Il caso “Tarnac”. L’uso estensivo del reato di terrorismo in Francia.

Tarnac è un villaggio situato nel cuore della campagna francese dove Julien Coupat, la sua compagna Yldune e altri tre ragazzi vivevano in una fattoria autorganizzata e dove, all’alba dell’11 novembre 2008, in un intervento antiterrorismo, vengono arrestati i cosiddetti “Nove”. A volti coperti, vengono trascinati fuori dalle loro case da unità speciali con passamontagna. I media riportano l’arresto di membri dell’ “ultra-sinistra anarco-autonomista” – per loro è stato inventato un nuovo termine! – col capo d’accusa: “association de malfaiteurs en relation avec une entreprise terroriste” (partecipazione a un’organizzazione criminale con intento terrorista).
 
I ragazzi erano sospettati di aver sabotato alcune linee di collegamento delle ferrovie francesi nei dipartimenti dell’Oise, Yonne, Seine-et-Marne e Moselle: lungo i cavi di alimentazione dei treni ad alta velocità (TGV) erano stati messi dei ferri per il cemento armato, che al passaggio del primo convoglio (vuoto) ne avevano provocato il blocco e dunque dei ritardi su tutta la linea. Grazie alla nuova legislazione antiterrorismo (Décision n° 2005-532 DC du 19 janvier 2006: loi relative à la lutte contre le terrorisme et portant dispositions diverses relatives à la sécurité et aux contrôles frontaliers) sono state possibili 96 ore di fermo di polizia e quattro giorni di interrogatori.
 
* La legge “relativa alla lotta contro il terrorismo e portante varie disposizioni relative alla sicurezza e ai controlli di frontiera” è stata votata in Francia dietro la spinta di Nicolas Sarkozy, allora ministro dell’Interno del governo Villepin. È una legge controversa, soprattutto a causa dell’art. 6, che impone agli operatori telecom, ai fornitori di accesso alla rete, così come a ogni stabilimento pubblico che propone un accesso alla rete (Internet Point), di conservare i dati di connessione per la durata di un anno. Oltre a questa disposizione, la legge indebolisce le condizioni di controllo del piazzamento di telecamere di videosorveglianza; estende la possibilità di effettuare dei controlli d’identità sui treni internazionali; costringe le compagnie ferroviarie, aeree, marittime a trasmettere i dati dei passeggeri alla polizia, dati che possono essere in seguito comparati con lo schedario delle persone ricercate; aumenta la durata massima di fermo da 4 a 6 giorni in ciò che concerne i “sospetti” di atti terroristici…*
 
Finito il fermo, otto vengono rilasciati, solo Julien rimane dietro le sbarre. Le fonti della polizia in contatto coi giornalisti spiegano che lui e la sua compagna erano sorvegliati da quando, mesi prima, durante un soggiorno negli Stati Uniti, erano stati segnalati dall’FBI, perché in possesso di materiale anarchico.
 
Coupat è considerato il capo di una “cellula invisibile”, denominazione inventata a partire dal “Comité invisible”, autore del libro “L’Insurrection qui vient”, distribuito da oltre un anno dalla casa editrice La Fabrique (scaricabile gratuitamente). L’elemento “pericoloso”, nonché sconvolgente, è proprio il libro (che Julien continua, in ogni caso, a negare di aver scritto, anche nell’ultima intervista rilasciata a Le Monde il 25 Maggio). Un libro breve, schietto e preciso. Più un diario, una raccolta di pensieri, che un pamphlet filosofico. Un libro che parla la nostra lingua, che restituisce realtà alla situazione attuale, senza mezzi termini, senza compromessi. Un libro crudo che fa una concisa analisi della società odierna senza risparmiare niente e nessuno. La sua forza consiste nel fatto che è un libro che dice cose con cui facciamo i conti tutti i giorni, volenti o nolenti, cose che tutti pensiamo, che tutti sussurriamo negli angoli dei bar, che gridiamo alle manifestazioni, e qualcuno si è preso la briga di scriverle, nero su bianco. E adesso non si può più far finta di niente.
 
Ma soprattutto “L’Insurrection qui vient” è un libro pieno di energia e gioia. Dopo aver letto l’ultima pagina, dopo averlo chiuso, nel momento che rubiamo per noi alla fine di ogni libro, non si è colti da angoscia e disperazione, come ci si aspetterebbe, bensì da un sentimento di speranza e di fiducia. È un libro concreto, che, a differenza di molti saggi filosofici sulla situazione attuale, non solo è analisi ma è anche proposta di azione, proposta di vita.
In definitiva, come afferma Julien nella stessa intervista a Le Monde, “ciò che fonda l’accusa di terrorismo nei nostri confronti è il sospetto della coincidenza tra un modo di pensare e un modo di vivere”.
 
Julien è stato rilasciato il 29 Maggio, dopo sei mesi, con una multa di 16.000 euro da pagare e un controllo giudiziario molto severo: obbligo di firma al commissariato, divieto di lasciare la regione parigina e soprattutto gli è vietato avere contatti di qualsiasi tipo con gli altri otto accusati, tra cui la sua compagna…
 
Il fascicolo di accusa non stava in piedi: gli unici elementi a carico degli indiziati erano la partecipazione a qualche manifestazione e la presenza di due di loro nei pressi di una linea di collegamento la notte in cui sarebbe stata sabotata. Non sono servite a niente le numerose testimonianze di ferrovieri e responsabili delle ferrovie francesi che sottolineano che la tecnica utilizzata non avrebbe potuto nuocere a nessuno. Non sono servite a niente perché quello da cui ci si voleva proteggere non è un presunto atto terroristico, ma esattamente un modo di vivere.
In seguito ai fatti dell’11 novembre altri sono stati fermati e interrogati dalla polizia, chi perché era amico di, chi perché frequentava il villaggio di Tarnac dove.., chi perché ha prestato la sua auto a delle persone che.., chi perché semplicemente ha preso posizione e fa parte dei numerosi Comitati di Sostegno che sono sorti in questi mesi.
 
A Parigi, in Francia, sono numerosi, in effetti, gli atti terroristici, ma da parte dello Stato stesso, nel significato originario della parola “terrorista”: chi esercita il potere attraverso l’uso del terrore. Julien e i suoi compagni, di certo, non esercitavano nessun potere. Lo Stato francese invece si impone in molteplici forme, a partire dal “Souriez, vous êtes filmés” (Sorridete, siete filmati) negli autobus, passando per la scarsità di cestini per strada, cestini che anche quando capita d’incontrare sono sacchetti di plastica trasparenti (per evitare che qualche autonomo anarcoide ci infili una bomba), fino ad arrivare al numero incalcolabile di forze di polizia che viene spiegato ogni volta che più di tre persone si danno appuntamento davanti alle università, nelle piazze, nelle strade.
 
Un grazie sincero ai Nove di Tarnac, che con la loro storia sono riusciti, senza farlo apposta, a rendere ridicolo il governo francese con i suoi blitz e provvedimenti antiterrorismo da film di fantascienza, e hanno fatto ridere tutta la Francia.
 
A. del “Comitato di Sostegno agli arrestati del Primo Maggio berlinese” di Parigi
[Immagine tratta da Le Monde, 25.05.09]
 
"La prolungazione della mia detenzione è una piccola vendetta" – intervista a Julien Coupat a cura di Le Monde (tradotta in italiano)
Leggi anche “Tous Coupat, tous coupable” di Alain Brossat
 
INIZIATIVE A ROMA 4-5 giugno 2009
Lettura collettiva de "L’insurrezione che viene", del Comitato Invisibile (il libro che è stato alla base dell’affare Tarnac), che è stato finalmente tradotto in italiano. Seguirà il dibattito. Le serate saranno due, entrambe a Roma: una il 4 giugno al Forte Prenestino (via Federico Delpino, zona Centocelle), e una il 5 giugno, all’Ipo’, via del Giardino Vecchio 1, Marino (RM), dove è prevista anche una cena sociale. Le serate sono organizzate dai Comitati italiano e francese di Sostegno agli Arrestati del Primo Maggio berlinese. Per maggiori informazioni:http://sostegnoprimomaggio.noblogs.org.
 
Quando la contestazione sociale è assimilata al terrorismo…
Pisa, la vicenda COR.
 
L’assimilazione della contestazione sociale al terrorismo è una strategia dello Stato che esula dal caso francese. Il tentativo di mettere a punto la criminalizzazione preventiva delle forme d’opposizione più radicali è evidente.
In questo senso, il caso degli arresti di militanti del circolo anarchico “Il Silvestre” di Pisa si avvicina molto all’assurdità degli arresti francesi. Proprio qualche giorno fa anche questa vicenda si è conclusa positivamente per i militanti, sebbene essi abbiano dovuto attendere la decisione del giudice in carcere o agli arresti domiciliari, con tutte le costrizioni che ne conseguono.
 
Breve cronaca dell’inchiesta COR (Cellule di Offensiva Rivoluzionaria) in un articolo da noi pubblicato circa un anno fa.
Accusati di far parte di un’organizzazione terroristica, i militanti erano accusati, in particolare, di aver compiuto alcuni attentati nella zona pisana tra il 2005 e il 2006: l’attentato incendiario alla sede dell’agenzia di lavoro interinale ADECCO dell’Agosto 2005, e quello al traliccio ENEL di Molina di Quosa, nella notte tra il 22 e il 23 Settembre 2005.
Nel corso del processo le "prove" esibite dall’accusa sono crollate una dopo l’altra. Tutti gli accusati sono stati assolti con formula piena, per non aver commesso il fatto.
Zeliha P.
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