Appello pisano contro il razzismo

Pubblichiamo lo statuto della petizione antirazzista nata in questi giorni, che vede alle sue spalle un lungo percorso di mobilitazioni nella città di Pisa contro l’ordinanza antiborsoni, contro gli attacchi razzisti ai migranti, per una sanatoria, per il diritto alla casa, alla sanità e al lavoro per tutti.

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Statuto della petizione

Il netto mutamento di clima che si registra a Pisa da alcuni mesi a questa parte suscita preoccupazioni e inquietudini diffuse. Nella nostra città, come nel resto del paese, la politica sembra cedere oggi a facili tentazioni securitarie, all’ansia di ordine pubblico, inteso peraltro nella sua accezione più riduttiva, quella di mero intervento repressivo.
Si tratta di scelte che, in tutta Italia, hanno prodotto un terreno favorevole a inaccettabili episodi di violenza a danno di persone straniere, come raccontano quotidianamente gli organi di informazione. Chi vive a Pisa avverte tutta la novità di un simile cambiamento di clima. Una svolta che rappresenta una brusca inversione di tendenza per una città che, in anni recenti, si è spesso proposta ed è stata percepita a livello nazionale come un laboratorio di sperimentazione sociale, un luogo dove le istituzioni si riconoscevano in istanze di dialogo e di integrazione.
Oggi tutto questo scompare, per ragioni che sembrano rispondere soprattutto alle opportunità del momento, alla ricerca di un facile consenso politico, attraverso risposte ferme a un presunto «allarme sicurezza» (pure smentito da tutti i dati ufficiali a disposizione). In un quadro che, dopo i recenti, gravissimi episodi di violenza a sfondo razziale di Milano e di Castelvolturno, rischia di configurarsi nei termini di un’inedita emergenza nazionale, si impone come necessario un appello al senso civico di tutti gli abitanti della città di Pisa, al di là delle specifiche appartenenze politiche, affinché venga ribadito con forza e nei fatti quanto previsto dall’articolo 3 della Costituzione italiana, che afferma il principio di pari dignità sociale e di uguaglianza davanti alla legge «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
Negli ultimi anni la presenza dei lavoratori stranieri in Italia ha raggiunto i livelli dei paesi europei con una più lunga storia di immigrazione. Sono gli italiani di domani, che oggi chiedono solo di poter vivere con lavoro e dignità, di vedere riconosciuto il loro status di «esseri umani». È una sfida contro il razzismo che riguarda il futuro delle nostre città e del paese, il futuro di tutti.
Mentre dall’altro lato dell’oceano un afro-americano accede alla massima carica dello Stato più influente del mondo, in Italia una quota elevata della popolazione non può essere rappresentata, perché priva del diritto di voto. Il «paese reale» rivela una distanza drammatica dal «paese legale». In una città aperta come Pisa, da sempre arricchita dall’arrivo degli studenti da fuori, l’amministrazione locale, entro le sue competenze, deve essere pronta a raccogliere l’odierna sfida dell’integrazione con capacità, intelligenza e spirito propositivo. Da essa molti cittadini si attendono che dia un effettivo contributo alla rimozione degli ostacoli che condizionano la vita degli stranieri in Italia, e non il contrario.
Continuare a ricorrere a misure vessatorie nei confronti di persone provenienti da altri paesi, quali appaiono la recente proposta di proibire i «borsoni» degli ambulanti che lavorano nella zona del Duomo, o quella di allontanare i Rom dai campi cosiddetti «abusivi», non è degno in una città che vanta tradizioni di apertura e di tolleranza verso stranieri spesso costretti a fuggire dai propri luoghi di origine: dall’accoglienza offerta agli esuli dalle dittature militari in Grecia e in Cile negli anni Settanta, alla costruzione di percorsi di integrazione con le famiglie Rom immigrate negli anni novanta a causa delle guerre nella ex-Jugoslavia.
Pisa non deve disperdere il proprio patrimonio di impegno per una società aperta e solidale, che veda nelle differenze una ricchezza e non una minaccia. Per queste ragioni, per il profondo disagio e disaccordo provocato dal tentativo di colpire i più deboli in modo indiscriminato, per non dover più assistere a una quotidiana e incomprensibile caccia all’uomo da parte delle forze di polizia locale, si è reso inevitabile sollevare una voce contro i germi di un razzismo strisciante che rischia di penetrare anche a Pisa.
Una politica alta deve essere in grado di opporsi all’avanzata di falsi stereotipi. Gli immigrati senza permesso di soggiorno, i Rom che abitano nelle baracche e nei campi alla periferia urbana, i venditori ambulanti stranieri non rappresentano un pericolo, per una città che ha sempre operato – in modo corale – per l’accoglienza e l’integrazione. La stessa legalità, di continuo invocata nel dibattito pubblico di questi mesi, non è un principio neutro. Perché sia democratica occorre che venga difesa a partire dai diritti civili e sociali di tutti.

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