotta a disposizione dei lavoratori.
 
Il segretario di Rifondazione comunista, Paolo ferrero ha detto: ”Le nuove regole per gli scioperi nei servizi pubblici (sciopero virtuale per i servizi essenziali, obbligatorio un referendum consultivo preventivo) sono gravissime e inaccettabili. Si vuole portare così a compimento l’attacco al lavoro e alla democrazia alla base dell’accordo separato sulla contrattazione, si vuole distruggere l’autonomia del sindacato e la possibilità che questo ha di organizzare i lavoratori”.
Ferrero, ha aggiunto: ”Queste norme raffigurano un vero tentativo, da parte del governo, di controriforma costituzionale, che viola il principio del diritto di sciopero sancito dalla Costituzione e la libertà dei cittadini.
 
Contro provvedimenti di tal genere invitiamo tutti i sindacati alla lotta. Come Rifondazione comunista siamo pronti sin da subito alle barricate contro un provvedimento simile”.
Gianni Pagliarini, responsabile lavoro del Pdci, da parte sua ha sostenuto: “Dopo l’accordo sulla riforma del modello contrattuale, che punta mettere in un angolo la Cgil e a cancellare il diritto al contratto nazionale, Berlusconi e soci vogliono chiudere il cerchio scagliandosi contro il diritto alla protesta di chi non abbassa la testa.
 
Non è più tempo di manganello e olio di ricino, o così almeno vogliamo sperare: ma di certo quanto sta accadendo in Italia è indecente per un Paese che si proclama democratico”.
Come sempre ormai è sconcertante la reazione del Partito democratico. Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, ha dichiarato: “Il governo dovrebbe, su temi così delicati e su diritti sanciti dalla Costituzione, adottare il metodo della concertazione convocando a un tavolo le organizzazioni sindacali, e non quello dell’imposizione legislativa lesiva dell’autonomia delle parti sociali”.
Per il parlamentare democratico il suo partito è interessato “a trovare il giusto equilibrio tra il diritto dei lavoratori allo sciopero e quello dei cittadini alla mobilità.
 
Vogliamo ricordare che in proposito esiste già una legislazione che, naturalmente, può essere migliorata per affrontare le situazioni di particolare conflittualità e disagio. In questo momento sarebbe opportuno assumere una priorità: quella di definire i criteri della rappresentatività sindacale attraverso il censimento del numero degli iscritti e quello dei voti conseguiti nelle elezioni delle Rsu, assieme alla fissazione di una soglia minima del 5 per cento.
 
Questi contenuti, sui quali si registra una significativa convergenza tra le organizzazioni sindacali, se fossero frutto di un accordo potrebbero essere successivamente recepiti da un’apposita legislazione di sostegno. In questo modo si semplificherebbe il sistema delle relazioni sindacali e della rappresentanza e si andrebbe nella direzione della diminuzione del conflitto”.
Damiano ha quindi concluso: ”A partire da questa priorità si potrebbero adottare nuove misure circoscritte al solo settore dei trasporti. Ad esempio, l’adozione del referendum tra i lavoratori per indire lo sciopero, potrebbe costituire uno strumento aggiuntivo all’attuale legislazione.
 
Mentre non sarebbe accettabile ricorrere alla dichiarazione preventiva di adesione allo sciopero da parte del singolo lavoratore”.
La cultura politica del Pd sembra ormai del tutto estranea alla comprensione dell’importanza dei diritti civili dei cittadini. Una stavagante visione della ‘concertazione’ spinge il partito ad una visione ‘efficientista’ o ‘tecnocratica’ dei problemi. Il Pd ormai non coglie la sostanza delle scelte governative e non vede le mutazioni profonde che il centro-destra sta imponendo alla democrazia italiana.
A testimoniare l’uscita progressiva del Partito democratico dall’alveo della sinistra italiana, anche le parole di un altro esponente della confusa, ma ancora esistente ‘gauche’ italiana, Claudio Fava.
 
Il segretario di Sinistra Democratica ha detto: ”Il governo getta la maschera e indica una scorciatoia autoritaria per ridurre i diritti dei lavoratori, a cominciare dal diritto di sciopero. Su questa aggressione prevista e teorizzata già con la firma separata sulla riforma dei contratti, se esiste un’opposizione degna di questa responsabilità, è tempo che faccia sentire la propria voce. Qui e ora. Vale per la sinistra, ma vale anche per Di Pietro e per Franceschini. Su questo passaggio – conclude il segretario di Sinistra Democratica – il silenzio del Pd e dell’Idv sarebbe, oltre che incomprensibile, offensivo per le ragioni e per i diritti di milioni di lavoratori”.
 
tratto da www.inviatospeciale.com,
25 febbraio 2009
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